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“Federico è morto di morte violenta”. Non ha dubbi Gaetano Thiene, l’anatomo-patologo dell’università di Padova entrato nel processo Aldrovandi per spiegare la “misteriosa” foto del cuore di Federico. Davanti al giudice Caruso l’esperto ha confermato questa mattina quanto scritto nel parere medico-scientifico depositato dalle parti civili nel corso dell’udienza dello scorso 24 novembre.

“L’immagine è chiara – afferma Thiene -: alla base del cuore, lungo l’efflusso ventricolare sinistro, fra cuspide aortica e coronarica destra, si osserva un cospicuo ematoma di circa 1 cm in corrispondenza del fascio di His, ovvero del fascicolo che conduce lo stimolo elettrico dagli atri ai ventricoli. Il coinvolgimento del fascio di His da parte dell’ematoma è vistoso e con grande verosimiglianza è di origina traumatica, da “blunt trauma” (contusione cardiaca da trauma a torace chiuso), oppure ipossico da insufficienza respiratoria prolungata”.

Il cardiologo rigetta tutte le ipotesi avanzate da chi lo ha preceduto (e che non si potevano basare su quella foto venuta fuori solo tre mesi fa): “hanno messo insieme due cose completamente distinte. Abbiamo due cose clamorose: quello che c’è, che è l’ematoma, e quello che non c’è, le bande di contrazione”. L’esclusione vale anche per “la teoria che si possa morire di spavento o di fatica”: “è fantasia. In 10mila autopsie e in 500 casi di morti improvvise in giovani pazienti non mi è mai capitato un’ipotesi del genere in casi che presentano un cuore normale o in assenza di una causa congenita”.

Thiene era stato chiamato in causa proprio da un consulente della difesa per suffragare la propria ipotesi, ma “sono stato frequentemente citato a sproposito durante questo processo e anche per questo sono qui, per difendere la mia onorabilità”.

E la sua esperienza (è stato Presidente della Società americana di patologia cardiovascolare, ha scritto 700 articoli e pubblicato 15 libri in materia) gli detta una sola possibile causa del decesso del 18enne: “asistolia da ematoma”. Che non può essere intervenuta in sede di rianimazione: “o stava morendo in asistolia – spiega il consulente – o se era già morto le manovre rianimative non possono aver creato quell’ematoma che io ritengo vitale (avvenuto mentre Federico era ancora in vita, ndr)”.

Il professore scarta infatti “in modo assoluto l’ipotesi che possa trattarsi di un ematoma post mortem”. E questo “in base a colore, quantità e zona circoscritta: il colore è bluastro, da sangue fuoriuscito e non può essersi creato in conseguenza del massaggio cardiaco: non può essersi formato se era già morto. Se invece il ragazzo era ancora in vita allora è morto per un blocco”.

Per provocare il “blunt trauma” sarebbe bastato anche “un colpo secco, anche una pressione sul torace. In questo modo si schiaccia il cuore tra la colonna vertebrale e lo sterno. Nel caso in cui il cuore soffra per la pressione che va alle stelle, si crea un ematoma. L’asfissia, infatti, favorisce la rottura dei vasi. Per farlo serve una forza notevole, occorre esercitare una pressione molto molto pesante. Non troviamo segni di ciò a livello di epidermide perché nei giovani non si creano fratture da pressione nel torace perché hanno ancora la cartilagine, che è elastica”. Ricostruzione che si basa sul fatto che “quella della foto non è una petecchia, è un ematoma – assicura Thiene -. Per procurarla non basta un fattore asfittico, ma ne occorre uno meccanico”.

Quanto all’excited delirium syndrome evocata dalle consulenze della difesa e del tribunale “certamente esiste, ma escludo che sia stata la causa della morte. Significherebbe morire per morte naturale, qui invece siamo di fronte a una morte violenta e traumatica. L’insufficienza respiratoria deriva dalla postura e dallo schiacciamento (un’azione prolungata esercitata con mani o ginocchia, con una forza cospicua, pari a quella che si effettua nella rianimazione)”.

La situazione in cui si sarebbe trovato Federico sarebbe inoltre compatibile con le richieste di aiuto che alcuni testimoni dicono di aver sentito: “il soggetto che subisce un trauma di questo tipo è lucido e può chiedere aiuto, rimane perfettamente cosciente negli ultimi istanti di vita”. Quanto invece ai tempi del decesso “non sono immediati in casi di emorragia, si può parlare di minuti”.

Infine Thiene presenta un’ulteriore dimostrazione per avvalorare la sua teoria: “la dimensione dell’ematoma è speculare a un secondo ematoma che troviamo nella parte posteriore del cuore”. Cosa significa? “Che per la compressione i due punti del cuore si sono toccati: il cuore è stato schiacciato. E questo può avvenire a torace indenne ed è compatibile con il fatto che le pareti esterne del muscolo non presentano lesioni. Sono prove di un’evidenza incontrovertibile”.

Perché allora nessuno dei consulenti sentiti fino ad oggi le ha trovate tali? “Nessuno di loro è patologo cardiovascolare” taglia secco Thiene.