Numero 31 – Settembre 2020
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A cura di Francesco Crestani
Associazione Cannabis Terapeutica
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Trattate ulcere intrattabili
La calcifilassi non uremica è una rara condizione che si presenta spesso con ulcere dolorose intrattabili. Vengono discussi due casi di donne trattate con cannabinoidi per uso topico (locale esterno). Le ulcere erano presenti da più di sei mesi.In una media di 76.3 giorni la pelle guarì completamente e dopo una media di 63 giorni non erano più necessari analgesici. Il trattamento inoltre era ben tollerato e senza effetti avversi. Secondo gli autori, i risultati positivi in questo tipo di lesioni così complesse suggeriscono che i cannabinoidi potrebbero avere un ruolo più ampio in altri tipi di lesioni cutanee.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32875692/
Sondaggio su malati oncologici
E’ stato svolto un sondaggio su malati oncologici all’Ospedale Beaumont del Michigan. La cannabis medica era utilizzata da una significativa porzione di pazienti, il 24.5% (46 malati) dei 188 che hanno risposto. I pazienti con sintomi più severi di base erano quelli che più facilmente utilizzavano la cannabis e riferivano un profilo di efficacia favorevole. Il dolore era il sintomo che più spesso migliorava, seguito dall’aumento dell’appetito e dall’ansia. La cannabis inoltre migliorava la capacità di tollerare la terapia. La tossicità era minima.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32889833/
Miglioramento del sonno
La qualità del sonno nei malati AIDS è bassa. In uno studio pilota si è utilizzata una app per monitorare il sonno in 11 pazienti HIV positivi e 6 negativi. E’ risultato che l’uso di cannabis era associato in maniera significativa a un sonno più prolungato.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7470214/
Emicrania e cefalea
Anche in questo caso è stata utilizzata una app, per registrare in tempo reale l’uso di cannabis e gli effetti su cefalea ed emicrania. I dati includono 1910 sessioni di trattamento (1328 per cefalea e 582 per emicrania). Il 94% degli utilizzatori di fiori essiccati riferivano sollievo dei sintomi entro due ore. La riduzione media era di 3,3 punti su una scala da zero a dieci, e i maschi riferivano maggior miglioramento rispetto alle femmine. I più giovani avevano un trend migliore. In quanto alle caratteristiche della pianta, un livello di THC del 10% o maggiore era il più forte predittore indipendente di riduzione dei sintomi, e questo effetto era maggiore nella cefalea che nell’emicrania. Le femmine e i più giovani rispondevano di più a fiori denominati come Cannabis indica rispetto a quelli sativa o ibridi. Questi risultati suggeriscono che i fiori interi di cannabis possono essere un efficace trattamento di cefalea ed emicrania, ma l’efficacia varia con le caratteristiche della pianta, l’età e il sesso dei pazienti.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32758396/
Qualità della vita negli anziani
Dal Colorado e dall’Illinois arriva un sondaggio effettuato su pazienti anziani. Usare cannabis 1-4 volte alla settimana (per fini medici) è associato a miglioramento della qualità dell vita, a riduzione dei servizi sanitari e del dolore. L’uso 5-7 volte la settimana era associato a ulteriore miglioramento nelle scale di qualità della vita.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32842935/
Niente “iperalgesia” da cannabis
Un problema che talora si riscontra nelle terapia del dolore effettuata con i derivati della morfina è la cosiddetta iperalgesia, ovvero con l’uso cronico il farmaco invece che ridurre il dolore lo acutizza. Si è allora voluto provare sperimentalmente se questo poteva accadere anche con la cannabis. Per questo 40 utilizzatori frequenti sono stati confrontati con 40 non utilizzatori per quanto riguarda la tolleranza al dolore. Non si è dimostrata alcuna iperalgesia.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32433075/
CBD nei rugbisti
Una ricerca condotta in Gran Bretagna mediante sondaggio ha dimostrato il 26% dei rugbisti aveva usato CBD, il 18% in passato e l’8% lo stava ancora usando. Il motivo più frequente per l’uso era il miglioramento del dolore (80%) e del sonno (78%), con il 68% dei giocatori che riferivano beneficio.
https://journals.humankinetics.com/view/journals/ijsnem/30/5/article-p315.xml
Sativex nella dipendenza da cannabis
Lo studio randomizzato controllato contro placebo ha voluto testare l’efficacia a lungo termine del Sativex (farmaco a base di estratto di cannabis) nella dipendenza da cannabis. 128 partecipanti ricevevano Sativex (61 pazienti) o placebo (67) per 12 settimane, assieme ad interventi psicosociali. Un numero significativamente maggiore dei pazienti del gruppo placebo riferiva astinenza da cannabis e l’effetto persisteva per più di tre mesi dala fine del trattamento.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6632121/