Ringrazio gli organizzatori per avermi invitato. Questo è proprio uno dei miei argomenti preferiti: il sistema dei trattati, di cui mi sono occupato nel dettaglio per più di vent’anni. Forse è arrivato il momento di andare oltre e nel mio intervento vorrei sollevare tre punti. Anzitutto qual era l’obiettivo della Convenzione unica del 1961 e in che misura è stato raggiunto o se si è trattato di una perdita di tempo. In secondo luogo, quali sono i principali problemi riguardanti quel trattato e anche il sistema dei trattati in generale. E infine, e questo è probabilmente il punto principale per la discussione di questo incontro: c’è un modo per riformare queste convenzioni o come dovremmo sennò andare avanti?
Che cosa voleva raggiungere la convenzione unica? Aveva un duplice obiettivo: da una parte garantire la disponibilità degli stupefacenti per scopi medici e scientifici; dall’altra evitare che uscissero dalla lista e dalle tabelle delle sostanze che non dovevano essere sul mercato ed evitare quindi che ci entrassero. Le Convenzioni sono state costruite sui trattati antecedenti alle due Guerra Mondiali. L’idea di base era cercare di valutare cosa serviva a livello mondiale per uso medico e limitare la produzione e il commercio internazionale solo a quelle quantità che servivano per uso medico in base alle necessità di tutti i firmatari del trattato. Naturalmente chi imbrogliava, chi produceva di più, o inviava qualcosa a un Paese che non aveva firmato la convenzione, chiunque quindi avesse violato, imbrogliato il sistema, sarebbe stato punito. Questa era l’idea alla base della convenzione.
Ci sono stati due vizi di fondo che abbiamo ereditato dalla convenzione: misure di controllo molto dettagliate, e un sistema di amministrazione altrettanto dettagliato che ancora oggi è in atto – molto dettagliato per evitare che ci fosse lo spostamento a livello internazionali dei mercati degli stupefacenti dal legale all’illegale. Questa parte del trattato ha funzionato bene in realtà, perché uno dei suoi punti principali è che fino ad allora non c’erano misure che dettagliassero come garantire la disponibilità di queste sostanze per uso medico. Esistevano delle stime, però bisognava confrontarle con le esigenze reali dei Paesi, coi bisogni veri. A causa di questo vizio l’intero sistema si è inclinato, per così dire, solo verso un lato.
Le autorità che dovevano applicare la Convenzione hanno preferito coprirsi le spalle, rimanere al sicuro per così dire, e la priorità è diventata la prevenzione dello spostamento di queste sostanze e la punizione di chi le commerciava per uso non medico. La conseguenza è stata che la disponibilità di queste sostanze e prodotti per uso medico ha subito un impatto negativo molto forte. La pandemia del dolore in molti Paesi è dovuta al fatto che, appunto, il dolore non viene alleviato per la mancanza di accesso a queste sostanze per controllare il dolore per grossa parte della popolazione mondiale. Il secondo pilastro era il fatto che ci si è concentrati sull’offerta, perché se si poteva fermare la fuoriuscita di queste sostanze farmaceutiche verso il mercato non ci sarebbe più stata disponibilità di queste sostanze per il mercato illegale. Il sistema non ha capito che la fornitura per l’uso non medico sarebbe stata sostituita da una produzione illegale. Non bastava fermare la fuoriuscita dalle farmaceutiche. Forse è difficile da immaginare oggi, ma prima della Convenzione unica, prima della sua applicazione, il grosso del mercato dell’eroina, il mercato illegale, proveniva da fonti farmaceutiche legali! La Convenzione unica non è riuscita a ovviare al problema della produzione illegale che stava crescendo. Ecco perché poi è stata aggiunta una seconda Convenzione nel 1971 e soprattutto una terza nell’88, e qui è iniziata l’escalation della guerra alla droga, la militarizzazione del controllo dell’offerta con strumenti di persuasione di massa contro la droga.
Ma arriviamo alla situazione di oggi in cui gli effetti della riduzione del mercato sono minimi. Quindi quali sono i problemi principali di questo sistema creato dalla Convenzione unica in particolare? A parte questi vizi di fondo di cui ho parlato, uno dei problemi principali nella Convenzione del 1961 è che il trattato ha esteso il controllo a livello delle colture, delle coltivazioni delle piante materie prime. I trattati precedenti si concentravano sull’estrazione, la fabbricazione, la produzione e il commercio internazionale, ma non sulla produzione.
