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Anche quest’anno il Libro Bianco svela gli effetti del proibizionismo sulle droghe. Effetti che, dopo trenta anni di guerra alla droga italiota, come ha affermato Stefano Anastasia alla presentazione, ormai sono tutt’altro che collaterali, bensì sostanziali.

I dati raccolti da Maurizio Cianchella sono in linea con le tendenze già emerse negli ultimi anni. Confermano un ritorno alla repressione dopo la breve pausa dovuta alla sentenza Torreggiani (CEDU 2013) e alla pronuncia di incostituzionalità della Fini-Giovanardi (2014). Mostrano un trend crescente gli ingressi in carcere per droghe (quasi il 30% per solo art. 73), mentre le presenze al 31/12/2018 per violazione del DPR 309/90 aumentano del 6,5% e si attestano al 35,21%, un picco allarmante. Drammatici i numeri legati ai detenuti dichiarati “tossicodipendenti”: sono quasi il 28% degli ingressi e il 35,5% dei presenti al 31 dicembre scorso. Si tratta del record, anche in termini assoluti, da quando questo documento viene puntualmente presentato, cioè da dieci anni. Aumentano anche i procedimenti penali pendenti, in crescita quasi del 3% sull’anno precedente. L’unico dato positivo arriva dalle misure alternative, in crescita lieve ma costante negli ultimi anni.

La repressione non è solo quella penale. Si conferma l’aumento anche delle segnalazioni ai Prefetti per semplice consumo di sostanze in previsione di sanzioni amministrative odiose (art. 75); aumentano del 53,8% le archiviazioni, un dato che rende evidente come la foga repressiva dei tweet salviniani si trasformi facilmente in una caccia alle streghe nelle piazze assolutamente infondata. Ovviamente la parte del leone la fa la cannabis, che rappresenta l’80% delle segnalazioni: ogni 16 minuti un cittadino viene segnalato per uso di cannabis. Dal 1990 sono 1.267.183 gli italiani incappati nel circuito repressivo amministrativo. Un numero abnorme, paragonato al numero ridicolo delle richieste di programma terapeutico: nel 2018 solo 82 su 41.054 segnalazioni.

Altrettanto significativi i dati delle violazioni dell’art. 187 del Codice della Strada, ovvero la guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. Quelli disponibili indicano che solo all’1,14% dei conducenti coinvolti in incidenti stradali rilevati dalla Polizia Stradale è contestato l’art. 187. Anche la sperimentazione dello screening rapido su strada indica che solo l’1,16% dei controllati risulta positivo. Più del 20% dei positivi allo screening viene poi “scagionato” dalle analisi di laboratorio, mentre va ricordato che per quanto riguarda la cannabis la positività può riguardare anche consumi precedenti di settimane. Da notare che la sostanza maggiormente trovata nei conducenti è la cocaina che supera abbondantemente il 40% dei positivi.

La legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto sono quindi decisivi nel controllo sociale e di conseguenza nella determinazione dei saldi della repressione penale. Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73 o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario. Questo pesa sulla società italiana senza alcun riscontro di efficacia nella prevenzione degli abusi di droghe. Le sostanze circolano liberamente, disponibili a chiunque ed in qualunque momento e sempre in maggiore quantità e con maggiore diversificazione d’offerta. Una politica illusoria per la pretesa di diminuire la diffusione delle sostanze quanto dannosa per i riflessi legati al predominio del mercato nero e alla pericolosità di sostanze non controllate.

E’ davvero ora di cambiare politica. Le Ong impegnate su questo terreno convocheranno presto una Conferenza autogestita per rendere evidente l’alternativa scientifica, intelligente e umana.

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    Aggiunto in data: 25 Giugno 2019 15:41 Dimensione del file: 5 MB Download: 1999