Numero 38 – Aprile 2021
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A cura di Francesco Crestani
Associazione Cannabis Terapeutica
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Fibromialgia: una casistica italiana
Sul Journal of Cannabis Research è apparso un bell’articolo della Dott.ssa Manuela Mazza, anestesista presso la Terapia del Dolore dell’Ospedale di Biella, con una casistica retrospettiva di 38 pazienti con fibromialgia. I soggetti erano resistenti o intolleranti alle comuni terapie (amitriptilina, duloxetina, pregabalin, gabapentin, tramadolo, paracetamolo). Veniva somministrata cannabis in cartine, con dose iniziale di 50 o 100 mg due volte al dì, in aggiunta alla terapia, che veniva ridotta o interrotta in base alla riduzione del dolore. La dose di cannabis era poi aumentata a giudizio del medico. Altra forma somministrata era l’olio, e i pazienti erano informati di aumentare gradualmente il dosaggio di una goccia ogni 3-4 giorni fino all’ottenimento degli effetti terapeutici. Quindici pazienti assunsero FM2, dodici Bedrocan, otto Bediol e tre Pedanios. La dose mediana per la cannabis a THC dominante (Bedrocan, FM1 e Pedanios) fu di 200 mg al giorno, mentre quella di “ibrida” THC e CBD fu di 400 mg. Dopo 3 e 12 mesi di terapia, il 33,3% e il 66,7% dei pazienti assumevano solo la cannabis. Questa riduceva l’intensità del dolore di almeno il 30%. Dodici pazienti (il 34%) avevano una riduzione maggiore o uguale al 50%. Era dimostrata inoltre riduzione significativa degli indici di disabilità. L’autrice non ha trovato riduzione degli indici di ansia e depressione, e nota inoltre che le dosi usate erano minori rispetto a quelle presentate in altri studi. Inoltre non vi è stata tolleranza, cioè una volta raggiunta una dose efficace, questa si è mantenuta stabile.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7890993/
Angina instabile: un caso clinico
Autori americani riportano il caso clinico di un uomo di 63 anni affetto da angina instabile non responsiva alla morfina e a farmaci cardiologici, dovuta a una storia cardiologica complessa comprensiva di un precedente infarto. Il dolore toracico raggiungeva anche il valore di 7/10, e non gli permetteva di camminare a lungo né di fare attività fisica. Veniva somministrata cannabis con THC:CBD 1:1 per via orale in forma di burro, e questa progressivamente permetteva la interruzione dell’uso di morfina. Inoltre, come dimostravano i test di tolleranza agli esercizi, vi era un miglioramento della capacità funzionale con aumento della attività.
https://journals.lww.com/md-journal/Fulltext/2021/03190/Application_of_medical_cannabis_in_unstable_angina.87.aspx
Pressione alta
Rimaniamo sui problemi cardiologici, con un altro interessante articolo, visto che problemi cardiovascolari sono riportati in letteratura associati all’uso di cannabis, compresi casi fatali. In questo articolo, così come nel precedente, la cannabis si dimostra al contrario protettiva rispetto ai problemi di cuore. Infatti sono stati studiati 26 pazienti sopra i sessanta anni (età media 70) affetti da ipertensione, ai quali era stata prescritta cannabis. A tre mesi si è trovata una riduzione della pressione massima di 5 mmHg e della minima di 4,5. Il picco di riduzione si aveva a tre ore dall’assunzione. Non vi erano variazioni agli esami del sangue e all’elettrocardiogramma.
