Ecco l’articolo di Grazia Zuffa sui trattamenti per la dipendenza ai detenuti per reati di droga pubblicato su The Future of Science and Ethics, la nuova rivista scientifica fondata dal Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi.
Abstract
Gli alti numeri di detenuti per reati minori di droga e per reati droga correlati, perlopiù tossicodipendenti, sono oggetto di pubblica preoccupazione, come una delle “conseguenze indesiderate” del controllo antidroga. La soluzione bipartisan più popolare è l’implementazione di terapie per le dipendenze alternative al carcere, che per la loro commistione col sistema penale, sono definite come “cure quasi coercitive” (Quasi Coerced Treatments).
Queste si sono sviluppate sia nei paesi anglosassoni sia in Italia (soprattutto in comunità terapeutiche), seguendo il paradigma del consumatore spinto a delinquere dalla malattia dell’addiction. L’analisi dei dati sugli ingressi in carcere mostra che le terapie alternative non riducono la carcerazione. Per di più, il persistente influsso del modello morale di “liberazione dalla droga” si traduce in vincoli comportamentali perfino più severi in comunità terapeutica che in carcere. Da qui il dilemma etico: le alternative terapeutiche al carcere rispondono alle supposte finalità umanitarie o sono invece nuove modalità di controllo punitivo?