Nelle politiche in materia di droga si incrociano due aspetti: da una parte una domanda di sicurezza sociale, spesso centrata su motivazioni securitarie e “contenitive” del fenomeno e non di rado enfatizzata e manipolata da allarmi sociali, e dall’altra l’esigenza di garantire la salute e il benessere delle persone che consumano sostanze.
Nei documenti istituzionali e nei progetti portati avanti negli Stati membri dell’Unione Europea l’equilibrio tra questi due insiemi di obiettivi è una delle questioni centrali, resa complessa da un insieme di fattori.
Gli elementi di maggiore difficoltà riguardano lo squilibrio a favore di un approccio legale e penale rispetto a quello di inclusione sociale e di protezione della salute; l’insufficiente sviluppo delle politiche di riduzione del danno legato al consumo di stupefacenti, sia a livello sociale che individuale; la stigmatizzazione dei consumatori e la loro conseguente esclusione sociale e difficoltà nell’accesso ai servizi, sia a quelli ad essi dedicati sia a quelli di prevenzione primaria e di promozione del benessere.
I cambiamenti, inoltre, delle sostanze psicotrope presenti nella scena sociale e dei modelli relativi al loro uso richiedono una continua verifica e un costante aggiornamento degli obiettivi e delle politiche in questo campo.
In un processo così complesso, i risultati delle politiche attuate e la valutazione del loro impatto sono la premessa necessaria per qualsiasi intervento che voglia essere sostenibile, realistico e al tempo stesso efficace.
Gli organismi europei e il Gruppo di lavoro Orizzontale sulla Droga (HDG) dell’Osservatorio Europeo sulle Droghe e le Tossicodipendenze (OEDT) promuovono l’adozione di un approccio evidence-based nella valutazione, coerente con i metodi di ricerca accreditati a livello internazionale, ma – parimenti – l’impegno a rispettare i diritti umani è esplicitamente menzionato nella strategia e nei piani d’azione dell’UE in materia di droga.
A livello internazionale, un approccio basato sui diritti umani nella valutazione delle politiche è ormai consolidato e validato in molti campi, non solo quello delle droghe ma anche nel settore più generale della salute, del lavoro e della giustizia. Nel campo specifico delle politiche sulle droghe la stessa Commissione europea ha sostenuto e promosso iniziative e progetti volti a sviluppare metodologie che tengano in considerazione i diritti umani nella valutazione di impatto.
A fronte di tutto ciò, mentre tutti gli Stati europei hanno – sia pure con diverse connotazioni scientifiche – sistemi di valutazione dei processi e dei risultati degli interventi, non tutti hanno sistemi di valutazione efficaci per quanto riguarda la totalità delle politiche delle droghe (ad esempio: legislazione, applicazione della legge, ricorso alla carcerazione, tutela della salute, protezione sociale). Inoltre, pochi Stati membri hanno un sistema di valutazione dell’impatto di tali politiche sia sui consumatori sia sui contesti sociali, che integrino l’approccio evidence-based con quello basato sui diritti umani.
L’approccio centrato sui diritti umani: i modelli
Un primo esempio è costituito da Gallahue e Barrett (2012), che hanno prodotto un “toolkit”, Human Rights Impact Assessments: Due Diligence for Drug Control, in cui segnalano palesi violazioni dei diritti umani in campo penale quando la persona sottoposta a giudizio è un consumatore di sostanze.
Fanno riferimento alle esecuzioni extragiudiziali, ai tribunali “speciali” per i reati connessi alla droga che non rispettano la procedura penale, alle punizioni corporali in palese violazione della proibizione della tortura e dei trattamenti punitivi disumani o degradanti, ai centri di detenzione e alle detenzioni arbitrarie, a cui contrappongono il diritto alla salute e le politiche di riduzione del danno.
Nel loro contributo descrivono un modello, che adotta una pluralità di metodi, quadri di riferimento e indicatori, costruito con l’obiettivo di misurare i rischi e l’impatto nell’ambito dei diritti umani.
E’ costituito da indicatori strutturali (come la legge nazionale in vigore), indicatori di processo (ad esempio i dati relativi ai processi in corso per reati connessi con l’uso di droga e in particolare la proporzione tra i condannati e coloro che ottengono la revisione del processo), indicatori di esito (di particolare importanza, seppur di complessa identificazioni, e relativi allo stato del godimento dei diritti umani in un dato contesto). Identificati i possibili rischi, l’impatto delle misure adottate dovrebbe essere reso evidente dai dati raccolti periodicamente e può consentire un continuo monitoraggio attraverso periodiche e sistematiche raccolte di dati.
