Lo scorso 25 agosto una sentenza della Corte suprema argentina ha stabilito che è incostituzionale punire un adulto per il consumo o il possesso di una modica quantità di marijuana, se ciò non comporta rischi per altre persone e se il consumo avviene in privato. I giudici della Corte, che si sono espressi all’unanimità, hanno invitato il governo a combattere il narcotraffico e ad adottare politiche sul versante sanitario, con misure di informazione e prevenzione dirette in particolare ai gruppi più vulnerabili. Nella sentenza si riconosce agli adulti il diritto di decidere liberamente del proprio stile di vita senza interferenze dello stato, richiamando il principio di «autonomia personale» tutelato dalla Costituzione argentina.
Con questa decisione i giudici hanno annullato una sentenza del 2006, di un tribunale di grado inferiore, che aveva condannato alcuni consumatori alla pena detentiva perché trovati in possesso di spinelli. La sentenza – che si applica non solo alla marijuana ma a tutte le droghe illecite – non ha fissato un limite quantitativo per definire cosa si intenda per modica quantità.
Il capo di gabinetto argentino Anibal Fernandez si è detto favorevole a tenere i tossicodipendenti fuori dal circuito penale, e ha dichiarato che la sentenza mette fine alla «politica repressiva inventata dall’amministrazione Nixon negli Usa, e successivamente adottata dai dittatori argentini, di incarcerare i consumatori come se fossero dei narcotrafficanti». Fernandez ha inoltre dichiarato in un’intervista radiofonica che il governo argentino intende portare avanti con convinzione la lotta al narcotraffico.
La presidente Cristina Fernandez de Kirchner si è espressa a favore di un cambiamento nella legislazione sulle droghe. Il governo argentino intende ora presentare in parlamento una proposta di legge che, secondo quanto dichiarato da Anibal Fernandez, dovrebbe essere pronta entro la fine dell’anno. La proposta probabilmente seguirà le stesse linee di quella recentemente approvata in Messico.
Il 21 agosto scorso il parlamento messicano ha approvato una legge che depenalizza il consumo di modiche quantità di droghe illecite, sulla linea della distinzione fra le politiche rivolte ai consumatori e la lotta al narcotraffico. Il presidente Calderon ha appena annunciato la sostituzione del procuratore generale Eduardo Medina Mora con Arturo Chavez, un giudice esperto di contrasto al narcotraffico la cui nomina dovrà ora essere ratificata dal Senato.
La nuova legge del Messico prevede delle soglie quantitative per ciascuna sostanza, e i consumatori che saranno trovati con piccole quantità di droga saranno «incoraggiati» a entrare in trattamento. La terza volta, tuttavia, il trattamento sarà obbligatorio. La quantità massima tollerata di marijuana per uso personale è 5 grammi. Il limite è mezzo grammo per la cocaina; 50 milligrammi per l’eroina; 40 milligrammi per le metamfetamine; 0,015 milligrammi per l’Lsd.
Secondo dati del ministero della giustizia messicano, da quando si è insediato Calderon la polizia ha effettuato 15.000 perquisizioni per possesso o smercio di piccoli quantitativi di droga, e 95.000 persone sono state arrestate, ma solo nel 12-15 per cento dei casi è stata formalizzata una accusa nei loro confronti.
Ad aprire la strada a un approccio più tollerante nei confronti dei consumatori di sostanze illecite, ha contribuito la Commissione latino-americana sulle droghe e la democrazia, un organismo indipendente costituito da 17 personalità di spicco, tra cui tre ex presidenti: Fernando Cardoso (Brasile), César Gaviria (Colombia) e Ernesto Zedillo (Messico). In un recente rapporto dal titolo Drugs and Democracy: Toward a Paradigm Shift, la Commissione ha denunciato il fallimento della war on drugs imposta dalla Casa Bianca e ha sottolineato la necessità di affrontare la questione del consumo di droghe con un approccio di sanità pubblica, invitando i governi ad adottare misure che vadano in questa direzione.