«Cresce la popolazione carceraria; crescono i detenuti ex DPR 309/1990; crescono i detenuti tossicodipendenti entrati e presenti; crescono le misure alternative; tre segnalazioni su quattro sono per cannabis e derivati». Questo era l’incipit del XIV Libro bianco sulle droghe; questo sarebbe l’incipit del XV Libro bianco sulle droghe se gli ingressi di tossicodipendenti non avessero fatto registrare un lievissimo (anzi, risibile) calo. La conclusione resta la stessa: «niente di nuovo sotto il sole».
A nome mio e dei curatori del Libro bianco sulle droghe, rivolgo un sincero ringraziamento a tutti i funzionari che ci hanno dedicato parte del loro tempo e del loro lavoro. Grazie al personale del Ministero della Giustizia, del Ministero dell’Interno e dei rispettivi Dipartimenti (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, Dipartimento per l’amministrazione generale, per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie): senza la loro disponibilità a condividere i dati, senza la loro solerzia e pazienza, il nostro lavoro non sarebbe possibile.
La situazione nelle carceri
Salgono per il terzo anno consecutivo gli ingressi totali (+2.536; +6,7%); salgono anche quelli ex articolo 73 DPR 309/1990 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope; +736; +7,4%); in leggerissimo calo, come detto, il dato relativo agli ingressi di soggetti tossicodipendenti (-17; -0,1%), che torna sotto la soglia del 40% degli ingressi totali.
Dal 2006, primo anno della nostra rilevazione, gli ingressi per violazione dell’articolo 73 hanno sempre superato la soglia del 26,1% degli ingressi totali, oltre uno su quattro. Gli ingressi di soggetti tossicodipendenti hanno mantenuto un andamento simile fino al 2014, ma nel 2015 hanno avvicinato, e dal 2016 superato la soglia del 33,3%: da allora, più di un ingresso su tre riguarda un soggetto tossicodipendente.
Elaborazione su dati Ministero della Giustizia – Dip. Amm.ne Penitenziaria – Ufficio del Capo del Dip.to – Segreteria generale – Sezione Statistica.
Sempre riguardo il lungo periodo, va notato che rispetto ai primi anni presenti nella nostra rilevazione il dato degli ingressi totali si è più che dimezzato, passando dai 92.800 del 2008 (picco massimo raggiunto negli ultimi diciannove anni) ai 40.661 del 2023 (-56,2%).
Questo crollo nel dato dinamico non si riflette però, come stiamo per vedere, sul dato statico delle presenze in carcere.
Come per gli ingressi, anche per le presenze la pandemia aveva inevitabilmente calmierato i numeri. Dopo il -12,2% registrato nel 2020, il dato ha ripreso a salire, seguendo il trend già consolidato negli anni precedenti. Il 2023 fa però segnare un notevole balzo in avanti: si torna a superare la soglia dei 60mila presenti, con una crescita del 7,1% (+3.970); lo scorso anno era stato già registrato un aumento del 3,8% (+2.062), che faceva seguito a quello (+770; +1,4%) del 2021.
In ascesa il dato relativo ai detenuti tossicodipendenti (+560; +3,3%) e quelli ex art. 73 (+799; +6,6%) ed ex artt. 73+74 (+449; +7,3%); in lievissimo calo il dato dei presenti ex art. 74 (-16; -1,6%). In virtù (che virtù non è) del corposo aumento dei detenuti totali presenti, cala leggermente la percentuale di detenuti per violazione del DPR 309/1990 (dunque ex art. 73, art. 74 e artt. 73+74), che passa dal 34,3% al 34,1%.
Va ricordato che lo scorso 15 settembre è stato promulgato il Decreto Legge cosiddetto “Caivano”, poi convertito in legge 13 novembre 2023, n. 159: nelle sue “misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile”, il governo ha aggravato la pena detentiva prevista per il delitto di cui all’articolo 73, c. 5 (la cosiddetta «lieve entità»), ora punibile con la reclusione «da sei mesi a cinque anni» e non più «da sei mesi a quattro anni».
Come segnalato da Silvia Bernardi su sistemapenale.it, la modifica può generare effetti molto rilevanti sul piano del procedimento penale, rendendo applicabile la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell’articolo 280 c.p.p. e rendendo necessaria l’udienza preliminare.
