Dagli USA al Canada le politiche sulla cannabis sono ormai improntate alla regolamentazione legale. Dopo California da giugno 2018 anche il Canada è pronto. In America del nord 130 milioni di persone vivono in zone dove la pianta e legale: la strada è segnata.
Nel 2013 l’Uruguay è stato il primo Stato membro delle Nazioni unite a legalizzare la cannabis per tutti gli usi. Oggi sono 9 gli stati USA ad avere legalizzato sotto la spinta referendaria l’uso ricreativo della cannabis: Alaska, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Nevada, Oregon, Stato di Washington + Washington DC, 30 quelli dove è riconosciuto l’uso terapeutico; recentemente grazie al coraggio della politica anche il Vermont ha cambiato le proprie leggi. La Giamaica ha decriminalizzato la ganja per uso tradizionale. L’Olanda sta per presentare una legge per passare dalla tolleranza della vendita e consumo alla regolamentazione anche della produzione di cannabis. In Spagna e Belgio, nelle pieghe della legge, sono nati i Cannabis Social Club. Dall’altra parte del globo, nel 2019, la Nuova Zelanda voterà un referendum per scegliere se legalizzare la cannabis ricreativa.
I modelli di legalizzazione sono tanti e spesso diversi fra loro: dal business oriented “Made in USA” alla gestione statale dell’Uruguay, passando per regolamentazioni intermedie come quelle previste in Canada per arrivare a modelli che escludono a priori l’interesse economico come i Cannabis Social Club europei.
All’inizio di giugno il gruppo di esperti sulle droghe dell’Organizzazione Mondiale della Salute ha concluso la prima fase di revisione dello status internazionale della cannabis decidendo di consolidare quanto raccolto a livello di letteratura scientifica in una raccomandazione per arrivare alla ricollocazione della cannabis nel sistema regolamentatorio internazionale. Anche qui la strada per un approccio pragmatico, che coinvolga la scienza sembra essere è segnato e porta alla regolamentazione legale, della cannabis prima di tutto.
Usa, il colore dei soldi è sempre più verde
Da quando nel 2014 il primo negozio per la vendita legale di cannabis è stato aperto in Colorado, l’industria della marijuana Made in USA ha continuato la sua crescita esplosiva. Secondo il Business Factbook 2019, le vendite di marijuana legale negli Stati Uniti potrebbero raggiungere 10 miliardi di dollari entro il 2018 per arrivare a toccare i 22 miliardi entro il 2022. L’anno precedente il giro d’affari per la cannabis ricreativa e quella terapeutica aveva raggiunto i 6,2 miliardi di dollari. Se oggi le droghe illegali fossero tassate con percentuali simili a quelle previste per alcol e tabacco, le casse statuali e federali si arricchirebbero di 46,7 miliardi di dollari!
Il mercato legale della marijuana ricreativa aperto in California a gennaio di quest’anno contribuirà a incrementare le vendite nazionali di derivati della cannabis per tutti i fini da circa $2,7 miliardi nel 2017 ai 4 se non e 5 miliardi di dollari nel 2018. In Nevada, dove gli elettori hanno approvato le vendite di cannabis nel 2016, il governatore si è mosso velocemente consentendone il commercio già a luglio 2017, da allora è stata già venduta cannabis per oltre $304 milioni, $41 milioni solo a marzo 2018! Anche il mercato della marijuana terapeutica continua a crescere: Florida, New Jersey, Pennsylvania e Maryland ne hanno consentito negli ultimi anni la prescrivibilità, mentre in New Mexico e Arizona la produzione è rimasta costante. Tra giugno e novembre 2018, si vota in Oklahoma per legalizzare la cannabis terapeutica e in Michigan, Missouri e Utah quella per tutti fini. Questi significativi passi avanti a livello statuale avvengono a fronte di un’amministrazione centrale contraria all’uso terapeutico della cannabis e alla benché minima riforma delle leggi sulla marijuana. La cannabis rimane infatti illegale secondo la legge federale, creando enormi problemi bancari relativamente alla gestione dei proventi da vendita legale, e l’Attorney General Jeff Sessions a maggio 2018 ha di nuovo minacciato che il suo Dipartimento di Giustizia è pronto a un giro di vite contro le giurisdizioni che hanno legalizzato l’uso medico della pianta.
