È uscito per Einaudi l’ultimo romanzo di Don Winslow, Il Confine, che sta avendo un ottimo successo editoriale. Nei primi capitoli, l’autore immagina l’incontro fra il capo della Narcotici del Nypd- New York Police Department e il capo della Dea, l’agenzia federale antidroga, appena nominato. Il poliziotto di New York si vanta col funzionario federale che il suo dipartimento doterà tutti gli agenti del Naloxone, il farmaco usato come antidoto nei casi di overdose da oppiacei (“Si tratta per prima cosa di salvare i feriti nella guerra alla droga”, dice); e accusa la Dea di miopia perché denuncia “festini a base di Naloxone” (cosa che un agente Dea in Utah ha effettivamente fatto nel 2017).
Negli Usa, a fronte di una feroce impennata dei morti di overdose, il Naloxone è disponibile ovunque, anche nei motel; le metropolitane sono piene di avvisi rivolti a chi usa eroina e in tv o sul web fioriscono gli spot per coinvolgere tutti nel soccorso delle vittime di overdose.
Sarà perché le vittime della cosiddetta epidemia negli Usa sono per lo più bianchi, ma nella patria della “tolleranza zero” e della war on drugs qualcosa è cambiato.
In Italia, il primo paese al mondo ad aver fatto del Naloxone un farmaco da banco senza ricetta medica, colpisce l’immobilismo delle istituzioni nazionali rispetto al fenomeno dell’uso di droghe, mentre i media gridano all’”emergenza droga”, quasi sempre richiamando lo spettro degli anni ottanta e di qualche “nuova eroina” dal colore acceso.
Negli ultimi due anni le overdose sono aumentate del 10%, anche se non hanno raggiunto i numeri dei favolosi ottanta. Eppure “sappiamo cosa fare”: questo il motto della campagna Mai senza naloxone, che Itardd, insieme a Forum droghe (con l’adesione di Sidt e Federserd) ha lanciato lo scorso anno https://maisenzanaloxone.fuoriluogo.it/index.php/la-campagna/ . La carovana che sta girando l’Italia per portare avanti questa campagna ha dovuto confrontarsi con i racconti di diversi operatori, che hanno denunciato il sequestro di Naloxone a opera delle forze dell’ordine. Dunque la prima regola di sicurezza – serve Naloxone dappertutto, anche a bordo delle volanti – è disattesa, anzi manifestamente osteggiata.
Eppure “sappiamo cosa fare”. Tutte le persone che usano eroina, i loro amici, i vicini e i familiari devono avere il salvavita. Senza paura. Serve facilitare i soccorsi con una legge del “Buon Samaritano”, che tuteli chi chiama aiuto in caso di overdose e lo incoraggi a comporre il 118. Per questa legge ci stiamo impegnando assieme a Itanpud, la rete italiana delle persone che usano droghe.
Soprattutto bisogna smettere di stigmatizzare chi usa droghe, e invece cominciare a rivolgersi direttamente ai consumatori che spesso sono i primi a intervenire per salvare la vita di chi va in overdose. Smettere i toni dell’emergenza e concentrarsi sulle persone.
Anche quest’anno, il 31 agosto, ricorre l’International Overdose Awareness Day , l’iniziativa che vuole sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale e i policy maker a prevenire le morti per overdose.
Lo scorso anno, è partita la Carovana della campagna Mai senza naloxone. Nelle tappe di Firenze, Perugia e Reggio Emilia abbiamo toccato con mano quanto ogni giorno i consumatori e gli operatori della riduzione del danno siano impegnati per prevenire le morti da overdose. Abbiamo registrato un grande impegno e ottimi propositi che si scontrano con politiche ancora ispirate alla tolleranza zero, all’astinenza come obiettivo unico della cura, alla colpevolizzazione dei consumatori e alla volontà di punirli.
Speriamo che anche quest’anno lo International Overdose Awareness Day sia un passaggio per mettere in discussione le politiche sulle droghe. A fianco di chi le usa, per i loro diritti.