Ogni anno ad Halloween, che un tempo era solo la vigilia di “Ognissanti”, i popoli dei free party organizzano il “witchtek”, una festa tekno dedicata.
Ogni anno i popoli dei servizi della riduzione dei rischi e dei danni, si preparano e intervengono nei limiti che le risorse umane ed economiche consentono loro, perché credono che il diritto alla salute debba essere garantito sempre a chiunque, che stia lavorando o che stia facendo festa, sia negli eventi canonici e formali e sia in quelli informali, come appunto i free party.
Più di 50 operatori di prossimità (psicologi, educatori, assistenti sociali, sanitari, chimici, volontari…) impegnati in questi ambiti, provenienti da 4 regioni diverse, erano pronti ad intervenire, sapendo che con estrema probabilità ci sarebbe stato l’evento. Lo hanno fatto sulle orme della campagna lanciata congiuntamente da CNCA e ItaRdD, che da qualche anno collaborano anche per coprire grandi eventi nazionali come questo. Le equipe sono rimaste per tutta la durata dell’evento, in relazione con i sanitari del pronto intervento presenti all’esterno, fornendo supporto, informazioni, luoghi protetti di decompressione, distribuendo materiali preventivi, offrendo il servizio di drug checking e counselling correlato.
Queste feste evocano sentimenti contrastanti ma spesso, troppo spesso, di stampo moralistico, dove stigma e pregiudizio prevalgono, giocando sulla paura di ciò che non si controlla, sulle violazioni delle norme e delle prassi correlate, e soprattutto sul fantasma delle droghe, tutti temi che si prestano facilmente a retoriche stumentali…
E anche quest’anno intorno ai 3000 giovani convenuti per far festa nei dintorni di Modena, il mondo adulto e istituzionale si è trovato ancora una volta combattuto tra la preoccupazione per la salute dei ragazzi e l’istinto paternalistico di reprimerli per il loro comportamento.
Mentre la musica scorreva e gli operatori dei primi turni portavano avanti le loro attività di prevenzione e riduzione dei rischi, intorno alla bolla della “TAZ” (Zona Temporaneamente Autonoma), pronto intervento, vigili del fuoco, forze dell’ordine, prefettura e questura erano chiamati inevitabilmente a dare risposte sotto la pressione non tanto delle urgenze dell’evento, ma piuttosto di spinte politiche ed ideologiche provenienti dall’alto.
Il rischio di aumentare considerevolmente i danni per affermare principi è stato molto alto. Altri eventi folkloristici, fatti per bere e divertirsi, come le feste della birra o i raduni degli alpini – per certi versi non troppo diversi dai raves – non generano tuttavia la stessa preoccupazione. Come mai?
Così un evento che sfida il mondo “adulto” e istituzionale a dimostrare la maturità ed equilibro che gli sono attribuiti e richiesti è emblematicamente descritto da due immagini, riprese e rilanciate moltissime volte da stampa e social network. L’invito a lasciare il luogo “perché la struttura è pericolante”, lanciato al megafono da un funzionario delle forze dell’ordine che, stretto fra la necessità di ottemperare agli ordini superiori, il buon senso per non creare incidenti e, molto probabilmente, il desiderio di dare un messaggio di “tutela”, sembrava chiedere ai ragazzi di colludere nella dissonanza cognitiva (facciamo finta che sia così per evitare di farci male). Poi i ragazzi – nell’immaginario collettivo associati a droga, trasgressione, arroganza – che spazzavano gli spazi e riponevano ordinatamente i sacchi dei rifiuti prima di lasciare il capannone probabilmente, più pulito di quanto lo avessero trovato.
Un rovesciamento di ruoli e di messaggi “educativi” che dovrebbero far riflettere i decisori politici, per chiarire intanto gli scopi e poi l’obiettività e l’efficacia delle scelte normative che hanno il potere di fare.