Gli obiettivi della ricerca erano decisamente ambiziosi in quanto intendevano verificare l’impatto delle azioni repressive in relazione all’applicazione del Testo unico sugli stupefacenti, sull’insieme delle attività delle forze dell’ordine e degli apparati giudiziari e di quelli carcerari.
Questa rilevazione presupponeva la raccolta dei dati circa le denunce in base all’art. 73 del Dpr 309/90, in modo da valutare il peso di questa fattispecie e in particolare distinguere le incriminazioni per fatti di lieve entità previsti dal comma 5 ed equiparabili alla detenzione per uso personale, da quelle per spaccio e per traffico.
Si trattava anche di verificare il volume delle segnalazioni per il mero consumo, sanzionate con precise misure amministrative.
Le azioni prevedevano un primo lavoro di analisi della normativa, la raccolta di documentazione, l’identificazione di una griglia di interpretazione dell’applicazione dell’art. 73 e infine una individuazione e una indicazione di possibili buone prassi.
Il problema dell’affidabilità dei dati delle amministrazioni dello stato
Preliminarmente va sottolineato che un particolare sforzo è stato dedicato alla comparazione dei dati forniti dalle diverse amministrazioni dello Stato; l’attendibilità dei dati è essenziale per conoscere e valutare un fenomeno: la Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia non è assolutamente esaustiva e mostra numerose criticità proprio sulla congruità dei numeri ad esempio per quanto riguarda le misure alternative.
Il quadro che offre l’Amministrazione Penitenziaria sulla presenza di detenuti tossicodipendenti è assai carente, infatti non coincidono i numeri di chi si dichiara tale con quelli delle persone in trattamento presso il Sert del carcere e soprattutto non convince il quadro delle presenze in un giorno dell’anno con quelle dell’intero anno.
Anche i dati delle Prefetture non coincidono con quelli delle Questure.
Con maggiore evidenza si comprende la difficoltà di esaminare il fenomeno dal punto di vista dell’azione della magistratura, sottoposto a diversi gradi di giudizio e a sentenze con modifiche anche rilevanti.
In particolare è emersa la difficoltà nell’esame dell’art. 73, delle sue implicazioni giuridiche e soprattutto per la scomparsa o meglio la mancanza dei dati sulla fattispecie meno grave. L’evanescenza della quantificazione della ipotesi della lieve entità crea un vero vulnus interpretativo.
Con soddisfazione commisurata alla fatica possiamo dire con consapevolezza che i numeri che la Ricerca presenta hanno un margine di veridicità assolutamente maggiore rispetto a quelli pubblici. Soprattutto abbiamo individuato i nodi e le contraddizioni che potrebbero consentire in futuro alle Amministrazioni pubbliche di fornire una immagine del fenomeno completa ed esaustiva.
L’approfondimento dedicato al carcere Sollicciano di Firenze e la raccolta dei dati degli Istituti penitenziari di Prato, Pisa, Livorno ed Arezzo hanno non solo confermato, ma addirittura rafforzato l’ipotesi di partenza della ricerca secondo la quale il sovraffollamento carcerario è determinato dalla scelta di penalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti illegali.
La riforma in senso proibizionista e punitivo della legge in vigore (Gianfranco Fini la definì una svolta di 180 gradi) si realizzò con l’inserimento in un decreto sulle Olimpiadi invernali alla fine del 2005 di molte norme di aggravamento repressivo, in particolare fu cancellata la decisione del popolo italiano, espressa con un referendum svoltosi il 18 aprile 1993, di depenalizzare il consumo personale. Inoltre tutte le droghe, leggere e pesanti, furono equiparate e inserite in una unica tabella con la previsione di una identica pena, da sei a venti anni di carcere per tutte le fattispecie di comportamenti illeciti. Queste pene, di per sè assai elevate, risultano ancora più severe se si considera l’introduzione di una soglia quantitativa di sostanza detenuta, al di sopra della quale vige la presunzione di spaccio: ciò significa che molti consumatori possono essere automaticamente incriminati come spacciatori per il semplice possesso anche di una piccola quantità, ma superiore a quanto determinato dal decreto ministeriale che accompagna la legge.