https://reader.elsevier.com/reader/sd/pii/S0953620521000054?token=A7DC58256510E86CD8FA5D4BB0ECB8D2BCA09DD786FE4FE1A3AD76D7A406121188125B5E299BC00D8F081CF23C4745E3&originRegion=eu-west-1&originCreation=20210422091449
Dolore cronico
Uno studio effettuato in Canada ha seguito 1000 pazienti trattati presso “cliniche per la cannabis”. Gli autori affermano che vi è stata difficoltà a seguire i pazienti, che venivano controllati a tre, sei e dodici mesi, infatti se 757 hanno partecipato a uno o più dei controlli, a sei mesi sono stati controllati 230 pazienti e a dodici mesi 104. Approssimativamente un terzo dei pazienti faceva terapia con cannabis a sei mesi. In questi vi era comunque riduzione del dolore e riduzione dell’”interferenza del dolore”, con miglioramento della qualità della vita e del benessere generale.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33469735/
Agitazione, irritabilità, ansia e stress
Grazie ad una app dedicata sono state registrate le variazioni di ansia, agitazione/irritabilità e stress in consumatori di cannabis (infiorescenze inalate). I dati riguardano 2306 pazienti, e hanno dimostrato che, su una scala di undici punti, vie era una riduzione di 4,33 punti per quanto riguarda l’agitazione/irritabilità, di 3,47 punti per l’ansia e di 3,98 per lo stress. La cannabis a THC era associata a riduzione significativa dei sintomi, mentre il CBD non lo era. Una minoranza di soggetti (meno del 13%) riferiva effetti collaterali “ansiogeni” (tipo sentirsi ansiosi, irritabili, paranoidi…) mentre la maggioranza (circa il 66%) riportava effetti collaterali ansiolitici (sentirsi felici, ottimisti, in pace, rilassati…). Lo studio, affermano gli autori, aiuta a spiegare perché molti pazienti, che cercano di trattare le sensazioni di stress negativo, volontariamente sostituiscono vari tipi di farmaci da prescrizione (SSRI, SNRI, triciclici, antiMAO, betabloccanti, antipsicotici atipici e benzodiazepine) con la cannabis, quando hanno l’opportunità legale di farlo. Le infiorescenze di cannabis, proseguono, sono un medicinale ansiolitico efficace e a relativamente rapida azione. Nel 95% delle sessioni di uso vi era una riduzione media dei sintomi di circa 3,8 punti sulla scala da 0 a 10. Rispetto al giudizio comune secondo cui fumare la cannabis renda paranoici, gli studiosi continuano, è stato trovato che il consumo è invece più facilmente associato a rilassamento e senso di calma, e gli utilizzatori più facilmente riferivano sensazione di pace, ottimismo e felicità. Una potenziale spiegazione per la disparità tra quanto ritrovato e la percezione popolare è che la “paranoia” riportata storicamente potrebbe essere sorta in parte per via dello status di illegalità della cannabis. Gli autori concludono che gli effetti collaterali riportati nello studio sono relativamente meno severi dei problemi medici e talvolta sociali più seri causati dai farmaci convenzionali tipo benzodiazepine e barbiturici, nonché dell’alcool, sostanze molto più utilizzate per trattare le comuni forme di stress.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7819324/
Cannabis tra le “medicine complementari” dell’emicrania
Un sondaggio riguardante le “medicine complementari ed integrative” per l’emicrania è stato svolto tra i membri di un gruppo Facebook americano dedicato a questo disturbo. 164 persone (il 49%) riferivano di usare derivati della cannabis o cannabinoidi, ma solo il 30,4 riferiva che per l’emicrania moderata/severa la pianta era da moderatamente a molto efficace. Trattandosi di sondaggio online, svolto in ambito USA, non si sa che formulazioni di cannabis i pazienti usassero e la qualità dei prodotti.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7877058/
Malattia infiammatoria intestinale: che ne pensano in Nuova Zelanda
Un questionario anonimo online era rivolto a pazienti neozelandesi con malattia infiammatoria cronica intestinale. Hanno risposto in 378. Il 51% aveva provato la cannabis; di questi, ad uso medico il 31% o ricreativo il 63%. I sintomi per i quali c’era maggior beneficio erano il dolore addominale e i crampi, la nausea e il vomito e la perdita di appetito.
https://www.nzma.org.nz/journal-articles/attitudes-towards-and-use-of-cannabis-in-new-zealand-patients-with-in-flammatory-bowel-disease-an-exploratory-study#:~:text=Overall%2C%2051%25%20of%20respondents%20reported,and%20current%20or%20ex%2Dsmokers.
Depressione pre-mestruale
Sessantanove donne con o senza “disturbo disforico pre-mestruale” sono state studiate per vedere l’impatto dell’uso di cannabis. E’ risultato che l’utilizzo della pianta poteva essere spiegato con l’umore depresso e con le strategie di “coping” (cioè con il modo di affrontare una situazione stressante).
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33651443/
Nella mente di un anziano
Il caso clinico era quello di un anziano di 85 anni con disordine neuro cognitivo grave, dovuto a più fattori: abuso di alcool, ictus emorragico, trauma cranico e uso cronico di farmaci. Aveva risposto in maniera minima ad antidepressivi, antipsicotici e anticolinergici. Con tintura madre di cannabis ebbe un miglioramento significativo nelle funzioni cognitive e nella capacità di essere indipendente nelle attività di vita quotidiana.
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0034745019300782