Trovo molto pericoloso il clima che si sta creando in questi ultimi anni rispetto al dibattito scientifico e politico sul tema delle droghe e dei consumatori (cfr. Giovanni Serpelloni «Perché vietare sempre l’uso di stupefacenti» il manifesto 15/8). Lavoro nelle tossicodipendenze da almeno 16 anni e ritengo che molto sia stato fatto in passato soprattutto ad opera degli operatori del pubblico e del privato sociale che, come me, fanno tutti i giorni front office con l’utenza, per favorire la demolizione degli stereotipi sul consumatore di sostanze, per invitare i consumatori ad essere attivi protagonisti della propria crescita personale, per l’integrazione lavorativa e sociale. Nell’ultimo periodo, ritengo che ci sia stato un passaggio che è più politico e ideologico che «scientifico», dalle prassi di «riduzione del danno» a quelle di «produzione del danno».
Mi riferisco a sanzioni amministrative che dal 2006 grazie alla legge Fini-Giovanardi non prevedono più il ricorso all’art.75 della legge 309/90 come alternativa e come spazio terapeutico per i consumatori di sostanze e ai test ai lavoratori che compromettono di fatto la vita lavorativa di chi ha usato anche sporadicamente sostanze psicoattive. Ma potrei citare altre prassi terapeutiche che, ad oggi, non vengono più prese in considerazione ed escluse persino dal dibattito politico. I danni a lungo termine causati da un abuso di sostanze sono di certo documentati, come sostiene Serpelloni, ma non tanto per la cannabis quanto per la cocaina e l’alcool di cui, di fatto, viene punito solo l’abuso legato al momento del controllo. Per l’alcool, sostanza tra le più pericolose dal punto di vista comportamentale e di danno alla salute, si tollera l’uso e si punisce giustamente l’abuso per chi viene trovato alla guida di un mezzo di trasporto.
Questa visione non viene mantenuta per quanto riguarda la cannabis poiché si sostiene che rechi danni neurologici irreversibili a lungo termine, ipotesi per cui viene menzionata una letteratura scientifica ad hoc di cui però non vengono fornite le coordinate. Di questo passo i consumatori di questo tipo potrebbero affluire più ad un servizio sociale per l’handicap che a un Ser.T e la cosa oltre ad apparirmi metodologicamente ridicola mi lascia perplessa dato che gli studi che vedono un lineare rapporto causa-effetto tra cannabis e compromissione cognitiva vengono fatti soprattutto su persone che hanno avuto nella loro vita vari poliabusi. Vorrei porre all’attenzione di Serpelloni altri recenti studi: Gender moderates the impact of stereotipe threat on cognitive function in cannabis users-Addict Behav (Settembre 2010); Testing for cannabis in the work place: a review of the evidence Addiction (Marzo 2010); Neurophisiological and cognitive effects of smoked marijuana in frequent users- Pharmacol Biochem Behav (Settembre 2010). Ne ho citati solo alcuni, solo per dimostrare che sia io che l’Associazione Forum Droghe non ignoriamo di certo la letteratura scientifica sull’argomento e non siamo contro «a priori».
Un ultimo punto riguarda proprio l’Associazione Forum Droghe. Caro Serpelloni, se avrà avuto l’umiltà, e il buon senso a cui lei ci invita, di vedere di quali professionalità è composta, constaterà che siamo un gruppo molto eterogeneo di operatori dei Servizi di tutta Italia sia del pubblico che del privato sociale, attivisti, garanti dei detenuti e anche sociologi e sindacalisti che vedono da varie prospettive i problemi dei consumatori di sostanze. Non siamo né «tuttologi», né «opinionisti estivi» e respingiamo al mittente le accuse di incompetenza. Il suo tipo di comunicazione intenzionalmente offensiva assomiglia molto, e ne è sicuramente parente, al «vizio» di questo governo di tentare di screditare l’interlocutore per non confrontarsi sui contenuti. La invitiamo perciò noi all’umiltà e al rispetto delle opinioni altrui, perché il nostro concetto di salute e la preoccupazione per la salvaguardia dei diritti umani non ci permette di trattare certi argomenti come chiacchiere da ombrellone.
Per finire, siamo pienamente d’accordo con lei nel distinguere ruoli e competenze. Uno dei suoi compiti istituzionali sarebbe stato quello, ad esempio, di partecipare alla recente conferenza mondiale sull’Aids a Vienna, in cui il governo italiano era assente. Spero comunque che abbia letto la Dichiarazione uscita dal summit; si sarà potuto rendere conto che le politiche sulle droghe in Italia sono arretrate e di certo non sempre condivise a livello internazionale.
Il mestiere che il Goveno non conosce
Articolo di Redazione
La risposta a Giovanni Serpelloni di Beatrice Bassini, Vice presidente di Forum Droghe.