In linea coi colpi di scena che lo caratterizzano, a inizio giugno, il Presidente Donald Trump ha dimostrato interesse nei confronti della proposta di legge bipartisan della Senatrice Democratica Elizabeth Warren e del suo collega Repubblicano Cory Gardner per mettere in sicurezza dall’interferenza federale gli stati che hanno legalizzato. “Sostengo il senatore Gardner”, ha dichiarato Trump in risposta alla domanda di un giornalista l’8 giugno. “So esattamente cosa sta facendo, lo stiamo valutando, ma probabilmente lo sosterrò, sì”. Il provvedimento, che potrebbe essere “il più importante testo sulla cannabis legale introdotto nel Congresso USA” secondo Don Murphy del Marijuana Policy Project, e fa leva sul principio dell’autonomia dei singoli stati rispetto a quello federale, da sempre cara ai Repubblicani. La proposta di legge prevede di proteggere i programmi di cannabis legale dei singoli stati esentandoli dalle leggi federali sulla droga; consentirebbe ai singoli stati di decidere se rendere legale la marijuana; permetterebbe alle aziende del settore di accedere alle normali detrazioni fiscali, cosa oggi a loro negata; permetterebbe alle stesse di depositare gli incassi presso gli istituti bancari rendendo legali tutte le transazioni e i proventi da programmi di legalizzazione statale; infine rimuoverebbe la canapa industriale dalla lista delle sostanze controllate.
Secondo il sito DrugWarFacts.org ogni anno negli Stati Uniti continuano a venire spesi oltre 50 miliardi di dollari per la lotta al narcotraffico. Nel 2016 gli arresti per violazioni della legge sulla droga son stati 1.572.579 di cui 1.249.025, l’84%, per il solo possesso quasi sempre di marijuana. Malgrado alcune riforme del sistema penale introdotte dall’Amministrazione Obama, il numero di detenuti nelle carceri federali, statali e locali, resta il più alto del mondo: 2.157.000, il 54% dei quali è afro-americano o di origine latino-americana. Nel 2016 negli Stati Uniti son state registrate 64.070 morti per overdosi da oppiacei, un numero più che triplicato tra il 1999 e il 2015 e che ha colpito una popolazione bianca geograficamente diversa rispetto alle precedenti crisi di droga. Secondo i dati del Center for Disease Control and Prevention americano i decessi per overdose, tra sostanze legali e illegali, sono aumentati di un altro 12% da ottobre 2016 a ottobre 2017. La gravità dell’epidemia ha fatto prevedere al Congresso un miliardo di dollari di finanziamenti per affrontare la gravissima situazione.
Nel mentre, a causa di leggi draconiane, oltre 200mila studenti hanno perso l’idoneità finanziaria federale a causa di una condanna per droga. Il permanere di severe punizioni per reati connessi agli stupefacenti cozza con la costante diminuzione del tasso di criminalità in tutti gli USA dove, dopo picchi di violenza raggiunti negli anni Ottanta e Novanta, si è tornati ai livelli tra il 1960 e il 1970.
Dopo un paio di false partenze, una bloccata per motivi di conflitti d’interesse, da febbraio 2018 l’ufficio che alla Casa Bianca riassume le competenze sulla droga ha come direttore James W. Carroll Jr. figura di terzo piano già assistente del Presidente Trump e suo vice-capo di Gabinetto. La nomina di qualcuno con questo basso profilo conferma che la popolarità della regolamentazione legale viene gestita con risposte che interessano la difesa dell’ordine pubblico a livello territoriale e non il confronto politico con gli Stati che hanno legalizzato.
Secondo l’ultimo sondaggio del Pew Research Center dell’ottobre 2017, circa sei americani su dieci (61%) affermano che la marijuana dovrebbe essere legalizzata, un aumento costante nell’ultimo decennio e un incremento del 4% rispetto all’anno precedente; percentuali che sono quasi doppie rispetto al 2000 quando i favorevoli raggiungevano appena il 31%. La maggior parte dei Millennial (70%), Gen Xers (66%) e Baby Boomers (56%) affermano che l’uso della marijuana dovrebbe essere legale. Solo tra la cosiddetta generazione silenziosa (20 milioni di adulti tra i 70 e gli 80) si registra una netta opposizione (58%). Sette democratici su 10 sono a favore della legalizzazione, come il 65% degli indipendenti. Un ulteriore sondaggio Gallup sempre dello stesso periodo ha rilevato che il 51% degli intervistati con affiliazione politica repubblicana ha dichiarato di sostenere la marijuana legale, nel 2016 era il 42%.
A novembre 2018 si vota anche per il rinnovo totale della Camera dei Rappresentanti e quello parziale del Senato, nei colleghi dove c’è un testa a testa tra Democratici e Repubblicani la marijuana pare esser l’elemento che fa la differenza per orientare gli indipendenti e gli indecisi.
