Approvato “salvo intese”, il decreto Lorenzin su farmaci e droghe è ancora ignoto nel momento in cui scriviamo e forse non sarà ancora in Gazzetta nel momento in cui questo articolo sarà pubblicato. Forse, quindi, facciamo ancora in tempo a chiedere al Presidente della Repubblica un esame attento delle sue disposizioni, prima della controfirma.
I fatti sono noti: sotto scacco per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della Fini-Giovanardi, i suoi partigiani hanno tentato una mossa revanchista, facendo proporre alla ministra Lorenzin un decreto-legge che riesumava la legge decaduta. Ovviamente non c’era alcun motivo di necessità e urgenza perché la Fini-Giovanardi tornasse in vita: la declaratoria di incostituzionalità ha riportato in vigore la precedente legge Iervolino-Vassalli (non certo una licenziosa legge anti-proibizionista) e dunque l’obbligo internazionale di contrasto al traffico degli stupefacenti non è decaduto. Ci sono altri problemi applicativi, di adeguamento di norme successive e di sentenze passate in giudicato, che avrebbero giustificato l’adozione di un decreto-legge, ma l’ipotesi revanchista – essendo di segno avverso e intendendo cancellare d’emblée il giudicato costituzionale – non se ne è preoccupato. Ne è nato quindi un conflitto interministeriale, di orientamento politico, ma anche istituzionale: a che titolo il Ministero della salute ripropone norme penali di chiarissima competenza del Ministero della giustizia? Tanto più in una contingenza in cui la normativa in questione è la fonte di uno dei temi più preoccupanti per la credibilità internazionale dell’Italia, il sovraffollamento penitenziario. Se l’azzardo non è stato di iniziativa della ministra, ci sarebbe di che chiedere la testa dell’infedele funzionario che aveva confezionato quel progetto. Ma tant’è: in Consiglio dei ministri, i revanchisti sono stati bloccati. E così la ministra si è presentata in sala stampa annunciando un decreto, nella parte delle droghe, motivato dalla necessità di aggiornare le tabelle ministeriali di classificazioni delle sostanze. Ma è legittimo un decreto-legge per aggiornare delle tabelle? L’articolo 13 del testo unico sugli stupefacenti, nella rinnovata formulazione dovuta alla legge Iervolino-Vassalli, attribuisce al Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia, l’ordinario aggiornamento delle tabelle attraverso un semplice decreto ministeriale. Perché impegnare il Governo, il Capo dello Stato e il Parlamento in una revisione legislativa per una cosa che si può fare in via amministrativa? Sarebbe un mistero, se non fosse che la riproposizione delle tabelle della Fini-Giovanardi (da cui discendeva l’uguale trattamento sanzionatorio di cannabis e droghe pesanti) è stata l’ultimo tentativo dei revanchisti prima della resa. Il Consiglio dei ministri, quindi, avrà concesso l’onore delle armi alla ministra Lorenzin, consentendole di annunciare l’approvazione di un decreto almeno parzialmente inutile, e dunque illegittimo. Per questo il capo dello Stato, non vincolato a valutazione di ordine politico interne agli equilibri della maggioranza, bene farebbe a chiedere al Governo l’espunzione dal decreto di quelle illegittime previsioni. In questo modo potremmo evitare anche il braccio di ferro già preannunciato sul ripristino delle norme penali della Fini-Giovanardi nel corso dell’esame parlamentare del decreto. Una manovra con un esito nuovamente illegittimo, ma i diavoli – si sa – si distinguono nel perseverare.
Delle prospettive di una nuova politica sulle droghe, all’altezza del dibattito internazionale e delle sperimentazioni in corso in molti Paesi, discuteremo invece sabato prossimo, a Firenze, nelle assemblee parallele di Forum Droghe e de La Società della Ragione. Vai al programma.
Articolo di Stefano Anastasia
Stefano Anastasia scrive per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 19 marzo 2014