La prima valutazione degli effetti repressivi della nuova normativa (libro bianco)
In occasione della Conferenza nazionale sui problemi connessi con la diffusione delle sostanze stupefacenti e psicotrope svoltasi a Trieste dal 12 al 14 marzo del 2009 fu presentato dalle associazioni Forum Droghe, Antigone e Società della Ragione un Libro Bianco sulla Fini-Giovanardi, sui tre anni di applicazione della legge 49 del 2006.
Il testo denunciava gli effetti reali della nuova normativa al di là e metteva in luce che nonostante i ritardi e le incertezze interpretative sorte nella prima applicazione e la concomitanza degli effetti positivi dell’indulto che aveva determinato l’uscita dal carcere di 27.000 detenuti, cominciavano ad emergere gli effetti negativi dell’inasprimento penale che era stato paventato.
Erano esplicitate clamorose conseguenze: il calo dei sequestri di sostanze, la crescita del numero delle persone segnalate all’autorità giudiziaria (soprattutto stranieri), l’aumento del numero delle sanzioni amministrative, l’aumento della percentuale dei tossicodipendenti in carcere sul totale degli ingressi. Anche la previsione spesso propagandata da Giovanardi, secondo cui la recrudescenza penale sarebbe stata riequilibrata dalla facilitazione alle alternative al carcere, si è dimostrata fallace; l’accesso alle misure alternative appare estremamente ridotto; gli affidamenti ordinari continuano ad essere più numerosi di quelli terapeutici. Si ricordava anche che la modifica dell’art. 94 ha reso più stringente l’accertamento della condizione di tossicodipendenza e quindi molti soggetti che per il sistema penitenziario e per i Sert sono tossicodipendenti, non vengono riconosciuti tali dalla magistratura di sorveglianza.
Infine si richiamava l’attenzione sull’enorme aumento del numero delle pendenze giudiziarie, sulla diminuzione degli interventi socio-sanitari e l’incremento di quelli farmacologici e la riduzione del numero dei soggetti in comunità.
Queste prime valutazioni che suscitarono reazioni polemiche con l’accusa di dare numeri a casaccio, sono state confermate dall’ultima Relazione al Parlamento del sottosegretario Carlo Giovanardi che ha segnalato una ulteriore crescita dei tossicodipendenti che entrano in carcere dal 27% al 33%, (+ 6% rispetto al 2007) e una crescita tra i detenuti di chi ha violato l’art. 73 del Dpr 309/90 (+3,7%); 35.000 denunce e oltre 28.000 gli arresti, il 38% riguardava la cocaina e il 37% la cannabis.
Per quanto riguarda le segnalazioni alle prefetture (art. 75) sono state in totale 35.632 (il 71% riguarda la cannabis, sic!) e le sanzioni, in aumento, sono state 11.220. Il fenomeno è giustificato dalla mancata sospensione delle sanzioni anche in caso di accettazione del programma come previsto dalla Legge 49 del 2006.
Altri dati significativi sono quelli relativi alla riduzione delle strutture socio-riabilitative (38 in meno, – 3,3%) e la stabilizzazione degli affidamenti di soggetti tossicodipendenti (26%).
Le osservazioni fin qui fatte confermano l’importanza di un momento di discussione tra soggetti diversi sui risultati e le questioni aperte della Ricerca. Il rapporto redatto dalla professoressa Meringolo analizza i contributi e indica un modello di confronto che potrebbe proseguire in altre sedi.
Sono emersi suggerimenti per interventi innovativi da parte della Regione, che vede aumentati i propri compiti in questo settore anche per il passaggio della medicina penitenziaria al Servizio sanitario pubblico.