In Canada a ottobre sarà una grande festa del raccolto
L’8 giugno, il Canada ha accolto i membri del G7 come primo paese fra i “7 grandi” ad avere legalizzato la cannabis ricreativa. Il giorno prima infatti, con un voto di larga maggioranza (56 favorevoli, 30 contrari e 1 astenuto) e dopo 6 ore di discussione in aula, il Senato canadese aveva approvato il testo del Cannabis Act.
Il Cannabis Act prevede la legalizzazione della produzione, distribuzione, vendita e possesso di piccole quantità (30 grammi) di cannabis ricreativa per gli adulti, la decriminalizzazione per i minori e la possibilità di coltivare sino a 4 piante per famiglia per uso personale. Il testo è frutto di un lungo processo partecipato che ha coinvolto prima una task force tecnica, poi 30.000 fra soggetti portatori di interessi, cittadini e associazioni. All’interno del quadro legislativo nazionale si inseriscono le normative locali, lasciate all’autonoma decisione delle province e dei territori canadesi che hanno più o meno già definito, spesso con percorsi di consultazione pubblica, il loro quadro di regole.
Il modello canadese appare come una via di mezzo fra quello fortemente statalizzato uruguaiano e il modello più commerciale che vige in 9 stati USA. Lo Stato concederà le licenze per la produzione, ma distribuzione e vendita saranno regolate a livello locale. In alcuni casi, come in Ontario e Quebec, queste saranno gestite da aziende di proprietà pubblica (che già gestiscono ad esempio l’alcol), in altri lasciate all’iniziativa privata come in Alberta. La provincia del British Columbia e altre faranno invece coesistere i due canali di vendita. Vi saranno differenze anche rispetto ai luoghi dove si potrà fumare: in Alberta e in altre province si potrà consumare cannabis ovunque si possa anche fumare tabacco, mentre in Ontario sarà consentito solo l’uso all’interno della residenza o della propria proprietà (vedi scheda sulla legalizzazione nelle americhe).
Manitoba, Nunavut e Quebec, vorrebbero vietare la coltivazione domestica, in contrasto con la previsione generale del Cannabis Act. Proprio su questo punto si è incentrato parte dello scontro sugli emendamenti approvati al Senato, ed alla fine non è passata la possibilità di lasciare alle province l’opzione di vietare o meno l’autocoltivazione. Il Governo, per bocca del Ministro della Giustizia Wilson-Raybould ha comunque detto che non è intenzione governativa contestare le leggi provinciali, di fatto disinnescando lo scontro istituzionale.
Secondo un recente rapporto, il mercato della cannabis ricreativa nel 2019 potrebbe valere in Canada circa 2,8 miliardi di euro, oltre ai 1,2 miliardi di quella terapeutica. Il Canada, grazie a un forte sviluppo delle industrie legate alla cannabis terapeutica (270.000 pazienti registrati, 6 tonnellate di produzione mensile fra infiorescenze e olii) ha già un tessuto imprenditoriale pronto a entrare nel mercato ricreativo. Si tratta di oltre 100 aziende che in questi mesi hanno letteralmente galoppato in borsa, protagoniste anche di operazioni di acquisizione e espansione: l’indice dei titoli è aumentato del 125% nell’ultimo anno, alcuni sono quadruplicati di valore.
Dopo la California, che rappresenta il quinto PIL mondiale, il Canada (11esimo) è la seconda importante economia nazionale che regolamenterà l’uso ricreativo della cannabis. A differenza degli USA dove, come detto, permane reato federale creando anche grossi problemi per la gestione finanziaria delle imprese (le banche USA non possono accettare i depositi da attività illegali a livello federale, problema che è arrivato a interessare in parte anche l’Uruguay), in Canada per la prima volta si potrà testare l’emersione completa del mercato, anche dal punto di vista strettamente economico.
L’iter legislativo è durato oltre un anno dalla presentazione formale del disegno di legge. Martedì 19 giugno il Senato, chiamato ad esprimere il suo parere definitivo dopo che gli emendamenti inseriti a inizio giugno erano stati bocciati dalla maggioranza alla Camera, ha votato (52 a 29 e 2 astenuti) il via libera.
Ottenuto il visto della Regina Elisabetta, il Governo aveva già annunciato che sarebbe stato concesso tempo perchè le province e le altre parti interessate possano essere pronte per le vendite al dettaglio. Il primo ministro Justin Trudeau ha annunciato personalmente che il 17 ottobre 2018 la cannabis tornerà legale in Canada dopo 95 anni di proibizionismo.
Sarà una vera e propria festa del raccolto, quest’anno in Canada.