Se il carcere è un emblema dello stato di vera democrazia di un paese, l’Italia è a rischio. Le nostre carceri mostrano gli effetti di una tendenza all’uso improprio della risposta penale e giudiziaria a molti dei problemi sociali (come l’immigrazione) o sociosanitari (la tossicodipendenza) più gravi. Questioni che invece una democrazia moderna deve saper affrontare con altri strumenti, per chiamarsi tale. Questa riflessione ha guidato il lavoro di critica promosso dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza e Forum Droghe, che si è concluso con un seminario sul carcere di tre giorni svoltosi in questi giorni a Firenze, dopo aver coinvolto per mesi altre associazioni, esperti, operatori pubblici e del privato sociale di tutta Italia.
Va ricordato, specie oggi in fase pre elettorale, che le due leggi che oggi riempiono il carcere (la Bossi Fini sull’immigrazione e la Fini Giovanardi sulle droghe) sono leggi manifesto, portato della deriva retorica e populista della politica: timidamente contrastate, se non colpevolmente rimosse, dalle forze politiche del centro sinistra. E’ grazie a queste due leggi che il carcere è oggi una moderna discarica sociale. Immigrati, tossicodipendenti e/o semplici consumatori di droghe con reati connessi al consumo o semplice possesso di sostanze stupefacenti in quantità superiore alle tabelle ministeriali, sono diventati i due terzi della popolazione carceraria complessiva ( a giugno 2012 circa 67.000 unità).
Quanto ai detenuti tossicodipendenti e alle opportunità di terapie alternative al carcere, tanto sbandierate dai promotori della Fini Giovanardi, le cifre parlano da sé: sono poco più di 2000 le persone inserite in percorsi in comunità terapeutica a fronte di quasi 10.000 detenuti che ne avrebbero il diritto, e di almeno altri 10.000 che si ipotizzano con un consumo problematico e/o un abuso di sostanze stupefacenti, a cui in maniera diretta o indiretta si possono far risalire le varie forme di reato ( piccolo spaccio, difficoltà economiche, piccoli furti, alcuni atti di reazioni alle forze dell’ordine ecc.).
La Fini Giovanardi ha finito per attribuire un mandato forte di custodia e controllo anche alle comunità terapeutiche più aperte e all’insieme del sistema di intervento sociosanitario sulle dipendenze. Questa svolta punitiva ha accentuato il conflitto tra il compito primario curativo dei servizi, e la priorità di offrire percorsi alternativi al carcere: con l’obiettivo di attenuare gli effetti penalizzanti della legge, ma col rischio di accentuare l’ambiguità del mandato terapeutico/correzionale.
Il seminario ha analizzato i danni delle due leggi manifesto della destra e ha sottolineato la necessità di una radicale riforma legislativa, da un lato; dall’altro, ha approfondito il profondo mutamento del fenomeno dei consumi che impone alla politica un cambiamento di approccio, oltre la retorica moralistica e patologizzante, a meno di non voler perdere il contatto con le nuove generazioni ed i loro bisogni. Quanto ai servizi, l’obiettivo è di mettere in campo non solo buone pratiche di accoglienza per i detenuti, ma anche azioni di advocacy per un ampliamento delle alternative al carcere, in comunità, ma anche sul territorio.
Come operatori sociosanitari lanciamo un appello per scrivere una pagina di civiltà. In questa fase ormai elettorale sapremo apprezzare chi saprà ascoltare.
Articolo di Riccardo De Facci
Riccardo De Facci, vice presidente del CNCA con delega sulle droghe, scrive sulla Summer School 2012 per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 19 settembre 2012.