La Toscana nel trend nazionale
La tendenza nazionale verso l’incremento delle attività di contrasto concentrate nel perseguimento di soggetti dal profilo criminale modesto a decremento dell’attacco al traffico è confermato anche in Toscana con il deferimento nel 2007 all’autorità giudiziaria di 2167 persone (1256 italiani, 911 stranieri).
Nel 2007 in Italia hanno fatto ingresso in carcere dalla libertà 90.441 soggetti. Di questi, 28.090 per violazione della legge sugli stupefacenti. Le presenze in carcere per la violazione del Dpr 309/90 rappresentavano circa il 40% al 31 dicembre 2007.
Grazie alle scelte del legislatore negli ultimi anni appare sempre maggiore la durata delle pene inflitte per la violazione della legge sulle droghe.
La Toscana si situa al terzo posto tra le regioni italiane per il deferimento all’autorità giudiziaria per la violazione dell’art. 73 del Dpr 309/90; in particolare il più alto numero di provvedimenti restrittivi è stato adottato in relazione alle segnalazioni per cannabis.
L’analisi degli indici ipotizza la tendenza all’aumento dei tassi di carcerizzazione in Toscana soprattutto per l’incremento degli ingressi in carcere di cittadini stranieri per violazione della legge antidroga e per la loro difficoltà di accedere a misure alternative o sostitutive delle pene detentive.
Per quanto riguarda l’incidenza che i reati in materia di droga assumono sull’attività complessiva degli Uffici giudiziari di Firenze è stimata pari al 15,4% dei reati complessivi e si mostra una tendenza nell’ultimo anno all’aumento dei procedimenti pendenti e ad una accentuazione delle condanne per reati di cui all’art. 73 del Dpr 309/90.
La ricaduta appare nelle presenze in carcere. Infatti il numero dei detenuti supera ormai anche la capienza cosiddetta tollerabile, oltre 4.000 unità. Nell’ultima rilevazione del 30 giugno 2008 i tossicodipendenti erano pari al 31,9% e i condannati per violazione dell’art. 73 del Dpr 309/90 il 40,3%.
Dopo la contrazione verificatasi con l’applicazione dell’indulto si sta registrando una drammatica progressiva progressione della presenza di tossicodipendenti negli istituti penitenziari toscani, dal 21,5% al 31,9%.
I dati recenti del giugno 2009 indicano in Toscana la presenza di 4.213 detenuti e ad ulteriore conferma degli effetti della legge Fini-Giovanardi citiamo i numeri di Arezzo (50% per violazione art. 73), di Livorno (su 362 persone, 204 per l’art. 73, il 56%!, di Pisa (su 351 persone, 179 per l’art.73, il 51%).
In conclusione, va anche sottolineato il peso della presenza di detenuti stranieri nelle carceri toscane, pari al 48,5% .
La Ricerca si è focalizzata sul carcere di Sollicciano, il maggiore istituto della regione che ha una presenza stabilizzata di circa 950 detenuti rispetto alla capienza regolamentare della metà.
I detenuti presenti per la violazione dell’art. 73 costituiscono circa la metà delle presenze complessive; questo dato assolutamente abnorme viene esaltato dal risultato di una analisi qualitativa per scoprire l’incidenza delle violazioni relative al comma 5 dell’art. 73. E’ il caso di sottolineare che la discussione sulla natura giuridica del comma 5 dell’art. 73 (autonoma figura di reato o semplice circostanza attenuante) non interessa astrattamente la dottrina, ma produce delle significative ricadute sul giudizio sui fatti contestati in particolare riguardo all’applicazione della recidiva.
Una parte di grande interesse è anche quella che riguarda le sanzioni amministrative previste dall’art. 75 del Dpr 309/90. E’ stato analizzato il comportamento del Nucleo Operativo Tossicodipendenze (NOT) della Prefettura di Firenze nei confronti dei soggetti segnalati per consumo di sostanze stupefacenti. Nel 2008 sono state 1.089 e il 70% ha riguardato hashish e marijuana.
