Il Rapporto europeo sulle droghe, curato ogni anno dall’EMCDDA- European Monitoring Centre on Drugs and Drug Addiction, quest’anno mostra una versione differente rispetto alle precedenti. Pubblica come sempre dati e trend sulle droghe più diffuse nell’Unione – consumi, mercati, trattamenti – ma è monca della sua parte strategica, inerente le politiche da adottare, quel capitolo Drug-related harms and responses, in cui si indicano le priorità di intervento, con un approccio di Riduzione del danno, un buon esempio anche per ripensare la carente Relazione al Parlamento del Governo italiano. É vero che il Rapporto include la sintesi degli studi condotti sull’impatto della pandemia su consumi, mercato e servizi e relative lezioni apprese, però non c’è dubbio che la prospettiva sulle politiche manchi. Sarà che è in corso la valutazione dell’EMCDDA da parte della Commissione, a 25 anni dalla sua nascita? E che questa valutazione possa mutare gli indirizzi del Centro? Peccato, comunque, soprattutto alla luce di una Strategia Europea 2021-2025 deludente e in discussione.
In ogni caso, i dati (relativi al 2018 e pochi al 2019) alcune cose le dicono. Intanto, paragonando 2019 e 2020, i consumi nell’Unione (con però variazioni tra i paesi) sono stabili per tutte le sostanze, sia per la popolazione generale che per quella giovanile, non c’è nessuna impennata e nemmeno decrementi significativi: usa cannabis una volta nella vita il 27,2% degli europei (90 milioni), nell’ultimo anno il 7,6%, (+0,2) il 15% degli under 34 ( +0,6); considerando l’ultimo anno, sono stabili MDMA (0,8% e 1,5% per gli under 34, +0,2%) e anfetamine (0,6% e 1,2%, +0,2%); sull’eroina non ci sono dati di prevalenza ma solo relativi all’uso ad alto rischio, che rimane stabile a 1,3 milioni, e ai trattamenti, con un aumento di 6mila casi. Infine la cocaina merita attenzione, perché se l’incremento è minimo (stabile l’uso nella vita, + 0,1% quello dell’ultimo anno e + 0,3% quello under34), e se è vero che dal 2014 è decisamente salita la richiesta di trattamento per uso problematico, dal 2017 è stabile se non, in alcuni paesi, in calo. Perché allora questo allarme? Perché il focus è sul mercato, anzi sui sequestri, che sono cresciuti in maniera esponenziale (181 tonnellate, 138 nel 2017), e perché si osserva una particolare aggressività del narcotraffico: con la differenziazione delle rotte e con una politica di prezzi stabili e qualità migliore, che fa pensare a una offerta molto maggiore nel breve periodo.
Il mercato è anche protagonista del secondo allarme EMCDDA, la cannabis, per cui si segnala un aumento della potenza del THC del doppio in 10 anni, aumento che riguarda però soprattutto la resina e molto meno la pianta. In entrambi i casi – strategie di mercato e oscillazioni nella qualità – i dati sono utili e l’attenzione è necessaria, ma forse le previsioni andrebbero meglio mediate con uno sguardo sui consumi e sui consumatori, che hanno le loro strategie, apprendimenti e conoscenze, che fanno sì che maggiore disponibilità o maggiore purezza non debbano tradursi per forza in una profezia di danno conclamato. E anche le politiche sono una variabile di contesto che dovrebbe contenere i rischi da mercato illegale, le cui strategie e incontrollate variazioni impattano sulla sicurezza e la salute di chi consuma.
Il Rapporto 2020, con il grave limite della mancanza di una significativa parte sulle politiche, sembra suggerire una rinnovata centralità della riduzione dell’offerta (come del resto fa la nuova Strategia), contraddicendo se stesso, a leggere i trend stabili dei consumi: tonnellate di cocaina e cannabis nelle mani delle polizie europee non hanno avuto alcun effetto. Non è tempo di pensare a politiche alternative?
Il report dell’EMCDDA ed il dibattito sulla strategia europea su www.fuoriluogo.it/europa2125