Nel caso la condotta sia “non occasionale”, poi, la reclusione è «da diciotto mesi a cinque anni». Gli effetti di tali misure emergeranno in maniera più chiara il prossimo anno, ma è possibile che abbiano già sensibilmente influenzato le rilevazioni al 31 dicembre 2023.
Un carcere senza droghe (simulazione)
Dal 2007, la popolazione carceraria è stabilmente al di sopra della capienza regolamentare degli istituti di pena. Il grafico che segue illustra, in maniera molto grossolana, quanto la normativa antidroga influisca sul tasso di affollamento carcerario.
A seguito dell’indulto del 2006, la popolazione carceraria scese da 59.523 detenuti (31.12.2005) a 39.005 (31.12.2006); la capienza regolamentare era allora di 42.824 posti, e il tasso di affollamento pari a 91 (cioè 91 detenuti per 100 posti; l’anno prima era a 139). Ma il 2006 è anche l’anno della legge 49/2006 (c.d. Fini-Giovanardi), i cui effetti penali divennero evidenti a partire dal 2007, quando la popolazione carceraria tornò a superare la capienza regolamentare degli istituti di pena fino a raggiungere nel 2010 un tasso di affollamento di 151, di cui 48 per violazione dell’articolo 73.
Dopo la condanna dell’Italia davanti alla Corte EDU per il caso Torreggiani (2013) e la dichiarazione d’incostituzionalità della Fini-Giovanardi (2014), la popolazione carceraria scese fino ai 52.164 detenuti presenti al 31 dicembre 2015 (il dato assoluto più basso degli ultimi quindici anni; tasso di affollamento: 105). Da allora si è registrato un nuovo aumento dei detenuti presenti fino al 31 dicembre 2019 (60.769 detenuti, tasso di affollamento: 120), trend interrotto dall’avvento della pandemia, che ha obbligato il legislatore a non troppo convinte politiche di deflazione carceraria: un anno dopo i detenuti presenti erano 53.364, il tasso di affollamento di 105. A distanza di tre anni però si è di nuovo oltre la soglia dei 60mila detenuti presenti e il tasso di affollamento è vicino a quota 118 (siamo a 117,6), a fronte peraltro di una capienza regolamentare che dal 2006 a oggi è aumentata di quasi il 20%, raggiungendo i 51.179 posti.
Come emerge dal grafico, senza i detenuti ex art. 73, la capienza regolamentare sarebbe stata superata solo nel biennio 2010-2011; senza i detenuti tossicodipendenti, invece, il tasso di affollamento sarebbe stato superiore a 100 solo negli anni dal 2009 al 2012. Oggi i tassi d’affollamento sarebbero rispettivamente di 92 e 84.
Concludiamo con le consuete due precisazioni.
Nella prima simulazione sono stati scorporati solamente i detenuti ex art. 73, e non anche i detenuti ex artt. 73 e 74 né i detenuti ex art. 74, autori di condotte più gravi e quindi punite più severamente. Il grafico non ha alcuna pretesa di scientificità o esaustività, e quello mostrato nella simulazione non è uno scenario realistico: ad esempio, alcuni dei detenuti ex art. 73 potrebbero essere in carcere anche per altri reati, magari più gravi; inoltre, lo stesso superamento dell’era proibizionista non azzererebbe certo il traffico illegale di sostanze, quindi neanche i detenuti per violazione della nuova disciplina in materia di droghe. Lo scopo del grafico è unicamente quello di rendere visibile sia l’enorme influenza della normativa antidroga sull’affollamento carcerario, sia il problema dei tossicodipendenti in carcere.
La seconda precisazione riguarda il tasso di affollamento: quello reale è sempre un po’ più alto di quello da noi rilevato, in quanto la capienza effettiva è sensibilmente inferiore alla capienza regolamentare, che tiene conto anche di posti che non sono concretamente disponibili. Inoltre, la popolazione carceraria non è distribuita omogeneamente: alcuni istituti o sezioni rispettano la capienza regolamentare e hanno un tasso di affollamento inferiore a 100, il che significa che in altri istituti e in certe sezioni il tasso di sovraffollamento è ben superiore a 118; il calcolo del tasso medio corre quindi il rischio di camuffare la reale entità del problema.
La situazione nei tribunali
Anche quest’anno, come lo scorso anno, il Dipartimento per le Politiche Antidroga ci ha negato i dati relativi alle persone con procedimenti penali pendenti ex artt. 73 e 74 DPR 309/1990, invitandoci ad attendere la pubblicazione della Relazione al Parlamento. Farebbe ridere, se non facesse rabbia, che dei dati pubblici siano trattati come materiale coperto da copyright.
