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Tempo di lettura: 10 minutiSignore e signori,
ogni giorno passo davanti a un piccolo parco per raggiungere il mio ufficio. In questo parco lungo la strada c’è un gruppo di persone. Se ne stanno lì – seduti, in piedi, sdraiati – e tutti tengono in mano bottiglie di vino o lattine di birra. Non vestono con molta cura, a volte indossano degli abiti logori, e alcuni di loro hanno delle pettinature che assomigliano a uno zoo.
In genere parlano. Sembrano impegnati in discussioni piuttosto accese ma, allo stesso tempo, alcuni di loro restano seduti ad ascoltare in silenzio e altri sembrano persino dormire.
Il loro è un gruppo di “street drinkers”, di “vagabondi”. Si conoscono tutti, il parco è il loro piccolo punto di aggregazione. È piuttosto evidente che non lavorano, almeno non quando li vedo insieme. In gran parte sono uomini.
Un’altra esperienza che mi capita frequentemente è parlare con un gruppo di persone solitamente molto ben vestite, in una bella stanza, spesso di pomeriggio, in occasioni che in olandese vengono chiamate “ricevimenti”. Un ricevimento viene organizzato, ad esempio, quando un professore lascia il suo incarico per passare a un’altra università. Anche dopo la discussione di una tesi di dottorato si usa offrire un ricevimento. In queste occasioni, le persone sostano in piedi e quasi tutte tengono in mano un bicchiere di vino rosso o bianco o, talvolta, un bicchiere con un drink più forte come il gin o il whisky. I presenti ridono, discutono animatamente o si aggirano in silenzio vagando da una persona all’altra. Tutta questa gente ha un lavoro. Ci sono sia uomini che donne, in misura quasi equivalente.
Le due osservazioni servono come lezione numero uno nella sociologia del consumo di droghe. Naturalmente, la droga che giocava un ruolo nelle due situazioni descritte era l’alcool, e il tema della mia presentazione di oggi, Il consumo di cocaina e le sue conseguenze sociali e sanitarie, sarà modellato sulla struttura che queste due situazioni mi consentono di creare.
Permettetemi di cominciare come segue. Rispondendo a una domanda sulle conseguenze sociali e sanitarie del consumo di alcool, a quali risposte ciascuno di voi penserebbe subito?
Ciascuno di voi probabilmente risponderebbe: «per favore, dimmi a quale tipo di consumo di alcool ti riferisci».
Giusto. Dunque, rispondendo alla domanda sulla cocaina: «a quale consumo di cocaina ci riferiamo?»
Nel loro libro The Steel Drug, Patricia Ericson e i suoi colleghi iniziano mostrando che il consumo di cocaina in America è presente in circostanze e gruppi sociali di tutti i tipi.
È possibile trovare consumatori di cocaina nei ghetti poveri delle città del Nord America, ma anche nei sobborghi chic o nelle case dei ricchi. Ericson cita uno studio di Wallace. In questo studio, la maggior parte dei consumatori di crack vengono da «famiglie ‘disfunzionali’ dei ghetti con notevoli problemi sociali» (Erickson et al, 1994, 83) [1]. Ma nei nostri studi sui consumatori di cocaina abbiamo riscontrato l’uso di crack tra consumatori di cocaina con posti di lavoro buoni, altamente ‘funzionali’ e completamente integrati (Cohen e Sas, 1994) [2], così come è stato osservato anche da Waldorf e colleghi nei loro studi condotti in California [3], [4] e da Reinarman e Levine. [5]
In che modo, dunque, dobbiamo affrontare la domanda su quali siano le possibili conseguenze sanitarie e sociali del consumo di cocaina?
Lezione numero due. Dobbiamo prepararci all’idea che non esiste una risposta semplice a questa domanda. È piuttosto evidente che, come nel caso dei due gruppi di consumatori di alcool che ho descritto prima, dobbiamo essere disposti ad accettare il fatto che le risposte a questa domanda possono essere molto diverse, da un tipo di consumatore di cocaina all’altro. Molto dipende 1) dal gruppo a cui il consumatore appartiene e 2) dal suo modello di consumo.
Cominciamo con il gruppo a cui appartiene il consumatore.
Prima degli anni ’80 sono apparsi molti studi sui consumatori di cocaina che erano sottoposti a un qualche tipo di regime clinico. Come possiamo vedere oggi in Olanda, molti consumatori di oppiacei hanno scelto la cocaina come seconda droga o, dopo avere usato oppiacei per qualche tempo, hanno sostituito il consumo primario di oppiacei con un consumo primario di cocaina.
