Numero 39 – Giugno 2021
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A cura di Francesco Crestani
Associazione Cannabis Terapeutica
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Pazienti con sclerosi multipla paragonati a pazienti con artrosi e cancro.
La ricerca mediante sondaggio è stata svolta nei pazienti del Programma Cannabis Medica dello Stato dell’Illinois, e sono stati paragonate 135 persone con sclerosi multipla con 582 con artrosi e 622 con cancro. Gli esiti suggeriscono che vi è un impatto positivo sul dolore, sul benessere psicologico e sulla qualità della vita indipendentemente dalla malattia di base. La cannabis inoltre sembra assumere un ruolo critico in coloro che hanno problemi di sonno, al di là del tipo di malattia. Lo stesso vale per i problemi digestivi. Gli autori riferiscono inoltre che la loro scoperta più impressionante riguarda i “pervasivi effetti negativi degli oppioidi”. I pazienti che hanno usato oppioidi, indipendentemente dalla diagnosi, semplicemente non riportano lo stesso livello di miglioramento dei parametri dei pazienti che hanno usato solo cannabis. Ciò suggerisce che la cannabis costituisce un metodo praticabile per ridurre o rimpiazzare gli oppioidi. In conclusione i risultati suggeriscono che le persone con dolore che usano cannabis al posto dei derivati della morfina, indipendentemente dal fatto che abbiano diagnosi di sclerosi multipla, artrosi o cancro, riferiscono più elevati livelli di benessere psicologico, di qualità della vita, di produttività, di capacità di esercizio e di socializzazione.
https://www.mdpi.com/2076-3425/11/5/532
Sclerosi multipla: effetti clinici e sui dati di laboratorio
Questo studio svolto in Egitto valutava la prevalenza di “abuso di cannabis” in pazienti con sclerosi multipla. Su 150 pazienti, 28 usavano cannabis, e 15 riferivano che la cannabis migliorava in maniera significativa i sintomi. Le citochine pro-infiammatorie erano più elevate nei malati che non usavano cannabis, mentre quelle antiinfiammatorie in quelli che la usavano.
https://www.hindawi.com/journals/msi/2021/6611897/
Digrignare i denti
Viene riferito un caso clinico di un uomo con problemi psichiatrici e comportamentali che inoltre presentava bruxismo, cioè continuo digrignamento involontario che aveva provocato disallineamento dei denti. Era stato sottoposto a diversi trattamenti con risposte solo parziali. Infine aveva iniziato a usare capsule di cannabidiolo e il bruxismo era quasi completamente scomparso. Si tratta del primo caso del genere descritto.
https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/13554794.2021.1917620?journalCode=nncs20
Fibromialgia
Questo sondaggio è stato svolto in Canada su 1000 pazienti reumatologici, dei quali 117 avevano diagnosi di fibromialgia. Ne risulta che i pazienti fibromialgici avevano usato comunemente la cannabis, e la metà continuava ad usarli. Il sollievo dei sintomi era sostanziale.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33938797/
Danimarca: CBD ed epilessia refrattaria
Un CBD magistrale in formulazione oleosa senza THC è stato somministrato a 51 pazienti, bambini e giovani adulti, affetti da varie forme di epilessia (oltre alla forma di Dravet e a quella di Lennox-Gastaut) refrattaria a svariate terapie. Vi è stata una riduzione del 50% e più delle crisi convulsive nel 31,4% dei pazienti dopo tre mesi e nel 28% dei pazienti dopo 12 mesi. Il clobazam in co-medicazione ha aumentato la riduzione delle convulsioni.
https://ugeskriftet.dk/dmj/cannabidiol-treatment-severe-refractory-epilepsy-children-and-young-adults
Uso di cannabis tra i pazienti dei medici di medicina generale nello stato di Washington.
Il 2% dei pazienti dei medici “di base” dello stato di Washington usa la cannabis a fini medici, secondo uno studio pubblicato su JAMA. Sono state controllate le cartelle elettroniche di 185565 pazienti, età media 52 anni, 59% femmine. Il 20% usava la cannabis per altri fini, il 78% non la usava. I pazienti che usavano cannabis medica avevano una più alta prevalenza di condizioni cliniche che potenzialmente rispondono alla cannabis, ma anche di condizioni per le quali la cannabis ha potenziali rischi. Le conclusioni sono che i medici di medicina generale dovrebbero essere preparati a discutere con i loro pazienti i potenziali rischi e i potenziali benefici della pianta.
https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2779574
Come la usano gli oncologi americani
In quasi ogni stato americano in cui vi sia una legge sulla cannabis medica il cancro è una possibile condizione per l’uso. I pazienti con cancro, secondo dati della letteratura via via in crescita, usano la cannabis sia per i sintomi (ad es. dolore, perdita dell’appetito, astenia, disturbi dell’umore) sia come terapia anti-tumorale. Secondo una recente ricerca americana questi pazienti in genere la usano per via orale. Sempre in America un sondaggio rappresentativo tra gli oncologi ha dimostrato che l’80% di questi discute con i pazienti sull’uso della cannabis medica e quasi la metà la consiglia clinicamente. Il 67% la considera un’utile aggiunta alle terapie standard per il dolore, e il 65% pensa che per l’anoressia e la cachessia la cannabis sia uguale se non meglio rispetto alle terapie usuali. Un nuovo sondaggio rappresentativo dimostra che solo il 15,4% degli oncologi non supporta la cannabis terapeutica. La via più utilizzata è quella per bocca.
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/cac2.12160
La cannabis protegge dagli effetti collaterali della chemio
L’oxaliplatino è un chemioterapico usato ampiamente per i tumori maligni gastrointestinali. Purtroppo fino al 90% dei pazienti presenta disturbi da neuropatia dovuta al farmaco, che nel 31% porta a neuropatia cronica severa. In questo studio retrospettivo svolto in Israele è stato dimostrato che l’uso di cannabis aveva ridotto questo effetto collaterale, e che la riduzione era maggiore nei malati che avevano usato la cannabis prima della chemio, suggerendo quindi che la pianta abbia un effetto protettivo.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7876573/
A molti bambini con glioma viene somministrata cannabis
Il glioma pontino intrinseco diffuso è un raro tumore maligno pediatrico. E’ stato condotto un sondaggio per valutare quali terapie “complementari ed alternative” venissero usate in questi pazienti. Ne è risultato che la cannabis era quella più utilizzata.
https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/pbc.29061?af=R
Il CBD agisce sul dolore, dicono i pazienti
Secondo un sondaggio svolto su 253 pazienti americani con dolore cronico, il CBD ha un effetto positivo sui sintomi. In particolare il 59% riferiva che li aveva aiutati nel dolore, il 67% che aveva permesso di ridurre i farmaci, inclusi gli oppioidi (53,7%), che il CBD era una buona opzione di trattamento(71%), non dannoso (74,9%) e che non dava dipendenza (63%). I dolori più comuni erano il mal di schiena, al collo, dolore neuropatico, emicrania e dolore agli arti.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8107012/
Quali effetti collaterali cardiovascolari?
Una metanalisi di 47 studi coinvolgenti un totale di 2800 pazienti ha studiato gli effetti collaterali cardiovascolari nei pazienti trattati con cannabis medica. L’uso era significativamente associato ad aumentato rischio di ipotensione ortostatica (stando in piedi), ipotensione e trend di aumentato rischio di tachicardia. Nessuno studio però riportava effetti collaterali seri. Inoltre è stato trovato che le formulazioni a THC:CBD sembrano produrre meno tachicardia e ipotensione che non quelle a solo THC.
https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1544319121001114