Commentiamo allora brevemente i dati al 31 dicembre 2022: erano 88.162 i procedimenti penali pendenti per violazioni dell’art. 73, per un totale di 180.621 persone coinvolte (-3,2%); 4.719 erano invece i procedimenti penali pendenti ex art. 74, che vedevano 46.003 persone coinvolte (+1,9%). Un enorme carico per le aule di giustizia italiane, che potrebbe ulteriormente aggravarsi nel 2023 e soprattutto nel 2024, quando vedremo gli effetti della già citata legge 159/2023.
Netta e consolidata è la sproporzione tra persone con procedimenti pendenti ex art. 73 (79,7%) ed ex art. 74 (20,3%), ennesimo segnale che la guerra alla droga è centrata sui pesci piccoli; gli stessi imputati e condannati ex articolo 74 del resto sono spesso ben lontani dal rappresentare il vertice della piramide criminale che gestisce il traffico nazionale e internazionale di stupefacenti.
Per avere un quadro più preciso della situazione sarebbe opportuno che il Ministero della Giustizia iniziasse a raccogliere, scorporandoli, anche i dati relativi al comma 5 dell’articolo 73: come spiegava Katia Poneti nell’XI e nel XIV Libro bianco, la c.d. «lieve entità» non è una semplice circostanza attenuante ma una fattispecie autonoma di reato, che meriterebbe dunque un focus che consenta di valutarne il peso specifico.
Le misure alternative alla detenzione
In parallelo all’aumento della popolazione carceraria, crescono, in maniera persino più netta (+14,2% sul 2022, +1.037,7% sul 2006), le misure alternative. Si allarga dunque l’area del controllo penale, e le misure alternative alla detenzione somigliano sempre più a misure alternative alla libertà.
Si registra un’impennata degli affidamenti in prova totali (+4.379; +18,5%), dallo stato di libertà (+3.210; +23,8%), dallo stato di detenzione (+651; +15,8%) e in misura provvisoria (+348; +15,7%). Aumentano sia i semiliberi (+166; +17%) che, in maniera meno netta, i detenuti al domicilio (+523; +4,7%).
Prosegue la discrasia tra gli affidamenti in prova ordinari e la misura per i tossico/alcoldipendenti. Il 77,8% dei beneficiari dell’affidamento ordinario sono affidati in prova dallo stato di libertà. Nonostante la difficile compatibilità tra dipendenze, carcere, diritto alla salute, accesso ai servizi, per gli affidati tossico/alcoldipendenti la percentuale quasi si ribalta: il 71,6% passa dal carcere prima di accedere alla misura alternativa.
Una possibile, parziale spiegazione dello squilibrio è che alcuni tossico/alcoldipendenti potrebbero non essere affidati in prova ma accedere direttamente, in sede di esecuzione, alla semilibertà o alla detenzione domiciliare, e, in sede di cognizione, alle pene sostitutive; poiché però relativamente a tali regimi non è prevista una distinzione tra la misura ordinaria e la misura per tossico/alcoldipendenti, le tabelle ministeriali non permettono di comprovare o smentire l’ipotesi.
Rispetto a un anno addietro aumentano anche i soggetti in messa alla prova (+1.019; +4,1%) e quelli in carico per lavori di pubblica utilità, sia per violazione del DPR 309/90 (+149; +21,1%) che per violazione del codice della strada (+785; +9,1%). In totale erano 83.703 i soggetti in carico per misure al 31 dicembre 2023 contro i 74.599 di un anno prima: un incremento del 12,2% (+9.104).
La repressione del consumo di sostanze illegali
La tabella 6 è dedicata alle segnalazioni ex art. 75 ovvero al possesso di sostanze stupefacenti per uso personale, una condotta che non ha rilevanza penale ma è soggetta a sanzioni di tipo amministrativo a discrezione dell’autorità prefettizia. Queste sanzioni, la cui applicazione è molto diversa a seconda della prefettura di competente, sono 4: il ritiro – per un periodo che varia a seconda del tipo di sostanza consumata – della patente, del passaporto (o comunque di qualunque documento valido per l’espatrio), del porto d’armi e per gli stranieri del permesso di soggiorno per motivi di turismo.