In gruppi dove la disoccupazione e i comportamenti criminosi sono la regola, dove prevalgono condizioni abitative disagiate e l’integrazione sociale nella cultura dominante lavorativa o familiare è bassa, il consumatore di cocaina, di alcool o di qualsiasi altra droga si comporterà in modo molto diverso dal consumatore che fa parte di un’altra sottocultura. Se non andiamo a lavorare, perché dovremmo smettere di usare la cocaina alle nove di sera? Se non dobbiamo fare bella figura con il nostro capo tutte le mattine mostrandoci brillanti, i freni sulla gestione del nostro tempo legati al contesto sono davvero diversi rispetto a quando invece dobbiamo fare bella figura.
Se non facciamo parte di una cultura in cui si mangia tutti i giorni e si mangia bene, le conseguenze sulla salute del consumo di alcool, ma anche di cocaina, saranno diverse che se mangiassimo bene e con regolarità. Se fumiamo la cocaina per scappare costantemente da qualche tipo di disagio sociale, gli effetti che cerchiamo sono diversi che se fumassimo la cocaina per lanciarci in una avventura di sessualità e di eccesso.
La gente sembra desiderare gli effetti che a volte ottiene dalle droghe, e cerca di fare in modo che essi si ripetano. Gli effetti che si cercano nelle droghe possono variare molto, anche con la stessa droga. Le due tipologie di consumatori di alcool che vi ho presentato inizialmente cercano nell’alcool effetti diversi. La scelta di questi ultimi dipende molto dalla propria collocazione sociale, ma anche dal proprio carattere e dall’interazione tra situazione e stato d’animo.
Prendiamo ora in considerazione il modello di consumo di una droga. Per modello di consumo intendiamo la misurazione di alcune variabili come la tipica quantità consumata, la frequenza tipica del consumo e l’intensità tipica dell’intossicazione. Di solito definiamo anche, nell’ambito del modello di consumo, il tipo di situazione che il consumatore sceglie per consumare.
Nel caso dell’alcool, tutti noi conosciamo un certo tipo di consumatore che assume alcool tutti i giorni, ma in piccole quantità e con livelli di intossicazione molto bassi o addirittura pari a zero. I consumatori di questo tipo si fermano in un bar dopo il lavoro, o bevono un drink a casa mentre chiacchierano con i figli. Potremmo chiamare questo modello di consumo “uso frequente intossicazione zero”. Si tratta di un nome molto neutro. Un’altra possibilità è questa: un consumatore che beve vino quotidianamente, e che lo sceglie molto attentamente per abbinarlo ai pasti ma non come veicolo di intossicazione, potrebbe essere chiamato un “consumatore di alcool gourmet”. Lo stesso vale anche per la cocaina, sebbene nel caso dei consumatori di cocaina il gusto possa essere importante, ma in modo molto diverso che nel caso del vino. Il consumatore di cocaina apprezzerà il gusto amaro, intenso della cocaina, o il gelo sottile in fondo alla lingua.
Abbiamo trovato una quantità considerevole di consumatori di cocaina – consumatori che usavano questa sostanza tutti i giorni ma con quantitativi molto piccoli, meno di 0,5 grammi alla settimana – a cui piace sentire il gelo, o la stimolazione molto leggera dopo cena, in modo molto simile a coloro che dopo cena bevono un caffè. Per ottenere questo effetto gli bastano delle strisce di cocaina molto piccole, anche se la loro ricchezza o la riserva di cocaina che hanno a disposizione nel cassetto dell’ufficio gli consentirebbe di usarne in quantità molto maggiori.
Comunque, i modelli di consumo possono prevedere un uso infrequente ma con grossi quantitativi (di solito si parla di consumo a dismisura), oppure un uso frequente e con grossi quantitativi – i cosiddetti modelli di consumo ad alta frequenza e ad alta intensità. Per studiare le conseguenza sociali e sanitarie del consumo, bisogna distinguere molto attentamente tra i modelli di consumo.
La storia delle conseguenze
Prendendo in considerazione il modello di consumo più il gruppo sociale o culturale a cui il consumatore appartiene, è possibile distinguere tipi di uso di cocaina in cui le conseguenze sociali e sanitarie sono quasi nulle. Se l’uso di cocaina non interferisce con l’alimentazione, se non interferisce con il funzionamento sociale sia all’interno del gruppo che in relazione ai gruppi esterni, le conseguenze sociali sono nulle.
È però possibile identificare consumatori che usano la cocaina quotidianamente in una quantità più alta, o molto alta, e che desiderano che il livello di intossicazione sia alto, il cui gruppo vuole creare il background sociale per questo tipo di uso frequente ad alta intensità. Qui le conseguenze sociali saranno piccole nel gruppo primario a cui appartiene il consumatore, ma piuttosto platealmente negative in relazione ai gruppi esterni.
