Il Covid-19, oltre ad aver provocato migliaia di morti, ha chiuso in casa le persone, ha cancellato la vita fuori, ed ha ridotto, insieme ad altre attività, i servizi del welfare, soprattutto quelli rivolti alle persone più fragili, per le quali il distanziamento fisico è divenuto davvero distanziamento sociale.
Ha fatto emergere problemi, troppo spesso rimossi, ed accentuato distanze, soprattutto per tutti coloro che non hanno mezzi e strumenti per affrontare e gestire il lockdown, rendendo evidente la diversa esigibilità dei diritti a seconda delle risorse, delle competenze, dei bisogni delle persone.
Le persone che usano sostanze, e, soprattutto, le persone che hanno un uso problematico, o con dipendenza, si sono trovate di fronte ad una situazione del tutto inedita, imprevista, resa ancora più complicata dallo stato di illegalità delle sostanze e dei consumi. Difficoltà indubbiamente amplificate dalla rimodulazione e riduzione dei servizi, che già negli anni avevano subito tagli, ridimensionamenti, accorpamenti, visto il cronico sottofinanziamento del Servizio Sanitario Nazionale. Ed anche i servizi di prossimità hanno dovuto fare i conti con le misure adottate per garantire la prevenzione dal contagio.
I Ser.D si sono trovati nella condizione di dover ridurre le prestazioni, e ricorrere a prestazioni a distanza, con tutte le difficoltà legate a gestire relazioni e colloqui al telefono, oltre che nella condizione, spesso, di non poter prevedere nuovi accessi.
Tutti i servizi di prossimità (UDS, drop in, ecc.) si sono trovati nella condizione di dover rimodulare, se non sospendere, almeno per un periodo di tempo, la propria attività. Si sono dovuti inventare modalità per continuare a rispondere (spesso, come ampiamente denunciato, senza i dispositivi di protezione) a domande e bisogni, mantenendo le distanze, evitando “assembramenti”. In entrambi i casi, un lavoro fatto di relazioni, contatti, sguardi, vicinanza, si è trovato a fare i conti ed a scontrarsi con un distanziamento che è diventato davvero molto di più che fisico.
Tutto questo, in un contesto in cui si è reso più difficile e problematico reperire le sostanze, sono aumentati i prezzi, spesso è peggiorata la qualità. Tuttavia, pare, dai dati che abbiamo a disposizione, che possiamo registrare anche comportamenti di autocontrollo che smentiscono nei fatti la narrazione corrente sui “tossici”, sulla pericolosità sociale della droga, sull’incontrollabilità dei comportamenti dei drogati, sulle conseguenze delle crisi di astinenza. E’ prevedibile, però, che il periodo di astinenza forzata, oltre ad aumentare il rischio di overdose, possa produrre un aumento dell’uso di alcol e psicofarmaci. è anche presumibile, dati gli indubbi effetti che il lockdown avrà sull’economia, con un generale impoverimento delle persone, sugli assetti sociali, e sul benessere psicologico delle persone, che ci possa essere un aumento di situazioni di marginalità e disagio, e di uso di psicofarmaci a scopo ‘terapeutico’.
Ormai è dimostrato che emarginazione, alienazione, bisogni relazionali insoddisfatti, assenza di ricompense e gratificazioni sono le cause che possono portare alla dipendenza, causata dalle condizioni di assunzione e non dalla sostanza assunta in quanto tale; sono state attribuite al consumo di droghe quelle che sono, invece, le conseguenze delle politiche antidroga: basti pensare al carcere.
E’, quindi, indispensabile riprendere, con ancora maggiore determinazione, il ragionamento sulle politiche sulle droghe, sui servizi, sulla non più procrastinabile necessità di legalizzazione della cannabis e depenalizzazione del consumo di sostanze.
Questa pandemia ci parla della necessità di un nuovo modello di sviluppo, e ci ha rappresentato in maniera evidente che le politiche di welfare sono strategiche per gestire e superare l’emergenza, che è indispensabile rafforzare i servizi territoriali, e l’integrazione sociosanitaria. Ci pone di fronte, con estrema chiarezza, il tema dei servizi di prossimità e di Riduzione del Danno.
La RdD, giova ricordarlo, è uno dei 4 pilastri delle politiche sulle droghe, è stata inserita nei Livelli Essenziali di Assistenza nel 2017, ma, da allora, nulla di concreto è stato davvero fatto perché quanto previsto venisse davvero applicato.
E’ necessario aumentare il finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale, ponendo una attenzione particolare alle risorse dedicate ai servizi territoriali, ed al finanziamento dei servizi e delle prestazioni di alta integrazione sociosanitaria. E diventa ancora più necessario incrementare le risorse per il welfare socio-assistenziale, definendo i Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali, anche per la indispensabile integrazione con i LEA.
