(17/03/09) Gli Stati Uniti hanno tentato fino all’ultimo di impedire che l’espressione “riduzione del danno” comparisse nella dichiarazione politica finale del summit di Vienna 2009 per la valutazione decennale delle politiche globali sulle droghe.
Ma il colpo è riuscito solo a metà: la Germania, in nome di 26 paesi, ha preteso che fosse inserita nel testo da approvare una dichiarazione secondo cui la formula “servizi di sostegno” (“support services”) sarà interpretata in modo da includervi i programmi di riduzione del danno, ossia strategie mirate alla salute pubblica tra cui i programmi di scambio siringhe e le terapie sostitutive. Tra i 25 paesi che hanno sostenuto l’iniziativa della Germania vi sono molti stati europei ma anche l’Australia, la Bolivia e Saint Lucia.
Ma non è tutto. In risposta alla iniziativa della Germania, gli Usa insieme ad altri sei paesi (la Russia, il Giappone, Cuba, la Colombia, Sri Lanka e l’Azerbaijan) hanno presentato una contro-dichiarazione in cui si afferma che la Germania con la sua “riserva” minerebbe l’unanimismo dell’Onu.
I fautori di una revisione delle politiche hanno criticato la pressione sproporzionata che gli Usa hanno esercitato sui negoziati nella fase antecedente il summit. “L’ironia è che il consenso non c’era affatto” ha sottolineato in una intervista telefonica Allan Clear, direttore esecutivo della Harm Reduction Coalition. “Se ci fosse stato, i 26 paesi non avrebbero rifiutato le conclusioni”.
“Riduzione del danno non vuol dire legalizzazione” ha dichiarato il delegato di Saint Lucia, Marcus Day, che è anche direttore dell’Istituto di ricerca caraibico su droghe e alcol. “La riduzione del danno spinge le persone ad avere uno stile di vita più sano”.