Un altro aspetto è la determinazione delle conseguenze del consumo di cocaina per quanto riguarda il comportamento. Tutti noi sappiamo che gli amanti dello sport, certamente se lo sport è il calcio, possono essere piuttosto violenti gli uni con gli altri. Questa violenza tende ad essere amplificata dall’alcool, e lo stesso può dirsi per la cocaina. Nei gruppi in cui la violenza interna è accettata o persino desiderata, la cocaina può facilitare questo comportamento. Le conseguenze all’interno del gruppo sono in genere limitate, cosa che non può dirsi per le relazioni con i gruppi esterni.
Ma, nel caso dell’alcool come in quello della cocaina, possiamo vedere che alcuni consumatori consumeranno in eccesso, oppure, per sostenere un particolare comportamento o effetto emotivo, consumeranno così tanto che persino il gruppo non accetterà questo fatto. Se ciò si verifica, come accade per alcuni consumatori, le conseguenze sociali sono pesanti. I forti consumatori si trovano ad avere relazioni sociali profondamente disturbate, che talvolta possono sfociare in un totale ostracismo e persino nella morte. Probabilmente questi rari modelli di consumo sono causati da problemi complessi che giustificano la scelta di questi modelli anche se, in ultima analisi, essi possono dimostrarsi molto controproducenti. Assai spesso, tali modelli di consumo estremi vengono abbandonati non appena il consumatore riesce a trovare un adattamento più utile. [9]
Comunque, anche un consumatore di cocaina il cui modello di consumo non sia affatto intensivo può registrare conseguenze sociali piuttosto distruttive. Immaginate una donna che conduca la vita di una consulente del ministero della Salute, conosciuta e molto stimata. Nel tempo libero, questa donna invita artisti e attori nel suo elegante appartamento in riva al fiume. C’è chi sniffa cocaina e uno degli ospiti anziani fa un errore; sniffa troppa cocaina dopo aver bevuto whisky e ha un attacco di cuore. L’ospite viene portato all’ospedale e fortunatamente sopravvive, ma la storia esce sui giornali. La carriera della consulente del ministero della Salute è finita!
Dunque, consentitemi di trarre una conclusione da tutte queste osservazioni, per poi passare a discutere alcune conseguenze, riferite dagli stessi consumatori, dell’uso di cocaina in gruppi che hanno modelli di consumo diversi. Rispondere a domande concernenti le conseguenze sanitarie e sociali del consumo di cocaina non è possibile se prima non si definisce:
- qual è il background culturale del consumatore
- qual è il contesto sociale e culturale e, soprattutto, economico, del consumatore durante la sua carriera di consumo
- quali funzioni specifiche l’uso di cocaina ha per un individuo particolare
- in che misura un consumatore è in grado di evitare errori, sia in situazioni in cui mostra il suo consumo di cocaina ad altri, sia nell’evitare errori a livello dell’intensità dell’intossicazione o della combinazione con altre droghe.
Effetti riferiti dagli stessi consumatori sulla situazione sanitaria e sociale
Nell’anno 2000 Tom Decorte, un criminologo belga, ha pubblicato un suo lavoro sui modelli di consumo e sulle carriere dei consumatori di cocaina. Egli ha reclutato i soggetti per la sua ricerca nella vasta scena della vita notturna di Anversa, ma anche nei settori più marginalizzati della città.[6]
Come noi stessi abbiamo fatto nel nostro studio sui consumatori di cocaina, Decorte ha confrontato i suoi risultati con quelli di altri ricercatori che avevano reclutato la maggior parte dei loro consumatori di cocaina nelle comunità culturali dominanti delle loro rispettive città.
Desidero presentarvi alcune delle sue conclusioni depurate da lunghi elenchi di effetti, sia fisici che psicologici. Questi ultimi possono essere esaminati in tutte le fonti che vi ho menzionato. Ma ciò che conta è la loro interpretazione.
Decorte dice che «i nostri dati e quelli di alcuni importanti campioni rispecchianti il territorio… mostrano che la cocaina fornisce un’ampia gamma di effetti positivi a coloro che la usano con moderazione: più energia, un’attenzione alla dimensione intellettuale, un’intensificazione delle sensazioni, una maggiore socialità e intimità sociale. Il lavoro e le attività sociali, sessuali o ricreazionali possono essere ravvivate, e molti intervistati usano la droga in modi non solo piacevoli ma anche produttivi». (Decorte 2000, p. 260.)
