Non faccio più parte della Giunta internazionale per gli stupefacenti, INCB dall’aprile del 2020, ma sono stato quello che ha promosso il primo capitolo e sono felice di sapere che la Giunta ha deciso di adottare questo capitolo. La presentazione che farò qui riflette la mia esperienza di otto anni nell’INCB.
All’inizio ero molto frustrato, il terzo giorno in cui sedevo all’INCB ho chiamato Martin Jelsma e gli ho detto “mi dimetto!”, lui ha insistito che dovessi rimanere e alla fine sono rimasto. Ho trovato un sistema che era molto semplice, che presumeva che i problemi legati alla droga fossero semplici e un semplice divieto, una politica di divieti, fosse sufficiente a risolvere il tutto. Il sistema era promosso da un gruppo di rappresentanti religiosi, diplomatici, giuristi, professionisti sanitari occidentali, e la politica era una politica imposta dall’alto – cosa che è ancora comune nei regimi autoritari.
Queste Convenzioni autorizzavano i governi a varare delle politiche dure, forti, che fossero punitive e questo ha giustificato la guerra agli stupefacenti e anche violazioni dei diritti umani. Non v’è dubbio che il sistema ha un elemento di autoritarismo forte e tutti i Paesi con governi autoritari, con cultura autoritaria, non hanno problemi a conformarsi a questo sistema. Inoltre c’è un consenso per cui la Convenzione, che dovrebbe essere riformata, non può essere emendata!
Nella riunione annuale della Commissione Droghe dell’ONU (CND) e nelle sessioni speciali dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stato riaffermato il divieto dell’uso non scientifico e non medico delle droghe. Io credo che si debba decostruire la logica interna della Convenzione. Quando arrivai alla Giunta sono stato colpito dal fatto che la Convenzione definisce tanti concetti e l’idea di cosa è l’uso medico e scientifico delle droghe sembrava essere qualcosa che tutti conoscessero, l’idea di benessere e di salute si davano per scontate; ma temo che invece siano concetti che vanno ben definiti e che tanto noti non erano.
Il sistema nelle Convenzioni nel ’61 e ’71 voleva promuovere il benessere e la salute dell’umanità. Tuttavia, la versione francese e spagnola hanno una traduzione diversa. Si parla di salute fisica e morale e questo confonde. In tutti gli anni in cui si è tentato di controllare gli stupefacenti abbiamo visto che in realtà l’uso delle sostanze psicoattive è anche sociale, sperimentale, rituale e quindi questo obiettivo, cioè di un mondo senza droga, è ormai riconosciuto anche dalle Nazioni Unite come irraggiungibile. La mancanza di definizioni di questi concetti è quello che ha consentito all’INCB di dare definizioni diverse nelle Convenzioni nel tempo e nello spazio a seconda della posizione dell’INCB. Nel caso della marijuana, per esempio, ci sono voluti vent’anni per la Giunta per gli stupefacenti: è stato infatti nella relazione del ’95-’96 che l’INCB ha affermato che i coffee shop dell’Olanda non rispettavano la Convenzione. Anche con l’Uruguay la Giunta è stata molto chiara. Non appena il Congresso dell’Uruguay ha cominciato a discutere la possibilità di legalizzare la marijuana, l’INCB ha cominciato a fare pressione sul governo dell’Uruguay dicendo che non rispettava la Convenzione. Però non sempre c’è stato consenso all’interno della Giunta, negli anni la posizione si è evoluta e adesso, per quanto riguarda l’Olanda e l’Uruguay, l’INBC semplicemente dice che non rispettano la Convenzione, e chiede di esser tenuta al corrente sugli sviluppi delle loro sperimentazioni.
Anche per quanto riguarda i diritti umani c’è stata un’evoluzione. Ci sono state fasi storiche in cui il board ha ritenuto che i diritti umani andassero oltre il mandato e che quindi l’INCB non dovesse esprimersi sulla questione. Si sono però, per esempio, dimenticati dei diritti delle comunità indigene di masticare le foglie di coca.
Nel 2012 sono stati eletti alcuni membri “lungimiranti” dell’INBC e il board ha cominciato a cambiare posizione sui diritti umani. Lo si vede nel rapporto annuale del 2014. Oggi la posizione è che le politiche contro la droga dovrebbero rispettare i diritti umani di tutti gli attori della filiera degli stupefacenti illegali, inclusi coltivatori, trafficanti e utilizzatori, anche di chi ricicla il denaro, eccetera… E dice anche che queste politiche dovrebbero avere anche un approccio di genere, che tenga in considerazione le donne. Poi sottolinea anche che le politiche di sanità pubblica devono occuparsi di riduzione del danno. Inoltre, l’INCB si è opposta fortemente alla pena di morte e alle condanne troppo dure nei confronti dei consumatori perché ritiene che le condanne dovrebbero essere sempre basate su un interesse di salute pubblica.