C’è anche una storia coloniale da tenere presente come sostrato della Convenzione: la maggior parte delle colonie avevano secoli di utilizzo tradizionale di queste piante e quando gli europei hanno occupato questi Paesi hanno fatto molti profitti consentendo a queste tradizioni di andare avanti istituendo veri e propri monopoli di produzione. La Convenzione unica ha sostenuto le lotte di liberazione, quindi, dopo aver perso i monopoli coloniali, c’è stata poi la pressione degli Stati, con gli USA in testa per introdurre questo sistema, questo regime, così repressivo.
Sono state condannate all’estinzione colture antiche per quanto riguarda l’uso dell’oppio, della cocaina e della cannabis perché nei paesi che le producevano da sempre c’era una combinazione di uso medico, religioso e rituale. Questo significa che stiamo violando i diritti indi degli indigeni, vere e proprie violazioni dei diritti di base di queste popolazioni.
Il secondo problema è la “tolleranza zero” che è al cuore di queste convenzioni. Cioè le piante sono trattate come le sostanze che vengono estratte e non c’è distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, nonostante tutte le tabelle che sono state pubblicate e aggiornate negli anni. La cocaina e l’oppio sono nella stessa tabella, così come l’hashish, l’olio di hashish, ecc… Questo ha reso tutto molto difficile in termini di riduzione poi del danno perché c’è lo stesso controllo rivolto a tutte le sostanze e non è graduato, non c’è attenzione al rischio sanitario, come non c’è un occhio di riguardo per le sostanze meno problematiche rispetto a quelle più pesanti.
Il problema fondamentale delle tre Convenzioni riguarda la natura punitiva in generale, l’obbligo degli Stati di colpire con sanzioni penali le colture non autorizzate, Sono gli Stati che decidono che si tratta di reati gravi che devono essere puniti anche con pene detentive.
Ci sono sempre delle vie di fuga dalla Convenzione sulla base dei principi costituzionali degli Stati, ma già nella convenzione del ’61 si vede questo impianto punitivo, penalizzante, che vuole rendere tutto reato e con pene molto dure. Quindi, guardando tutti questi problemi che cosa si può fare? Dopo decenni in cui abbiamo visto quali sono i limiti della Convenzione, in cui abbiamo a volte notato un po’ di flessibilità per le politiche, ci sono alcuni Paesi che hanno cominciato a difendere il loro spazio rispetto all’interpretazione della Convenzione. Ci sono degli Stati che sanzionano l’uso non medico di queste sostanze e altri che hanno detto che questo non è costituzionale (per esempio il Canada, l’Uruguay, il Messico e altri). Sono stati coraggiosi a opporsi a questa interpretazione così rigida della Convenzione perché, come abbiamo detto, ci sono delle situazioni che giustificano delle violazioni delle Convenzioni (se per esempio queste violazioni vanno a beneficio della salute pubblica). Inoltre, c’è anche da dire che gli Stati Uniti non possono più essere coloro che dettano le regole. Anche dal punto di vista delle Nazioni Unite: non sono stati mandati i caschi blu in Canada o in Bolivia! Questo che significa? Non è che si possono semplicemente ignorare questi trattati però sarebbe troppo facile ignorare semplicemente le Convenzioni dicendo che ormai sono obsolete, perché vogliamo comunque il rispetto del diritto internazionale. Non vogliamo che tutti gli Stati comincino a ignorare tutti i trattati, non è questo, il diritto internazionale non è un menù à la carte in cui si sceglie questo sì e questo no. Chi vìola un trattato delle Nazioni Unite perde legittimità nei confronti degli altri Paesi, parlando soprattutto di diritti umani. E soprattutto ai Paesi che hanno meno potere lo stato di diritto internazionale offre loro protezione, l’unica forma di protezione che hanno nei confronti delle superpotenze.
Ignorare un trattato che si è firmato, oppure inventare un’interpretazione super flessibile per convenienza politica, ha delle conseguenze a livello di comunità internazionale. Detto ciò le leggi che non sono buone, i trattati che non sono buoni, non meritano rispetto, non meritano di essere rispettati e spesso devono essere infranti prima che alcuni Paesi possano porre su di loro l’attenzione. Quindi infrangerli in certi casi può essere positivo, ed è proprio in base al rispetto dei principi del diritto internazionale che alcuni Paesi violano alcune norme per cercare di risolvere il conflitto tra alcuni obblighi sociali che hanno e gli obblighi internazionali.