«Di solito, i professionisti che operano in campo sanitario, le forze di polizia, i politici e le informazioni fornite dai media sostengono che, nel lungo termine, le sostanze illecite possono solo avere effetti negativi… Contrariamente a questo discorso ufficiale, quanto viene riferito dai nostri intervistati mostra che i ben noti effetti negativi compaiono spesso come fastidi minori, e che i fattori relativi al livello di consumo (tra cui la dose e la frequenza del consumo), al set e al setting hanno tutti conseguenze importanti nel bilancio delle esperienze positive e negative con la cocaina». (Decorte 2000, p. 261)
Per la ricercatrice canadese Erickson e per i suoi colleghi, gli effetti negativi più interessanti della cocaina sono le allucinazioni e la paranoia, perciò decidono di indagare su questi effetti. Loro hanno osservato che anche questi effetti “farmacologici”, apparentemente inevitabili, in realtà non lo sono affatto. La paranoia tendeva a diminuire o a non comparire quando i soggetti avevano un maggior numero di amici consumatori di cocaina, e anche le allucinazioni tendevano a co-variare in presenza di altre persone durante il consumo, e in caso di consumi meno frequenti. (Ericson et all, 1994 p. 209)
Dovremmo concludere che la maggior parte degli effetti negativi sono sempre controbilanciati da effetti positivi, e che per la grande maggioranza dei consumatori di cocaina la bilancia costi-benefici della cocaina tende a pendere dal lato positivo. D’altra parte, si verificano sempre degli effetti negativi, e l’unico modo di influire sulla gravità di questi effetti è mantenere i modelli di consumo dentro i setting sociali.
Per tutti i consumi e tutti i consumatori, l’esclusione sociale e la marginalizzazione sono i setting peggiori, e a volte le persone usano le droghe in modi e quantità che creano involontariamente questi setting avversi. D’altra parte, l’esclusione e la marginalizzazione sono spesso accresciuti proprio dalle nostre stesse politiche e dalle nostre stesse istituzioni assistenziali. La migliore riduzione del danno e dei reati ottenibile è il ridimensionamento della marginalizzazione e dell’esclusione dei consumatori di droghe, anche se questo significa che le droghe che a loro piace (ancora) usare dovrebbero essergli rese accessibili a costi accettabili. A mio parere l’uso quotidiano e regolare, in determinate circostanze chiamate anche tossicodipendenza [7], [8] costituisce per le persone un pericolo di gran lunga minore dell’esclusione sociale. Le politiche sulle droghe progressiste affrontano l’esclusione connessa alla droga, più di quanto non affrontino il consumo (intensivo) di droghe di per sé.
Le nostre istituzioni che assistono questo tipo di consumatori possono giocare qui un ruolo significativo e positivo, se sono disposte sin dall’inizio del loro coinvolgimento ad accettare l’utilità di questo modello di consumo, utilità che il consumatore percepisce.
Note
- Erickson, Patricia, et al (1994), The Steel Drug. Cocaine and crack in perspective. Seconda edizione. New York : Lexington Books.
- Cohen, Peter, & Arjan Sas (1994), Cocaine use in Amsterdam in non-deviant subcultures . Addiction Research, Vol. 2, No. 1, pp. 71-94.
- Waldorf, D., C. Reinarman, e S. Murphy (1991), Cocaine changes. The experience of using and quitting. Philadelphia : Temple University Press.
- Waldorf, D. (1977), Doing coke: An ethnography of cocaine users and sellers. Washington : Drug Abuse Council.
- Reinarman, C., e H. Levine (1997), Crack in America. Demon Drugs and Social Justice. Berkeley : University of California Press.
- Decorte, T. (2000), The taming of cocaine. Cocaine use in European and American cities. VUB University Press.
- Peele, S., e R. DeGrandpre (1998), Cocaine and the Concept of Addiction: Environmental Factors in Drug Compulsions. Addiction Research, 6:235-263.
- Cohen, P., (2004), Bewitched, bedeviled, possessed, addicted. Dissecting historic constructions of suffering and exorcism. Relazione presentata alla Conferenza sulla riduzione del danno in Gran Bretagna, Londra, 4-5 marzo 2004. Amsterdam: CEDRO.
- Le nostre istituzioni che assistono questo tipo di consumatori possono giocare qui un ruolo significativo e positivo se sono disposte sin dall’inizio del loro coinvolgimento ad accettare l’utilità di questo modello di consumo, utilità che il consumatore percepisce.
Ringrazio il professor Nicolas Grahame Ph.D, Dipartimento di Psichiatria – Indiana University School of Medicine, per le sue osservazioni e per avere curato l’editing di questa relazione.
Cohen, Peter (2004), The social and health consequences of cocaine use. An introduction. Presentation held at the Nationale Designerdrogen und Kokainkonferenz, 3-4 June, 2004, Kursaal Bern, Bundesamt für Gesundheit, Bern, Switzerland.
Traduzione: Marina Impallomeni. © Copyright 2004 Peter Cohen. All rights reserved.