Le varie agenzie del sistema ONU devono capire che c’è una complessità. L’UNODC ha adottato questa narrazione della complessità. Si dice che adesso ci sono diverse giurisdizioni legali, che ci sono culture diverse nei vari Paesi; inoltre, che il traffico illegale delle droghe è solo uno dei rami dell’attività criminale, che include tanti reati, tra cui rapimenti, estorsioni, eccetera. Inoltre, l’attività criminale è incoraggiata dall’ineguaglianza sociale, dalla discriminazione, dall’isolamento, dalle crisi economiche, dalla disoccupazione, eccetera… e che questi elementi determinano il livello di vulnerabilità delle società nei confronti della criminalità organizzata che si sviluppa invece in queste condizioni.
L’adozione di questa narrazione è un fatto, però siamo di fronte a sfide sempre diverse. Il sistema deve accettare le conseguenze di quello che abbiamo di fronte, cioè la complessità. Quando si guardano i documenti si vede che ancora oggi le politiche che vengono attuate nei confronti della droga non sono adeguate, si continua con i divieti e questo è stato giustificato dall’affermazione infondata che i costi sociali generati dalle tossicodipendenze sono incommensurabili. In altri termini non c’è nessun costo nel mercato illegale della droga che possa essere più elevato.
Tuttavia, le agenzie dell’ONU adesso vogliono adottare dei nuovi metodi politici, più “moderni”, delle politiche che mantengano i divieti, ma che siano basate sulle evidenze. Questo è IL passo avanti. C’è però un paradosso perché loro stessi non sostengono le politiche basate sull’evidenza: chiedono politiche basate sull’evidenza per sostenere le loro politiche che non sono basate sull’evidenza. Ecco perché il problema grosso oggi è accettare le conseguenze della complessità. Una volta che si accetta la correlazione tra tanti problemi nella società bisogna poi concludere che non c’è una causalità diretta e quindi non ci sono soluzioni singole, perché ci sono tanti fattori interdipendenti all’interno del contesto sociale in cui si applicano queste soluzioni. E quindi le soluzioni devono provenire dalla sperimentazione e dall’innovazione e la diversità deve essere accettata.
L’attuale scienza delle politiche per la droga ha riscontrato che le politiche verticali non funzionano eccetto quando la cultura e il governo sono autoritari. L’evoluzione della scienza sociale dopo la ratifica delle Convenzioni mostra che si sono avuti tanti progressi nella comprensione del comportamento umano e ci sono nuove conoscenze che offrono la possibilità di varare politiche che rispettino e promuovano i diritti umani e l’uguaglianza.
Voglio concludere con una modesta proposta, che non è una proposta specifica, perché non ci sono soluzioni miracolose. Abbiamo bisogno di un cambiamento nell’approccio di formulazione delle politiche, la sfida è ammodernare il sistema di generazione delle politiche sulla droga attraverso un processo di co-generazione della politica che coinvolga tutti i portatori di interessi, altrimenti non si può avere un successo.
Non si possono avere politiche nei Paesi liberali che siano di successo senza questo tipo di approccio di co-generazione. Questo significa che dobbiamo reinterpretare le Convenzioni. Dobbiamo avere la possibilità di avere una reinterpretazione, di espandere la definizione di salute, di benessere, di medicina, di scienza.
Note
Gli interventi di Martin Jelsma, Francisco Thoumi e Rebecca Schleifer sono stati pronunciati durante il webinar promosso il 30 marzo 2021 da A Buon Diritto, Antigone, Arci, CGIL, CILD, CNCA, Comunità di San Benedetto al Porto, Encod, Forum Droghe, ITANPUD, Itardd, l’Altro Diritto, la Società della Ragione, Legacoopsociali, Legalizziamo, Associazione Luca Coscioni, LILA, Meglio Legale, Science for Democracy proprio in occasione del 60esimo anniversario dell’adozione della Convenzione Singola sulle droghe narcotiche e psicotrope del 1961.
Si ringrazia Elisabetta Carraro per le trascrizioni. Le traduzioni e le revisioni di Marco Perduca non sono state condivise con gli autori.
Gli interventi originali di tutto il webinar del 30 marzo possono essere ascoltati sul sito di Fuoriluogo: https://fuoriluogo.it/epicfail.