Certo è più facile dirlo che farlo, perché qualunque posizione contraria al trattato trova un’opposizione molto forte. In Occasione del voto del 20 dicembre 2020 in seno alla Commissione Droghe delle Nazioni unite, abbiamo visto che il consenso sulla cannabis è molto polarizzato. Però c’è stata una prima rottura di quello che fino ad allora era un vero e proprio consenso. Il consenso comincia a essere incrinato a causa delle incoerenze tra le Convenzioni del ’61 e del ’71. La soluzione migliore sarebbe ricominciare da zero e parlare di una nuova “convenzione unica” che sostituisca le tre che abbiamo, che sia aggiornata, che tenga conto dei nuovi sistemi, che si basi su tutti i nuovi sforzi che sono stati compiuti in questo campo nel frattempo, negli ultimi decenni.
Il problema è che riuscire ad avere una confluenza di opinioni su questo tema è davvero problematico, non è per niente facile, perché le posizioni al momento restano molto polarizzate. Non c’è un nuovo consenso per poter intraprendere una strada nuova, quindi anche piccoli emendamenti sono anche difficili da negoziare all’ONU di Vienna. Recentemente abbiamo avuto la revisione proposta dall’OMS sullo status della cannabis, cioè è stata rivista nella sua totalità, sono stati suggeriti dei cambiamenti nelle tabelle e questo ha richiesto un voto a maggioranza semplice, non c’è stato bisogno di un consenso unanime. La raccomandazione dell’OMS che è stata votata favorevolmente è stata cruciale: togliere dalla tabella 4 la cannabis. Ma l’intero processo dimostra quanto è polarizzata la situazione in termini di regolamentazione soltanto della cannabis, e dell’inserimento nella tabella, senza trovare altre soluzioni.
Un’altra opzione è quello che ha fatto la Bolivia anni fa per le foglie di coca: è uscita dalla Convenzione per poi aderire di nuovo con una riserva proprio sulle foglie di coca, con una misura specifica dicendo che in Bolivia le foglie di coca non sono più considerate sostanze controllate. Un’altra possibilità, più elegante, di cui forse si potrà parlare nel corso del dibattito, è una cosa di cui abbiamo parlato con un gruppo di giuristi internazionali, un’opzione della convenzione di Vienna sui trattati, di proporre una riserva congiunta, ovvero un gruppo di Paesi possono mettersi insieme e concordare di modificare alcune misure del trattato solo tra di loro con un accordo che si chiama inter se. Questa è un’altra soluzione da considerare anche perché potrebbe essere l’avvio di un dibattito su un possibile nuovo sistema di trattati, oppure una nuova Convenzione unica, e ci potrebbero essere vari Paesi che si mettono insieme con questo accordo inter se facendo crescere l’attenzione su questo tema.
Per concludere vorrei fare un’altra citazione dell’INCB, della Giunta Internazionale per gli Stupefacenti, una citazione che è pertinente per quanto riguarda gli addendum alla relazione annuale anche in occasione dell’anniversario della convenzione del 1961. Nel suo preambolo dice “l’INCB considera che il sistema attuale sia di importanza cruciale per risolvere le nuove e vecchie sfide della droga a livello mondiale, ma allo stesso tempo chiede una riflessione sulle possibili alternative e sugli accordi o strumenti aggiuntivi a forme di collaborazione aggiuntive per rispondere ai cambiamenti della natura e nella evoluzione del problema”. Io questo lo vedo come un segno che anche l’INCB si sta aprendo ad altri possibili scenari per il futuro e non vedo l’ora di sentire quello che ha da dire Francisco Thoumi per vedere se davvero si perseguirà questa strada dell’apertura verso altre possibilità e anche la strada verso la sfida a un sistema che ormai è obsoleto.
Note
Gli interventi di Martin Jelsma, Francisco Thoumi e Rebecca Schleifer che seguono sono stati pronunciati durante il webinar promosso il 30 marzo 2021 da A Buon Diritto, Antigone, Arci, CGIL, CILD, CNCA, Comunità di San Benedetto al Porto, Encod, Forum Droghe, ITANPUD, Itardd, l’Altro Diritto, la Società della Ragione, Legacoopsociali, Legalizziamo, Associazione Luca Coscioni, LILA, Meglio Legale, Science for Democracy proprio in occasione del 60esimo anniversario dell’adozione della Convenzione Singola sulle droghe narcotiche e psicotrope del 1961.
Si ringrazia Elisabetta Carraro per le trascrizioni. Le traduzioni e le revisioni di Marco Perduca non sono state condivise con gli autori.
Gli interventi originali di tutto il webinar del 30 marzo possono essere ascoltati sul sito di Fuoriluogo: https://fuoriluogo.it/epicfail.