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Il miracolo annunciato dalla legge 81 del 2014, la chiusura degli Opg, si è realizzato quattro anni fa. Una rivoluzione gentile, che resiste tra contestazioni subdole e velata nostalgia del manicomio.

Noi che firmiamo questo appello abbiamo condiviso la lunga battaglia per completare il processo di liberazione iniziato con l’approvazione della legge 180 nel 1978; e continuato con la legge 81, che indica la strada delle misure non detentive ai fini di percorsi di cura e di riabilitazione, e solo come misura estrema la misura di sicurezza detentiva da eseguirsi nelle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza-REMS. In questo quadro, l’esperienza delle REMS, pur differenziata e in alcune situazioni discutibile, si è rivelata valida quando è rimasta aderente a cinque pilastri fondamentali (extrema ratio, territorialità e inserimento nella comunità locale, numero chiuso, limite temporale della durata della misura di sicurezza, rifiuto della contenzione meccanica): in questo quadro va considerata un tassello della più complessa battaglia per il superamento degli OPG.

Siamo consapevoli che la legge 81 non ha toccato il sistema del “doppio binario”, che riserva agli autori di reato – se dichiarati incapaci di intendere e di volere per infermità mentale- un percorso giudiziario speciale, diverso da quello destinato agli altri cittadini: questa carenza ha fatto sì che la logica sottesa al trattamento dei “folli rei” non sia stata recisa.

La sopravvivenza di questa cultura crea difficoltà nell’applicazione della stessa legge 81 e intravediamo i rischi di stanchezza, determinati dagli attacchi strumentali e dal colpevole isolamento di chi opera nello spirito di quella riforma.

Siamo convinti della necessità di non arroccarci a difendere una casamatta che ha vissuto nella contraddizione tra cura e custodia, ma di affrontare nodi cruciali: i rapporti tra psichiatria e diritto; i concetti di imputabilità e pericolosità sociale; il doppio binario e le misure di sicurezza; il disagio psichico in carcere.

La Società della Ragione, l’Osservatorio di StopOpg, il Coordinamento Rems/Dsm e Magistratura Democratica organizzarono a Treppo Carnico nel settembre 2020 un seminario intitolato “Il Muro dell’imputabilità. Dopo la chiusura degli Opg, la riforma del regime legale dei folli rei”: con lo scopo di discutere il testo di una proposta di legge per abolire il meccanismo del proscioglimento per incapacità di intendere e di volere previsto dall’art. 88 del Codice Rocco.

Il testo che presentiamo – Norme in materia di imputabilità e misure alternative alla detenzione per i soggetti con disabilità psicosociali– , frutto di una discussione collettiva assai approfondita, viene offerto per la presentazione in Parlamento. La proposta mira a sciogliere alla radice, in maniera limpida, ispirandosi ai principi della Costituzione, molte ambiguità che alla lunga risulterebbero insostenibili.

Scegliamo la via del giudizio per le persone affette da gravi disabilità psicosociali, non per arrivare a una pena dura o esemplare, ma per riconoscere la loro dignità di soggetti, restituendo la responsabilità – e con ciò la possibilità di comprensione – delle loro azioni; e insieme risparmiando lo stigma che il verdetto di incapacitazione “di intendere e volere” e l’internamento recano con sé. Affermiamo convintamente che “la responsabilità è terapeutica”.

La proposta di legge affonda le radici nelle elaborazioni di trenta anni fa e si è avvalsa delle riflessioni del Comitato Nazionale di Bioetica[1], del Consiglio Superiore della Magistratura [2]e della Corte Costituzionale[3]: si propone un rafforzamento del ruolo del Dipartimento di Salute Mentale nel territorio e in carcere e – soprattutto- una possibilità di accesso a misure alternative alla detenzione per i soggetti affetti da patologie psichiatriche.

Siamo convinti che la proposta favorirà un confronto tra giuristi, psichiatri, avvocati, operatori e attivisti delle associazioni a vario titolo impegnate sul terreno della salute mentale. Sarà anche utile nell’immediato per battere le derive ideologiche che si oppongono alla giusta applicazione della legge 81, respingendo nei fatti il principio della misura di sicurezza detentiva in REMS come extrema ratio.

La proposta potrà essere arricchita e perfezionata nella discussione pubblica e nell’esame alla Camera dei Deputati e al Senato. Nel frattempo rimane ferma la battaglia perché i pilastri qualificanti delle REMS siano salvaguardati da attacchi strumentali e le persone colpite da misure di sicurezza provvisorie e definitive non siano rinchiuse in contenitori indistinti di condizioni umane e patologie diverse, rinverdendo la logica e la prassi degli OPG.

Grazia Zuffa, Stefano Cecconi, Pietro Pellegrini, Riccardo De Vito, Franco Corleone, Nerina Dirindin, Katia Poneti, Giulia Melani

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Note

[1] In particolare, il parere “Salute Mentale e assistenza psichiatrica in carcere”, marzo 2019

[2] Si vedano le risoluzioni per ribadire la residualità delle misure di sicurezza in REMS

[3] La Corte ha respinto le eccezioni di incostituzionalità della l.81 e ha esteso la previsione di alternative alla detenzione per le affezioni psichiche