Drugs and the city: questo il titolo della summer school annuale di Forum Droghe e del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, appena conclusa, che non poteva non considerare il caso di Roma. La gestione della politica delle droghe sotto il governo di Alemanno è l’esempio principe di quanto possa essere devastante l’abbraccio mortale tra politica e fenomeno dei consumi di droghe, rispetto all’efficacia ed efficienza dell’insieme dei servizi della città, al riconoscimento e salvaguardia della professionalità degli operatori, al rispetto di principi generali delle politiche pubbliche quali la laicità. Le politiche per le dipendenze pagano un prezzo altissimo per l’eccessiva semplificazione della lettura del fenomeno (al contrario complesso e mutevole) da parte dei politici e per la loro invadenza nell’occupazione del potere. Ne è prova la conduzione in questi anni dell’Agenzia Capitolina per le Tossicodipendenze da parte dei vertici individuati da Alemanno: responsabili di indirizzi fortemente ideologici e di logiche spregiudicate di potere, che hanno portato alla violenta contrapposizione fra la direzione dell’Agenzia e gli enti che storicamente gestivano nella città i servizi per le dipendenze. La conclusione è stata l’epurazione di tutti i gruppi aderenti al CNCA e con la drastica riduzione dei servizi di riduzione del danno. Il conflitto ha avuto una vasta risonanza anche sui media ed ha dato vita a un movimento cittadino (il Roma Social Pride), che ha intrapreso un intenso dialogo con le forze di opposizione e con il candidato Sindaco Ignazio Marino. L’esito positivo è stato l’inserimento, nel programma elettorale di Marino, della chiusura dell’Agenzia Tossicodipendenze e del ripristino di politiche adeguate alla complessa domanda che Roma esprime sul tema dei consumi. Sono passati tre mesi dall’insediamento del nuovo sindaco. Roma e i servizi per le dipendenze non possono attendere oltre: Marino mantenga gli impegni assunti.
Più in generale, le politiche delle droghe affrontano sfide e snodi importanti. Fra i più decisivi, il processo di accreditamento dei servizi del privato sociale (comunità ma anche gran parte della rete di riduzione del danno) al Servizio Sanitario, con nuove regole e requisiti: un percorso necessario anche ai lavoratori del sociale in termini di stabilizzazione e consolidamento delle attività sui territori, già intrapreso con modalità e tempi differenti nelle diverse regioni. Ma c’è un risvolto della medaglia: regole troppo rigide e poco attente alla specificità degli interventi psicosociali rischiano di irrigidire il sistema dei servizi, rendendolo inadeguato rispetto alla realtà di una domanda in continuo cambiamento, e di penalizzare le azioni sperimentali ed innovative: specialmente se il modello adottato è -come spesso accade- mutuato dal sistema sanitario e quindi fortemente medicalizzato e basato sulla definizione e quantificazione dei costi delle prestazioni. Il paradosso è che gli operatori soprattutto quelli impegnati in strada- si trovano a gestire la domanda, sempre più diversificata e complessa, con strumenti sempre più scarsi e poco flessibili.
Anche l’avvio del decentramento fiscale mette in forse la realizzazione degli interventi più innovativi, di contenimento dei rischi correlati all’uso di sostanze, ad esempio in tutti quegli eventi di rilevanza nazionale o interregionale (come festival, rave) che catalizzano la partecipazione di migliaia di giovani e che richiedono di conseguenza un impegno di risorse e competenze superiore alle disponibilità del luogo ove vengono realizzati. Sarebbe utile a tale scopo il ripristino del Fondo Nazionale Lotta alla Droga, col 25% delle risorse destinato a livello centrale, ai Ministeri.
Articolo di Redazione
Stefano Regio, Cooperativa il Cammino, scrive per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto dell’11 settembre 2013