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Meno di un anno fa, è uscito il volume European Drug Policies, the Ways of Reform, a cura di Renaud Colson e Henri Bergeron (Routledge, 2017). I curatori e gli altri autori individuano le “vie della riforma” nei punti di convergenza delle politiche nei diversi paesi che compongono l’Unione, al di là delle differenze che pure permangono.
L’Europa ha avuto, e continua ad avere, un ruolo leader sul piano culturale attraverso il cosiddetto “modello europeo”, che molto ha contribuito alla confitta della war on drugs a livello mondiale: si pensi alla fondamentale svolta “antibellica” nel 2013 dell’Organizzazione degli Stati Americani (Oas) – che comprende gli stati del sud e nord America, Stati Uniti compresi – chiaramente ispirata al cosiddetto approccio “bilanciato” europeo, verso un riequilibrio delle politiche a favore della salute pubblica. Una serie di saggi discutono in profondità l’evoluzione delle politiche nei dodici principali paesi europei- tra cui l’Italia- per poi ricostruire i punti di convergenza.
Fondamentale in questa prospettiva il saggio di Franz Trautmann (Changing Paradigms in Drug Policies in EU member states: from digression to convergence). Lo studioso olandese, scomparso proprio nel periodo di preparazione del libro, individua come pilastro il cambio di paradigma, dal modello salute-centrato sulla dipendenza a quello del “benessere” (well-being): quest’ultimo permette “di cogliere l’impatto negativo, sociale e sulla salute dell’uso problematico di droga – visto come diminuzione del benessere-, ma anche permette di riconoscere e di capire gli effetti positivi del consumo per come sono percepiti dal consumatore”(p.247) (trad.ns.) . Su questo nuovo paradigma si appoggia la Riduzione del Danno.
Sta qui la portata innovativa fondamentale della Riduzione del Danno: il cambio di obiettivo – dalla “riduzione fino all’eliminazione del consumo” alla “riduzione delle conseguenze negative” (dell’uso e del contesto in cui questo avviene, compresi gli eventuali danni delle politiche di controllo adottate) – disegna una prospettiva di “gestione del fenomeno”, che segna un distacco definitivo dall’ideologia “morale”. E’ vero che l’implementazione della Riduzione del Danno è ancora lungi dall’essere omogenea nei vari paesi. Tuttavia, la raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2003 sulle politiche e sugli interventi di Riduzione del danno, ha dato una veste istituzionale a questa strategia, successivamente riconfermata nella Strategia UE 2005-2012 e seguenti. Un passo istituzionale non sufficientemente valorizzato. Proprio di questa convergenza, sancita in documenti ufficiali, l’Europa dovrebbe farsi forza, colmando il divario fra l’influenza culturale del suo modello e il suo peso politico modesto in sede internazionale. Molta strada c’è ancora da fare. Ce lo ricordano Dagmar Hendrich e Alessandro Pirona nel saggio “The changing face of Harm Reduction in Europe”, rievocando la triste vicenda della posizione europea unitaria, elaborata in vista del meeting di Alto Livello Onu del 2009: fallita per l’intransigente opposizione dell’Italia (di Giovanardi e Serpelloni) alla Riduzione del danno.