La Relazione sulle droghe 2019, è sostanzialmente una fotocopia di quella del 2018, con l’aggravante che non è firmata da alcun rappresentante del Governo. Preoccupa questa “rimozione” della politica dalle droghe ma ancor di più il vuoto politico che crea. Un vuoto politico che oggi tende ad essere riempito con le proposte di Salvini di inasprimento dell’art 73 del DPR 309/90, prevalentemente volte a intensificare la criminalizzazione dei consumatori e, ancor peggio, con la presa di posizione sulle stesse corde repressive del Ministro dell’Interno.
In questo quadro politico preoccupante si colloca la Relazione al Parlamento che fa risaltare i limiti delle rilevazioni e l’assenza di una analisi sugli effetti delle politiche adottate ormai da 30 anni. La Relazione, pur presentando questi limiti ormai strutturali, presenta alcuni elementi che, per quanto “inconsciamente” autocritici, di fatto descrivono il fallimento delle politiche di stampo punitivo-repressivo della legge italiana, incentrate sulla patologizzazione dei comportamenti legati all’uso di droghe e alla diffusione di rappresentazioni stigmatizzanti delle persone che usano sostanze psicoattive.
Emerge che negli ultimi anni vi è stato un sensibile ampliamento e differenziazione del mercato e delle sostanze circolanti, con l’immissione di droghe sintetiche, con la corrispondente diffusione di modelli di consumo differenziati. Un ricercatore attento, e magari qualche esponente governativo, avrebbe dovuto trarne le conseguenze che le politiche costruite sul modello della guerra alla droga non hanno raggiunto gli effetti attesi. Se proprio si dovesse rappresentare un “allarme” dovrebbe essere rivolto ai danni sociali, economici e a carico della convivenza, di questo modello di politiche fallimentari.
Se incrociamo i dati dei consumi con l’utenza dei servizi uniformemente diffusi in Italia, i SerD e le Comunità Terapeutiche, la maggioranza (65%) degli utenti di questi servizi è rappresentata da un target che fa riferimento all’1% di utilizzatori di eroina e da una minoranza di assuntori di cocaina. Di persone che usano la cannabis, sostanza più diffusa, se ne contano pochissimi e prevalentemente per effetto delle sanzioni amministrative, cioè per effetto della legge. Il sistema attuale dei servizi, per ammissione implicita della Relazione, non è cioè pensato per rispondere alle nuove realtà dei consumatori di sostanze psicoattive.
Dietro le sbarre troviamo circa un terzo dei detenuti per effetto dell’art. 73 della legge sulle droghe, che conferma quanto da noi scritto nel decimo Libro Bianco sulle droghe.
Il Dipartimento Politiche Antidroga rifiuta il confronto con le prospettive delle ricerche internazionali e italiane (condotte da Forum Droghe) che, sulla scorta del modello di Zinberg “droga set e setting”, avrebbero consentito di comprendere le specificità dei modelli di consumo diversificati rilevati e evidentemente non compresi in quanto ingabbiati attraverso le discutibili categorie patologizzanti di rischio e alto rischio. Nonostante vi sia un paragrafo per gli interventi di Riduzione del Danno, come per il 2018, non compare una analisi puntuale che avrebbe fatto emergere che sono questi i servizi che incontrano i consumatori che non si rivolgono ai servizi ordinari. E ricordiamo che la Riduzione del Danno, inserita nei LEA dal 2017, attende ancora la sua completa declinazione a livello nazionale e rimane a tutt’oggi un diritto “sospeso”. In assenza della politica, la Rete della società civile, degli operatori e delle persone che usano sostanze si incontrerà a Milano (28-29 febbraio) per rendere pubbliche le proposte per un cambio di rotta delle politiche sulle droghe per un governo del fenomeno dei consumi di sostanze psicoattive radicalmente alternativo al modello penale e patologico etichettante del DPR 309/90.