L’attacco alla riduzione del danno sferrato dallo “zar” Carlo Giovanardi rischia di far tornare indietro la politica delle droghe di almeno dieci anni. Bisogna infatti risalire alla legge n. 45 del 18 febbraio 1999 sul Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga: allora, dopo accesa discussione parlamentare, per la prima volta la riduzione del danno entrò a pieno titolo nella legislazione italiana, prevedendo la diffusione e il finanziamento sul territorio di servizi sociali e sanitari di primo intervento, come le unità di strada per lo scambio siringhe e i programmi di bassa soglia. Si realizzava finalmente il pieno riconoscimento delle tante esperienze maturate dalla metà degli anni 80, sia per arginare il crescente numero di morti per overdose, sia per combattere l’emergenza Aids.
La Riduzione del Danno usciva dalla disputa ideologica per diventare un importante intervento di sanità pubblica. La salute delle persone prima di tutto, senza pregiudiziali moralistiche (ti curo solo se smetti di usare sostanze) La sconfitta di una sadica teoria: per aiutare una persona ad uscire dalla droga bisogna fargli “toccare il fondo”! Quel “fondo” che purtroppo per molti ha significato la morte.
Certo, non fu un percorso lineare, vuoi per il persistere delle ideologie, vuoi per il condizionamento esercitato sull’Agenzia antidroga Onu dagli Usa, da sempre contrari alla riduzione del danno, vuoi per la “lentezza” di diverse regioni a farla entrare a pieno titolo nelle politiche sanitarie.
Nel 2000 furono elaborate le prime Linee Guida in materia, approvate dai ministri Turco e Veronesi, che purtroppo non fecero in tempo a diventare atto ufficiale della conferenza Stato-Regioni prima del cambio di governo del 2001.
Nei successivi cinque anni di governo Berlusconi, Giovanardi, subentrato a Fini nella delega alle tossicodipendenze, si limitò a mettere la sordina a tutte le iniziative di riduzione del danno, preso com’era a far passare una legge di pesante criminalizzazione di chi consuma droghe. Con il nuovo incarico di governo e sfruttando l’appuntamento della Conferenza Nazionale, ha lanciato un attacco diretto alla riduzione del Danno cassandola dai temi oggetto di verifica e di rilancio nelle politiche nazionali.
Quella di Trieste è stata indubbiamente la conferenza più penosa tra quelle celebrate dopo il 1990 (a parte la “non conferenza” di Palermo del 2005 voluta sempre da Giovanardi a dispetto di tutti, per ottenere un avallo formale alle sue proposte di modifica legislativa che nemmeno i pochi amici intimi presenti legittimarono): in un vuoto assoluto di idee e di proposte, è mancata una valutazione della legge Fini-Giovanardi e del suo fallimento. Per tener buone le organizzazioni e gli operatori che hanno egregiamente operato in questi anni, Giovanardi si è dotato di una vistosa “foglia di fico” ricostituendo un dipartimento antidroga privo di ogni potere effettivo e senza risorse economiche; e mettendo a capo del dipartimento Giovanni Serpelloni, abile nel sollevare cortine fumogene sui problemi reali e nell’aizzare il mondo delle comunità terapeutiche e dei professionisti contro le Regioni.
Prima della conferenza di Trieste, Serpelloni aveva ricevuto dal sottoscritto un corposo aggiornamento delle Linee Guida sulla riduzione del danno, prodotte dal gruppo di lavoro insediato nel 2007 dal Ministro della Salute: materiale che teneva conto dell’inserimento della riduzione del danno fra i “quattro pilastri” fondanti della politica delle droghe, come sancito dalla Ue.
A Trieste non se n’è fatto minimamente cenno, ma è proseguito il gioco delle parti: Giovanardi liquida le politiche di seria tutela della salute dei tossicodipendenti, mentre Serpelloni avvia un “gruppo di consultazione” sul tema della “prevenzione delle patologie correlate all’uso di sostanze stupefacenti”, spacciandolo per un gruppo sulla riduzione del danno (ben sapendo che nel governo nessuno la vuole).
Preoccupa che tanti stimati professionisti stiano cadendo nella trappola di essere “usati” per avvallare proposte ambigue che prefigurano un inscindibile legame tra riduzione del danno e drug-free: ripiombando in una visione moralistica che si pensava di avere ormai alle spalle grazie all’affermazione del “diritto alla salute” anche per chi consuma sostanze stupefacenti.
*Membro della Consulta Sanità del PD, già Consigliere del Ministero della Salute per le Dipendenze Patologiche