Livorno, Ufficio Gip, 28 giugno 2013: dopo che già la Corte di Appello di Roma, il Tribunale di Viterbo e, meno di un mese fa, la terza sezione della Suprema Corte, hanno trasmesso gli atti alla Consulta per il sospetto di incostituzionalità della Legge Fini Giovanardi, in relazione ai criteri di conversione dell’originario decreto Legge sulle Olimpiadi, nonché per violazione della normativa domestica rispetto ad una Decisione Quadro europea, viene nuovamente sollevata dalla difesa la questione di costituzionalità, con ulteriori profili di censura; alla richiesta il Pubblico Ministero si associa.
Eppure, incredibilmente, il Giudice supera le argomentazioni giuridiche, e con ordinanza extra ordinem straccia l’ordito del ragionamento giuridico, contrapponendosi così alle argomentazioni difensive ed alle ventidue pagine dell’ordinanza della Cassazione.
In particolare, la Suprema Corte ha avuto modo di evidenziare come… “la sentenza della Corte Costituzionale n.22 del 2012, concludendo un percorso iniziato con la sentenza n.29 del 1995 (che aveva ammesso il sindacato di costituzionalità sul presupposto del caso straordinario di necessità e urgenza) e proseguito, tra l’altro, con le sentenze n.171 del 2007 e n.355 del 2010 (che avevano distinto fra le disposizioni aggiunte in sede di conversione che non siano del tutto estranee rispetto al contenuto della decretazione di urgenza e quelle che siano eterogenee rispetto a tale contenuto), ha ritenuto illegittime, per violazione dell’art.77, secondo comma, Cost., le norme inserite nel corpo del decreto legge attraverso emendamenti approvati con la legge di conversione, che non facevano parte ab origine del testo del decreto e che siano del tutto estranee alla materia ed alle finalità del medesimo”.
Capita, a volte per caso, che da un inciampo si trovi il modo di riflettere sulle ragioni del nostro incedere.
Così, si resta sgomenti se un Giudice, in Toscana, a fronte di un’argomentata questione giuridica, già devoluta al vaglio della Corte Costituzionale, dichiara infondata l’eccezione sollevata, ritenendo che diverse “prassi possono indurre ragionevolmente il convincimento che la Costituzione materiale si sia sovrapposta a quella formale”.
Anche i non addetti ai lavori possono cogliere la gravità di una tale affermazione: alla Legge si sostituisce un diritto vivente, che si rinviene fuori da essa. Si afferma non il “libero convincimento del Giudice”, quello che gli Avvocati hanno sempre difeso (il convincimento del Giudice è a un tempo libero e vincolato: è libero nei limiti della Legge), ma un arbitrario convincimento che sulla Legge, ed addirittura sulla Costituzione, prevalga il “comune sentire”.
Nessun Avvocato rimpiange il Giudice bouche de la loi, ma sgomenta pensare che il processo non sia governato da regole, bensì dalle prassi.
In questi giorni il Governo ha emanato il decreto legge n.78, recante “disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”, che solo marginalmente incide sulle disposizioni in materia di stupefacenti; in questi giorni, ancora, prosegue la campagna di raccolta firme per le proposte di legge di iniziativa popolare, che invece persegue (tra gli altri), l’obiettivo di superare le disposizioni della Legge Fini Giovanardi, massimamente responsabile (questa si) dell’overcrowding italiano.
Com’è evidente, il concetto di Costituzione materiale contrapposta alla Costituzione formale è concetto estraneo alla teoria dello stato di diritto, somiglia più a una categoria metafisica.
Un provvedimento sbagliato si impugna, ma se contiene in sè i germi di un vulnus alla Costituzione si denuncia come uno strappo alla Democrazia.
Articolo di Michele Passione
Michele Passione, Avvocato, Camera Penale di Firenze scrive per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 17 luglio 2013.