Tempo di lettura: 10 minuti[Dal 6° Libro Bianco sulla legge sulle droghe] La presente nota non intende ripetere l’analisi di cui al capitolo “Droghe e guida, miti e fatti” nel Libro Bianco 2014, anche poichè novità significative in materia non pare ce ne siano; ma si limiterà a un rapido aggiornamento delle informazioni disponibili e a un commento sul capitolo ad hoc nella Relazione 2015 al Parlamento. A prima vista, infatti, sorprende che detto capitolo liquidi l’argomento in poco spazio, salvo la dettagliata descrizione di un progetto pilota presso un Pronto soccorso, di cui si dirà più oltre. Ma lo liquida di brutto e in pieno accordo con i nostri rilievi dello scorso anno, con parole come queste: “I dati ufficiali a livello nazionale vengono poi forniti sia dalla Polizia Stradale, sia dall’Istat sulla base dei dati del casellario giudiziario. Purtroppo questi dati forniscono solo la positività all’alcol e alla sostanza, senza specifica sostanza [sic] e sono in contrasto tra loro (Figura 34).” E che contrasto! I casi di guida sotto l’influenza di alcol o droghe furono nel 2011 (qui si ferma la figura 34) 45.555 secondo l’Istat/Casellario giudiziario, 27.946 secondo la Polizia stradale.

Subito dopo si trovano gli andamenti 2005-2014 (secondo la Polizia stradale) degli incidenti nei quali si è rilevata una guida sotto l’influenza di alcol o droga (il che è ben diverso dal dire “incidenti causati da alcol o droga”; v. oltre). Per l’alcol il valore 2014 è 18.821 (1,28% del totale degli incidenti), per la droga 1.146 (0,08 %). A parte la nota pericolosità della guida sotto l’effetto dell’alcol, queste cifre indicano che la pericolosità relativa della guida sotto l’influenza di alcol o droga è assai bassa rispetto agli altri fattori di rischio, addirittura minuscola nel caso delle droghe. Non torneremo su quanto scritto l’anno scorso sui fattori di rischio diversi dall’assunzione di  sostanze, che sono alla base della stragrande maggioranza degli incidenti; ma va almeno sottolineato come in altri Paesi ad alcuni di detti fattori si attribuisce un peso crescente e in conseguenza si adottano o si progettano misure mirate a neutralizzarli. In Francia, per esempio, è stato vietato l’uso del cellulare anche con l’auricolare[1], restando autorizzato solo l’uso con il bluetooth (anche se è ampiamente dimostrato che ciò non basta per azzerare il rischio da distrazione in corso di uso del telefono).

Negli USA cresce la preoccupazione degli esperti per il dilagare delle visualizzazioni sul parabrezza di informazioni varie (velocità, istruzioni dal navigatore, chiamate telefoniche, &c. – ogni giorno se ne aggiunge una nuova[2]. I produttori e venditori interessati adottano strategie difensive invocando la “riduzione del danno”, per es.: sappiamo che l’uso del telefono mentre si guida  è rischioso in qualsiasi versione, ma siccome buona parte dei guidatori mai desisterà da tale uso, diamo loro una versione un pò meno rischiosa di quelle tradizionali.

Affidabilità e carenza dei dati

Tornando alla carenza e inaffidabilità dei dati in Italia, è ovvio che in tale situazione è impossibile valutare il ruoilo di eventuali sovra- e/o sottostime della frequenza di incidenti in rapporto all’uso dei vari tipi di sostanze. Per esempio, come già notammo l’anno scorso, il valore limite legale del tasso alcolico in Italia (0,5 g/l) già si associa a un aumento notevole del rischio di incidente. Perciò il succitato valore per l’alcol fornito dalla Polizia stradale è quasi certamente una sottostima, probabilmente non tiene conto degli incidenti nei quali l’alcol era presente, ma a valori non superiori al limite legale. Per contro  è ben noto che i metaboliti dei principi attivi della cannabis persistono nei liquidi organici per lungo tempo dopo la cessazione delle alterazioni psicofisiche prodotte dalla sostanza. Perciò è assai probabile che il valore già assai basso fornito per le droghe sia una sovrastima:  il che quadrerebbe con i dati che giungono dagli USA, i quali depongono per una riduzione degli incidenti stradali dopo la legalizzazione della cannabis[3]. Secondo alcuni, ciò potrebbe esser dovuto al passaggio dagli high alcolici ai meno pericolosi high da cannabis. Inoltre vi sono dati i quali suggeriscono che la pericolosità della guida sotto l’effetto della cannabis recentemente assunta è non solo assai minore di quella dell’alcol, ma apparentemente di un tipo diverso, tale da concorrere alla riduzione del rischio di incidente. A differenza dei soggetti sotto l’influenza “disinibente” dell’alcol, quelli che guidano sotto l’effetto della cannabis sarebbero consapevoli dei loro deficit e tenderebbero a compensarli, riducendo la velocità e focalizzando la loro attenzione quando le condizioni esterne rendono necessaria una risposta adeguata. (Ovviamente rimane il grave problema dell’assunzione concomitante di alcolici e cannabis; tuttavia non sembra ci siano dati atti a distinguere tra diverse  possibilità – se conti solo la componente alcol o se vi sia un reale e significativo reciproco potenziamento degli effetti dei due tipi di sostanza, compreso l’annullamento della succitata “cautela” dell’assuntore di sola cannabis).
Una sintesi aggiornata della letteratura su cannabis e guida, corredata dalle indicazioni bibliografiche e dai riassunti di molti articoli sull’argomento, si trova in http://norml.org/library/item/marijuana-and-driving-a-review-of-the-scientific-evidence.