Come segnalato lo scorso anno, analizzare le variazioni annue delle segnalazioni ha poco senso, giacché ogni anno la tabella dei trend storici del Ministero presenta dati diversi (anche molto diversi) per tutti gli anni precedenti, persino per dati risalenti a oltre dieci anni fa. Il problema è probabilmente correlato al consolidamento, ma i numeri sono troppo volubili perché possano essere considerati affidabili.
Un esempio: potremmo dire che le segnalazioni sono calate del 13,8%, dalle oltre 40mila del 2022 alle 34.679 del 2023; lo scorso anno, però, le segnalazioni del 2022 risultavano essere 32.588, quasi 8mila in meno di quante ne risultano oggi (una variazione del 23,5%). Confrontando i dati “non consolidati” si potrebbe sostenere allora che probabilmente le segnalazioni non siano diminuite bensì aumentate nell’ultimo anno, ma che ce ne accorgeremo soltanto il prossimo anno, quando anche i dati del 2023 saranno ritoccati (per usare un eufemismo) al rialzo; del resto però, anche i dati del 2022 (e degli anni precedenti) saranno di nuovo ritoccati al rialzo, come già accaduto quest’anno ai dati del 2021, passati da 36.336 a 38.327. Imbastire un ragionamento sui trend storici avendo in mano dati così incoerenti sarebbe una forzatura.
Qualcosa possiamo dire guardando ai dati dei singoli anni, dai quali emerge in maniera netta la rarità delle richieste di programma terapeutico, che dal 2010 non superano (e dal 2011 neppure si avvicinano a) la tripla cifra. Eppure lo scopo della segnalazione al prefetto sarebbe anche quello di azzerare o ridurre l’uso da parte di coloro che non hanno un consumo problematico e favorire il recupero di consumatori abituali e tossicodipendenti. Numeri più corposi (ma in costante calo) riguardano la segnalazione ex art. 121 del DPR 309/90, che prevede che l’autorità giudiziaria o il prefetto nel corso del procedimento, quando vengano a conoscenza di persone che facciano uso di sostanze stupefacenti e psicotrope, debbano farne segnalazione al Ser.T competente, che provvede a convocare la persona in questione per proporre e definire un programma terapeutico e socio-riabilitativo; l’articolo 121 si configura tuttavia come strumento residuale, in quanto l’adesione al programma terapeutico e, prima ancora, al colloquio presso il Ser.T è a discrezione del segnalato.
In considerazione di quanto scritto per la Tabella 6, anche i dati della Tabella 7 andrebbero presi con le pinze, non fosse per il fatto che sono tanto netti da risultare inequivocabili: circa tre quarti delle persone segnalate ai sensi dell’articolo 75 del DPR 309/90 devono la segnalazione al consumo di cannabinoidi. La seconda sostanza per numero di persone segnalate è la cocaina, circa una su sei. Al terzo posto, con un notevole distacco, l’eroina.
Molto evidente la disparità nei consumi tra maschi e femmine, che inizia già tra i minorenni e che ha un rapporto superiore a dieci a uno. Circa l’11,6% dei segnalati è minorenne, ma la quasi totalità dei minorenni deve la segnalazione al consumo di cannabis (97,3%).
Per quanto riguarda la cifra totale, qualcuno potrà notare la discrasia rispetto a quella riportata nella Tabella 6. Il totale effettivo delle persone segnalate è (sarebbe, se fosse affidabile) quello della suddetta tabella; i dati non coincidono perché, qualora una persona sia segnalata ex art. 75 per più di una sostanza, nella Tabella 7 risulta più volte (+1 per ogni sostanza).
Purtroppo le tabelle delle segnalazioni ex art. 75 per sesso e sostanza consumata si fermano al 31 dicembre 2019, impedendoci di fare il calcolo totale a partire dall’introduzione del DPR 309/1990.
Il trend quasi trentennale è comunque inequivocabile, e di anno in anno trova conferma nei dati più recenti: quasi tre segnalazioni su quattro sono per uso di cannabinoidi, seguiti dall’eroina e dalla cocaina; negli ultimi anni la cocaina ha fatto però registrare un numero di persone segnalate di gran lunga superiore all’eroina (si guardi la Tabella 7, in linea con gli anni precedenti), ed è dunque probabile che la cocaina abbia già superato l’eroina come seconda sostanza per numero di segnalazioni dall’introduzione del DPR 309/90 a oggi.