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Piove e fa freddo a Quebec City. Del resto è ottobre inoltrato e il tipico foliage autunnale è spettacolare. Ma le variazioni cromatiche autunnali quest’anno non riguardano solo le foglie d’acero. Il Quebec infatti è la provincia canadese che si è contraddistinta non solo per la regolamentazione più rigida rispetto alla legalizzazione della cannabis, ma anche quella dove sono più variegate le differenti normative municipali.

Saranno solo i maggiori di 18 anni (ma il nuovo governo ha già annunciato di voler innalzare a 21 anni, il limite più alto di tutto il Canada) a poter accedere ai negozi della Société québécoise du cannabis (SDQC), l’azienda spin off della concessionaria provinciale per la distribuzione degli alcolici chiamata a sovrintendere il mercato. Ma soprattutto sarà vietata l’autocoltivazione, in aperto contrasto con le norme nazionali. Il governo di Ottawa pare aver rinunciato al momento allo scontro su questo, prendendo una posizione morbida per rispetto delle sensibilità locali.

Lo stesso lavoro dell’SQDC rispetto all’apertura dei negozi di vendita al dettaglio è stato fatto di concerto con le municipalità. Tanto che rispetto alle eventuali problematiche di inserimento degli store nel tessuto cittadino, l’ufficio stampa della società risponde “apriamo i negozi solo dove siamo benvenuti, lavorando a stretto contatto con le municipalità“. Questo ha significato, ad esempio, che a Quebec City i 3 store che apriranno il prossimo 17 ottobre siano tutti e 3 collocati in periferia. L’ipotesi di aprirne uno nel centro della più vecchia città del Quebec è stata abbandonata, nonostante la collocazione trovata rispettasse ampiamente le norme rispetto alle distanze dai luoghi sensibili. A Montreal invece si prevede l’apertura nella più centrale e commerciale Rue Saint Hubert, dove sarà anche fatta domani la presentazione ufficiale alla stampa degli store.

La differenza nelle normative locali provoca una disparità di trattamento delle condotte che certamente non aiuterà le persone che la usano ad avere sempre coscienza di cosa li aspetta. Secondo molti osservatori sarà un caos difficile da gestire, e gli stessi esperti di dipendenze hanno aspramente criticato la scelta locale: “bisogna che le politiche pubbliche siano guidate dal pragmatismo, non dalla morale” ha dichiarato a Le Journal de Quebec il professor Jean Sebastien Fallu, docente di psicologia all’Università di Montreal.

“E’ assurdo avere un prodotto legale e nessun diritto di consumarlo per una larga parte di popolazione” ha concluso Fallu, riferendosi ai numeri divieti di uso in luoghi pubblici ma anche privati nel caso di mancato consenso del proprietario. L’avvocato ed ex deputato federale Marc Lemay è anche lui convinto che si apriranno molte contestazioni giudiziarie, non solo sui luoghi dove poter consumare, ma anche sulla coltivazione personale e sui macchinari per testare la presenza di cannabis nel sangue: “preparatevi ad un dibattito che durerà anni” ha dichiarato a Le Journal de Quebec.