Un secondo esempio, di particolare interesse e probabilmente di maggiore applicabilità, è il contributo del Danish Institute for Human Rights (2016), che ha pubblicato Human Rights Impact Assessment Guidance and Toolbox, un modello basato su cinque step: progettazione e osservazione, raccolta dati (per determinare la situazione al tempo 0 e stabilire gli indicatori per valutare i diritti umani), analisi dell’impatto (il quadro di riferimento per esaminare la gravità dell’impatto), attenuazione e gestione dell’impatto, report di valutazione.
In tutto il processo è centrale il coinvolgimento degli stakeholder (portatori di diritti e di doveri).
L’interesse di questo modello risiede principalmente in due aspetti: il primo riguarda i potenziali effetti negativi e iatrogeni di un intervento sociale. Mentre in genere si parte dal presupposto che un intervento conduca necessariamente a esiti positivi, nel campo delle politiche sulle droghe questa sequenzialità non è affatto scontata: sia le politiche che privilegiano il penale al sociale, sia quelle di tipo sanitario, disease centered (centrate sul consumo e la dipendenza come patologia), possono ridurre il fenomeno (uso di sostanza) ma impattare negativamente sui diritti umani. Il fatto che si parli di gravità dell’impatto e di attenuazione di esso dimostra la presa in carico di queste possibili – e non scontate – criticità.
Il secondo aspetto è la centralità delle figure degli stakeholder che sono non solo le persone (e i gruppi) interessati come target delle politiche (i consumatori) e come figure presenti nel contesto, ma anche tutti coloro che a livello sociale sono garanti dei diritti della cittadinanza, in campo legale, politico, sanitario. Verificare in ogni step dell’intervento il loro punto di vista permette quindi di attuare un monitoraggio politico e sociale, puntuale ed efficace, dell’intervento molto prima di arrivare al report finale.
Il ruolo della società civile
In questo quadro le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo fondamentale nell’attuazione di misure efficaci per prevenire e limitare i rischi connessi all’uso di droga.
Il piano d’azione dell’UE per il periodo 2017-2020 prevede esplicitamente e sostiene la partecipazione della società civile alle politiche sulle droghe e in particolare il suo ruolo nell’elaborazione, nel monitoraggio e nella valutazione delle politiche e degli interventi: “Promuovere e rafforzare il dialogo e la partecipazione della società civile e della comunità scientifica nella formulazione, attuazione, monitoraggio e valutazione delle politiche sulle droghe” (OB 9, Azione 31). Il loro ruolo è quindi centrale, in particolare se l’obiettivo è la promozione di un approccio di valutazione dell’impatto delle politiche sulle droghe basato sui diritti umani.
Il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile è fondamentale per il ruolo di advocacy che svolgono; per la loro capacità di produrre un cambiamento a livello locale, nel rapporto tra cittadini e istituzioni; per la condivisione di metodi e buone pratiche basati sui diritti umani; e per lo scambio e la verifica di conoscenze e competenze riguardanti gli interventi.
Anche le strategie europee degli ultimi anni in materia di droga ne sottolineano l’importanza, dedicando una particolare attenzione al loro ruolo nella promozione dei diritti. Il programma per la Prevenzione e l’Informazione sulla Droga (DPIP) attuato tra il 2007 e il 2013 includeva infatti priorità come “garantire l’espansione della base di conoscenze, lo scambio di informazioni e l’identificazione e la diffusione delle migliori pratiche; coinvolgere la società civile nell’attuazione e nello sviluppo della strategia e dei piani d’azione antidroga dell’UE e monitorare, attuare e valutare l’attuazione di azioni specifiche nell’ambito dei piani d’azione sulla droga (2005-2008 e 2009-2012)”.
Ugualmente il programma Giustizia (2014-2020) evidenziava la necessità di sostenere le organizzazioni della società civile per rafforzarne le funzioni già citate di advocacy, capacità di intervento a livello locale e di promozione di standard di qualità negli interventi sul consumo di sostanze.
La Commissione Europea, inoltre, sostiene attualmente programmi incentrati sullo sviluppo del dialogo tra società civile e decisori politici, come il progetto di partecipazione della società civile alla politica in materia di droga (CSI-DP) (2016-2018), che mira a istituire consultazioni permanenti negli Stati membri in una prospettiva partecipativa.
Recentemente, in occasione dell’Assemblea UNGASS a New York del 2016, la stessa Commissione ha messo in risalto il valore della prospettiva dei diritti umani come contributo europeo e come elemento basilare per la politica sulle droghe.