Il libro appena uscito a cura di Franca Beccaria sui consumi giovanili in Italia e in Finlandia è benvenuto: è un rimedio allo sconforto suscitato così spesso dai media che insistono sui danni prodotti dal binomio giovani/alcol; e alle perplessità per le soluzioni proposte dagli esperti – che si rifanno acriticamente alle norme proibizionistiche in vigore nel nord Europa.
E’ importante che ci siano ricerche italiane in un campo dove gli studi sono in prevalenza fatti all’estero: in nord Europa o nord America, con culture del bere tanto lontane dalle nostre. Franca Beccaria è una ricercatrice sull’alcol, tra i pochi in Italia: sociologa, proviene dalla scuola torinese di Amedeo Cottino. Col suo gruppo di lavoro e con colleghi finlandesi ha confrontato gli stili del bere e le loro trasformazioni in Italia e in Finlandia negli ultimi 60 anni. Mediante la moderna tecnica dei gruppi focali, si sono intervistate circa 200 persone di quattro generazioni (a Torino e a Helsinki): i nati dei decenni 1940, 1950, 1960, e infine la generazione tra il 1980 e il 1990.
Il testo riporta le memorie di prima infanzia, giovinezza, età adulta e anziana, che attraverso il filo comune delle abitudini al consumo dipingono diverse epoche, famiglie, condizioni lavorative e di tempo libero dell’Italia dagli anni 50 fino ai giorni nostri. Dai risultati emergono comportamenti assai diversi in Italia e in Finlandia. Per i Finlandesi (che negli ultimi 40 anni hanno aumentato cospicuamente i consumi) il primo assaggio, le prime bevute e le prime ubriacature coincidono con un’iniziazione al bere intorno ai 15 anni, alla presenza di amici e lontano dai genitori. Lo scopo principale è raggiungere l’ubriacatura; tale condotta si può mutare nell’età successive in abbuffate alcoliche – bere 6 o più bicchieri di birra o liquori, nei momenti di festa o nel fine settimana, fuori dai pasti.
In Italia, il vino, che resta la bevanda più bevuta, negli ultimi 40 anni ha visto i consumi dimezzati per le trasformazioni sociali legate al passaggio dalla cultura rurale, predominante fino agli anni sessanta, a quella industriale e postindustriale; e, negli ultimi decenni, per il diffondersi degli atteggiamenti salutisti e col propagarsi dell’orientamento consumistico. Altri aspetti restano invece stabili. I primi assaggi – solitamente vino – avvengono verso i 7-8 anni, in famiglia e ai pasti, come condivisione col mondo degli adulti. Il primo bere regolare (vino) accade verso i 14 anni o dopo, in famiglia, mentre per le ultime generazioni si beve, con coetanei, birra e combinazioni di alcolici. Iniziare a bere presto non appare affatto come segnale di un problema (come forse è in altri paesi): è un modo attraverso cui la famiglia trasmette l’uso del bere, in forma moderata.
I giovani delle ultime generazioni bevono in modo diverso da prima. Certamente aumentano nel tempo le occasioni di consumo, la disponibilità economica, e il moltiplicarsi di offerte dei locali pubblici. I giovani, spiega Beccaria, cercano oggi con la bevanda alcolica esperienze di piacere, che attivino il proprio mondo emozionale e accrescano le percezioni corporee. Ma ciò coesiste con lo stile conviviale e socializzante, tipico della tradizione. Seppur le ubriacature appaiono più numerose che in passato, sono generalmente un prodotto collaterale dei momenti di socializzazione, mai o quasi mai obiettivi primari del consumo. Piuttosto che avere particolari condotte trasgressive, come certi luoghi comuni ci propongono, i giovani oggi sembrano piuttosto propensi ad accettare lo statu quo, accogliendo nuove suggestioni di consumo, ma mantenendo continuità col passato. Inoltre molti di loro sono consapevoli del rischio degli eccessi. A ciò può aver contribuito l’applicazione delle recenti leggi sulla guida sotto effetto dell’alcol.
Le conclusioni, per una volta, non sono improntate al pessimismo. Si conferma da un lato che la frequenza degli episodi di abuso riguarda un periodo giovanile limitato. E in seguito, nelle età più adulte, subentra una rivalutazione della tradizione: uno stile più moderato, rivolto più alla qualità della bevanda che alla quantità dell’assunzione.
(Franca Beccaria, Alcol e Generazioni. Cambiamenti di stile e stili in cambiamento in Italia e in Finlandia, Carocci editore)