La fase 2 dell’emergenza sanitaria è stata lanciata affermando che i rischi sono stati calcolati. Speriamo.
Quel che però non è stato ancora calcolato sono i danni. Oltre ai drammi e le tragedie di queste settimane, frutto dell’impreparazione a gestire un’epidemia, si aggiungono i malfunzionamenti strutturali di uno stato sociale spesso ancorato a ideologie e burocrazie d’altri tempi.
L’altra parola d’ordine della propaganda istituzionale di questo avvio d’uscita dal confinamento è “semplificazione”. Vedremo.
Secondo un’analisi di Marijuana Business Daily dell’aprile scorso, basata sugli ultimi dati pubblicati dal Ministero della Salute relativamente all’acquisto di cannabinoidi per fini medici, in Italia siamo passati dai 578 chili del 2018 agli 861 dell’anno scorso.
Il maggior fornitore restano i Paesi Bassi grazie a un accordo di oltre 10 anni fa tra il Ministero della Salute italiano e il suo omologo olandese. Entrata a regime nel 2017, la produzione di infiorescenze presso lo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze corrisponde sì e no a un sesto di quanto disponibile in Italia.
Varie interrogazioni parlamentari hanno costretto gli ultimi due Governi a dichiarare che il fabbisogno di cannabis terapeutica per il 2020 potrebbe superare “la soglia dei 1000 chilogrammi annui”. Per far fronte a questo aumento, già sotto la Ministra Grillo si era deciso di “avviare percorsi di collaborazione con aziende private con i requisiti [previsti dalla legge] per incrementare la coltivazione e la produzione farmaceutica di cannabis a uso medico”. L’ipotesi del Governo Conte 1 era quella di individuare un partner privato a cui demandare parte della produzione.
Esattamente un anno fa fu lanciata una gara d’appalto vinta dalla canadese Aurora, che produce in Germania, per un bando che riguardava tre lotti per un totale di 400 chili da garantire per i due anni successivi. Ben lontano quindi dal fabbisogno totale di cannabis terapeutica individuato dal Governo.
Nel commentare quell’aggiudicazione, il sito Newsweed informava che grazie al prezzo di 1,73 euro al grammo Aurora aveva battuto Canopy Growth, Medicinal Organics, Cannabis Australia e Tilray. Nel 2018 Aurora aveva già vinto una gara per un totale di 100 chili a 3,20 euro al grammo. Il prezzo “calmierato”, come si usa dire oggi, fissato dal Governo è di 10 euro al grammo al dettaglio IVA inclusa.
A febbraio di quest’anno s’è scoperto che un parere, a quanto pare insindacabile, del Direttore dello Stabilimento Farmaceutico di Firenze “vista la sopravvenuta irrilevanza nel quadro del fabbisogno nazionale della tipologia ‘Cannabis ad alto contenuto di CBD’” aveva ritenuto non necessario l’approvvigionamento in questione.
Altre interrogazioni al Ministero dell’Agricoltura hanno avuto risposte con l’indicazione di fabbisogni maggiori di cannabis terapeutica.
Come previsto da queste colonne, siamo quindi di fronte a un aumento del 50% anno dopo anno della domanda di prodotti per piani terapeutici con cannabis, al permanere di un rapporto di favore con l’Olanda – che non partecipa a gare d’appalto -, al fallimento del potenziamento dello Stabilimento di Firenze e, soprattutto, alla permanente, drammatica – e illegale – mancanza di prodotti a base di cannabis in buona parte d’Italia.
Agli Stati Generali (online) della Cannabis del 20 aprile scorso decine di malati hanno lamentato l’impossibilità di poter rispettare il proprio piano terapeutico fatto di più grammi alla settimana. In tempi in cui la salute, e il ruolo dello Stato, son tornati a esser centrali nel dibattito istituzionale occorre acquistare subito tutta la cannabis mancante necessaria al godimento del diritto alla salute di migliaia di persone.
Dopotutto niente sarà più come prima, no?
Il 26 giugno si terrà una Assemblea on line per presentare il Libro Bianco sulle droghe e di dibattito sulla riforma della politica delle droghe in Italia e nel mondo.