Aver inserito la RdD nei LEA offre opportunità che, soprattutto nella fase di ripartenza dopo l’emergenza, non possono più venire trascurate.
I servizi pubblici devono essere dotati di risorse e personale in grado di dare tutte le risposte necessarie ai diversi bisogni dei cittadini, i dipartimenti per le dipendenze devono essere messi in grado di esercitare il loro ruolo di programmazione, ripensando assorbimenti ad accorpamenti, recuperando lo spirito che li ha istituiti, quali servizi di alta integrazione sociosanitaria, a dimensione territoriale.
Occorre che i servizi di prossimità, di RdD, come da tempo andiamo ripetendo, trovino finalmente stabilità ed escano dalla situazione, che si trascina da anni, di precarietà e sperimentalità. Sono un presidio fondamentale non solo per la salute individuale, ma anche per la salute pubblica.
Indispensabile un nuovo rapporto fra Enti Pubblici e Privato Sociale, deve essere finalmente superato il meccanismo della delega, per cui il privato sociale spesso è stato visto con un ruolo di pura sostituzione, al fine, soprattutto, di contenimento dei costi.
E’ necessario, per questo, ragionare seriamente di accreditamenti, valorizzando la specificità di interventi che non possono essere valutati per standard di servizi e strutture, che prevedono competenze multidisciplinari, non strettamente sanitarie. Ed è necessario ragionare in termini di co-progettazione, perché tutti i soggetti coinvolti possano contribuire all’organizzazione dei servizi con le proprie conoscenze e competenze, i soggetti del privato sociale coinvolti non abbiano un ruolo ancillare, o meramente sostitutivo, magari in risposta a singole emergenze, le Amministrazioni Pubbliche esercitino appieno il loro ruolo di programmazione e controllo.
In questo senso, è indispensabile un rinnovato patto fra tutti gli attori del sistema, comprese le organizzazioni sindacali e della società civile, per riportare al centro delle politiche i temi della salute e del benessere dei cittadini e dei territori. Va valorizzata la territorialità, la conoscenza degli assetti sociali e della comunità in cui si opera. Per questo è importante la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, anche in una rinnovata spinta alla contrattazione sociale territoriale.
Prima dello scoppio della pandemia, avevamo (auto)convocato la Conferenza Nazionale sulle droghe, visto che quella istituzionale, prevista per legge, non viene più organizzata ormai da troppi anni. E’ indispensabile riprogrammare quella iniziativa, per discutere di tutto questo, che la pandemia ed il lockdown hanno ancora di più appalesato, e dello scenario che ci troviamo ad affrontare con la ‘ripartenza’, che, per quanto riguarda le droghe, non fa che confermare ed amplificare i problemi legati alle politiche proibizioniste e securitarie, alla carenza di servizi sul territorio. Oggi più che mai è necessario sviluppare politiche sanitarie e sociali che sappiano distinguere fra uso, misuso ed abuso, che sappiano promuovere interventi efficaci, in grado di dare risposte anche a tutte quelle persono che non vogliono, o non possono, ricorrere ai servizi. Che riconoscano il diritto delle persone all’autodeterminazione nelle proprie scelte di vita, che escano finalmente da una visione moralistica e stigmatizzante dell’uso di sostanze. Occorre cambiare paradigma, riportare il servizio pubblico al ruolo che gli proprio: garantire l’esigibilità del diritto alla salute per tutte le persone, indipendentemente dagli stili di vita, a partire da politiche efficaci di prevenzione, limitazione dei rischi e riduzione del danno. Ed è necessario valorizzare il ruolo ed il contributo del terzo settore, del privato sociale, in integrazione con i dipartimenti per le dipendenze e gli Enti locali, e con la partecipazione attiva dei consumatori.
La Conferenza resta quindi un impegno da onorare: è il luogo dove possiamo e vogliamo discutere di tutto questo, chiamare i decisori politici a fare scelte e ad assumere responsabilità, a partire dal riconoscere apertamente che la war on drugs ha fallito, che è necessario invertire la rotta: sono necessarie politiche diverse, che si sostanziano nella revisione della L. 309/90, nella legalizzazione della cannabis e nella depenalizzazione del consumo personale, nel rilancio e nella valorizzazione della sanità pubblica e del welfare, dell’integrazione sociosanitaria, dei servizi territoriali e del personale che vi opera.
Articolo di Denise Amerini
L’attuazione dei Lea e della Riduzione del Danno: un’occasione da non perdere per ripensare alle politiche sulla droga