La Relazione annuale al Parlamento sulla questione “droga” costituisce un debito informativo che la legge, la 309 del ’90, impone al Governo con l’obiettivo di monitorare un fenomeno in continua e veloce trasformazione e di suggerire al Legislatore le indicazioni più opportune di cambiamento.
Dalla voluminosa Relazione del 2015, appena pubblicata, si sottolineano “a caldo” tre aspetti, due di contenuto e uno di metodo.
I consumi prevalenti. Dal questionario Espad, che indaga il consumo di sostanze psicoattive tra gli studenti dai 15 ai19 anni rispetto al mese precedente all’intervista, guardando ai consumi nell’ultimo mese, si ha la conferma che la cannabis forma, insieme al tabacco e all’alcol, la “triade” di sostanze psicoattive di gran lunga più utilizzate dalla stragrande maggioranza dei consumatori. Quasi uno studente su sei (15,9%) ha utilizzato cannabis negli ultimi 30 giorni, uno su tre-quattro (29%) fuma tabacco, uno su due (54,2%) assume bevande alcoliche. Al contrario, tutte le altre sostanze psicoattive illegali, cocaina compresa, sono tutte sotto la linea di consumo dell’1%. La cannabis non è quindi l’anticamera dell’eroina e il suo consumo e abuso si configurano molto più simili a quello di tabacco e alcol, per cui si rende necessario realizzare misure di prevenzione e di promozione alla salute anziché di mera repressione.
L’indebolimento delle risorse dei servizi. L’utenza di 164.000 persone in cura presso i servizi pubblici e del privato-sociale è rimasta stabile in questi ultimi anni, tra consumatori d’eroina e oppiacei (71%), utilizzatori di cocaina (16,9%), alcol-dipendenti, consumatori di cannabis e giocatori d’azzardo patologici. Ciò che si riducono sono invece le risorse a disposizione dei servizi. Per via dei ripetuti tagli lineari alla sanità, il personale, sia dei Ser.d che del privato-sociale, non ha ricambi. Ne risente la qualità delle prestazioni: gli utenti tossicodipendenti non testati per l’Hiv aumentano al 66,1%, più 7% rispetto all’anno precedente. Ma sono soprattutto le funzioni della riabilitazione e della prevenzione, a essere maggiormente colpite: un milione di euro in meno (su sei!) per i reinserimenti lavorativi, ed un taglio alla prevenzione primaria del 44,2% e del 38,9% a quella secondaria.
La metodologia con cui è costruita la Relazione. Rispetto a quest’ultimo aspetto, si coglie una importante discontinuità nei confronti della “reggenza” Giovanardi-Serpelloni, ma permangono ancora troppi lasciti della vecchia ”macchina”. Da un lato si prende atto, con prudenza anziché onnipotenza, dei limiti intrinseci della rilevazione dei dati e delle stime conseguenti, si dà ampio spazio alla trasparenza delle fonti informative e dei metodi utilizzati, ci si adegua agli standard europei dell’Osservatorio di Lisbona, si reintroduce l’approccio della Riduzione del danno e si costruisce una Relazione maggiormente partecipata. Dall’altro lato alcuni studi appaiono ridondanti (rispetto alle stime dei consumi), altri meno attendibili (le rilevazioni sulla popolazione generale tramite questionario postale che ottengono risposte del 16%), altre ancora di dubbia utilità e significatività (le stime di consumatori problematici “eleggibili” al trattamento), altri infine lacunosi (i dati sui risultati dei trattamenti da parte dei Ser.d, delle comunità e del carcere). Manca infine un ampliamento di sguardo su fenomeni che per troppo tempo ignorati, pur ben documentati da ricerche anche nazionali, di cui non si è tenuto conto, come il fenomeno affatto secondario dell’autoregolazione dei consumi da parte di chi fa uso di sostanze psicoattive.