Le modifiche introdotte dalla legge 49/2006 hanno prodotto effetti perversi grazie a una sorta di automatismo sanzionatorio.
L’ultima parte della Ricerca approfondisce il tema delle competenze statali e regionali; la disciplina degli stati di tossicodipendenza si colloca sul confine tra le prerogative di esclusiva rilevanza statale (ordine pubblico e sicurezza) e quelle di competenza concorrente riguardo la tutela della salute.
La prevalenza nell’impianto legislativo delle istanze repressive ha però una ricaduta dal punto di vista della salute, in particolare nelle condizioni di vita delle carceri con una competenza delle regioni e dei Sert.
Si pone un problema di risorse da destinare a mitigare gli effetti della criminalizzazione del possesso e consumo di droghe.
Da questo punto di vista assume un rilievo enorme la scelta di escludere dalla possibilità di accesso a tutte le misure trattamentali il detenuto straniero anche senza permesso di soggiorno a tutte le misure trattamentali previste dagli articoli 120 e seguenti del Dpr 309/90. La Ricerca sviscera in maniera analitica ed esaustiva gli aspetti legati alla legislazione nazionale e regionale e arriva a una conclusione senza margini di dubbio, nel senso del diritto alle prestazioni.
Per le proposte di interventi specifici e i suggerimenti per individuare buone pratiche, si rimanda ai risultati del panel di discussione.
Ipotesi di modifiche legislative e un progetto pilota per l’uscita dal carcere dei tossicodipendenti
In questa sede, davvero conclusiva, non si può che rimettere alla valutazione politica della Regione Toscana l’opportunità di una iniziativa verso il Parlamento, secondo la possibilità prevista dall’art. 121 della Costituzione, con la presentazione di una proposta di legge alle Camere. Ovviamente i contenuti potrebbero essere ampi ed incidere sugli articoli che determinano l’impatto penale e sanzionatorio che è emerso indiscutibilmente dalla ricerca o limitarsi ad aspetti minori ma ugualmente essenziali come quelli riguardanti le sanzioni amministrative e il ricorso alle misure alternative al carcere.
Non si può non suggerire un intervento legislativo con legge regionale per chiarire in modo non dubbio il diritto al trattamento delle dipendenze per tutte le persone presenti sul territorio toscano, stranieri irregolari inclusi, e per affermare gli interventi legati alla politica di riduzione del danno.
Per quanto riguarda infine la presenza di un numero strabordante di tossicodipendenti nelle carceri italiane che per altro si avviano a superare nell’estate il numero record di 65.000 detenuti e per arrivare secondo le previsioni del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a 69.000 a fine anno, si intende suggerire con prudenza ma convinzione alla Regione Toscana un progetto pilota a legislazione invariata per far uscire dalla galera un numero significativo di persone per dimostrare l’insostenibilità della situazione esistente e per chiedere al Governo, al sottosegretario Giovanardi e al Dipartimento antidroga le risorse necessarie per una soluzione concreta e vera e non la pura declamazione retorica di un dover essere. Il progetto richiederebbe una concertazione con l’Amministrazione penitenziaria, i Sert, le Comunità di accoglienza, la Magistratura di Sorveglianza.
La scelta di pura ispirazione ideologica e il rifiuto del pragmatismo delle scelte di riduzione del danno ha comportato un processo di riduzione crescente delle risorse sociali destinate a pratiche di accompagnamento e di inclusione sociale, soprattutto per le situazioni più problematiche e al quale ha corrisposto in modo quasi simmetrico il ricorso al carcere e in generale alla legislazione penale e punitiva.
Mettere in galera chi fa uso di droghe è dal punto di vista sociale, educativo e terapeutico un errore grossolano, nonché una profonda ingiustizia.
Devono essere chiare e chiaramente denunciate le responsabilità. La Regione Toscana, memore della sua storia di civiltà giuridica illuministica e di elaborazione di un diritto mite, proprio sul terreno delle droghe può ripartire per sperimentare politiche diverse, solidali e guidate dalla ragione.