Già venticinque anni! Con il referendum del 1993 gli Italiani avevano espresso la volontà che fosse restituito ad ogni tossicodipendente il diritto di scegliere con chi e come farsi curare; tale diritto gli era stato tolto con la Vassalli-Iervolino. Naturalmente la loro volontà non fu ascoltata. Intorno alla metà degli anni ‘90 le sorti della lunga e drammatica battaglia contro l’HIV cominciavano a cambiare favorevolmente direzione, grazie alla comparsa di nuove terapie farmacologiche ed all’atteggiamento responsabile dei tossicodipendenti.
Nello stesso periodo la popolazione che si rivolgeva ai servizi era composta quasi esclusivamente da consumatori di eroina e la risposta da offrire loro era oggetto di discussioni, dai toni aspri. Si polemizzava in particolare sull’opportunità di prescrivere il metadone considerato da alcuni quasi una panacea, da altri una vera droga da evitare ad ogni costo. Dietro queste posizioni radicali si nascondeva un conflitto più profondo tra gli operatori dei vari servizi. Le comunità chiedevano il riconoscimento per il lavoro svolto da anni che la Vassalli-Iervolino mortificava. I neo-servizi pubblici avevano bisogno di affermazione per le responsabilità che si trovavano a dovere gestire. Il conflitto si nutriva delle diatribe sulla natura della dipendenza: malattia da curare o vizio da correggere? Ebbene si! Si parlava ancora di vizio! Nonostante nessuno sia mai riuscito a definire cosa sia un vizio, per alcuni le idee per correggerlo erano chiare: nessun aiuto doveva essere offerto ad un vizioso che non avesse prima rinunciato al suo vizio e l’ordalia così sancita prevedeva che dovesse “toccare il fondo”! Una visione che purtroppo divideva sia il mondo delle comunità che quello dei Ser.T.
Dallo schiamazzo di questi alterchi, si alzò una voce fuori dal coro, chiedeva che i tossicodipendenti fossero trattati con rispetto e dignità, ascoltati e non sottomessi alla decisione imposta dalla visione ideologica dell’operatore. Non solo, questa voce denunciava i danni provocati dalla politica di proibizione e le condizioni dei tossicodipendenti all’interno delle carceri. Era nato “Forum Droghe”. Fu come il canto delle sirene per chi aveva voglia di riflettere su un problema complesso, di confrontarsi e di mettersi al servizio di chi chiedeva aiuto. Un gruppo di persone provenienti da vari orizzonti sociali, professionali e culturali, uniti da questi valori, avevano deciso di condividere le loro riflessioni ed esperienze.
Da allora il contesto è cambiato, tutti sono d’accordo nel riconoscere la dipendenza come una malattia da curare, anche se persistono visioni non facilmente conciliabili sulla natura di questa malattia ed il modo di curarla. Molta strada rimane ancora da percorrere per raggiungere i nostri obiettivi. Lo stigma rimane. L’inserimento delle strategie per la riduzione dei danni nei Livelli Essenziali di Assistenza è stato accettato ufficialmente ma non viene applicato ovunque e comunque con dei limiti che ne minano l’efficacia. Il carcere di cui conosciamo le condizioni continua troppo spesso ad essere l’unica risposta ai piccoli reati di spaccio. Sebbene la popolazione sia sempre più critica nei confronti della politica di proibizione, la legalizzazione, perfino delle droghe leggere, rimane un tabù per i politici che preferiscono evitare i temi divisivi. La voce di Forum Droghe, mai venuta meno ai suoi ideali in questi anni, è quindi più che mai necessaria per continuare a sperimentare ed esplorare nuove strade, a riflettere ed a porre ai politici delle domande scomode.