Dopo meno di due pagine dedicate a quanto sin qui commentato, la Relazione al Parlamento continua con una “Analisi approfondita sui dati di un Pronto soccorso (progetto pilota)” – un progetto svolto all’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma – analisi che occupa ben 15 pagine. Si tratta di un lavoro  indubbiamente interessante per la dovizia  di dati riguardanti il periodo 2007- 2012, sia aggregati che disaggregati secondo una gran varietà di criteri: dall’età e dal sesso degli assistiti ai codici di urgenza, dalla distribuzione nei giorni della settimana e nelle fasce orarie della giornata alle positività per i vari tipi di sostanze.  Per il 2012, per esempio, troviamo come previsto l’alcol in testa (32,7% degli assistiti con positività), mentre le percentuali per la cannabis (19,3), per la cocaina (16,0), e per gli oppiacei (17,3) non paiono molto diverse da quella per le benzodiazepine (14,7). La maggioranza, oltre il 50%, risulta aver assunto una sola sostanza, mentre tra i poliassuntori il picco si trova a due sostanze (circa 30%), a livello tre il valore scende a 10%.

Se riferiamo pur  sinteticamente questi dati, ai quali è dedicato quasi il 90% del capitolo su droga e incidenti, è per sottolineare due aspetti ben distinti tra loro. A prima vista  infatti si trova quel che un esperto di una commissione di Bruxelles una volta definì “la corretta tenuta dei libri mastri di una società civile”; tuttavia da non confondere con le ricerche  mirate ad accertare cause e meccanismi di un dato fenomeno, quindi a prevenirne o a moderarne le eventuali conseguenze negative. Sotto questo secondo profilo, dati come questi non possono essere di alcun aiuto, e a pensar male pare servano soprattutto o soltanto a mascherare il vuoto delle azioni necessarie e non svolte. Per esempio: quanti degli asssistiti positivi per alcol e/o droghe erano stati causa di un incidente o viceversa vittime incolpevoli  del medesimo? Qual era la distribuzione dei tempi dall’ultima assunzione delle sostanze al momento dei prelievi per le analisi? (Inutile ripetere a questo proposito le emormi differenze nei tempi di metabolizzazione di sostanze come la cocaina e come la cannabis); quanti tra gli assuntori di benzodiazepine assumevano la sostanza su ricetta medica per scopi terapeutici, quanti invece si erano procurati illecitamente i prodotti  per usi ricreazionali? Etc. etc.

A questo proposito, un’indagine recente condotta in Spagna attribuisce addirittura il 5% degli incidenti alla guida in corso di trattamento farmacologico[4]. Secondo la SEFAC (Sociedad Española de Farmacia Comunitaria) il 30% degli automobilisti è sottoposto a trattamento farmacologico e il 25% delle cure autorizzate può influire sull’attenzione alla guida[5]. La SEFAC fa anche notare  che il trattamento è spesso una automedicazione con farmaci da banco senza consultazione del medico medico, un’abitudine che  espone al rischio di assumere molti farmaci con gran leggerezza e senza  che i soggetti si siano curati di informarsi attraverso il foglietto illustrativo o per altre vie.

Prevenzione delle cause

A integrazione di quanto nel capitolo del Libro Bianco dell’anno scorso, prima di chiudere si possono qui fare alcune considerazioni metodologiche riguardanti le azioni da considerarsi  indispensabili in quanto propedeutiche a una messa in opera di programmi di prevenzione di reale efficacia. Raramente un incidente grave è attribuibile a una singola causa, a differenza di quanto vale per gli incidenti di minore gravità (per esempio, un tamponamento con danni limitati e solo economici causato da un momento di distrazione). Cioè in un incidente grave vi è spesso un concorso  di diverse cause e concause come l’eccesso di velocità, il mancato rispetto di uno stop, il sorpasso in curva o comunque in zona con divieto in prossimità di un incrocio, il salto di corsia, la distrazione da telefonino o simili, la cattiva manutenzione o cattiva segnaletica stradale, e magari un pizzico di euforia alcolica, non necessariamente con un tasso alcolemico superiore al limite legale. A fini sia di prevenzione che di “calibrazione” delle sanzioni, occorrono quindi dati costantemente aggiornati sul ruolo dei vari fattori nelle varie tipologie di incidenti, dati  da ottenersi mediante ricerche su campioni statisticamente adeguati per ciascuna tipologia e da trattarsi secondo i modelli volta per volta più appropriati di analisi  multivariata, tenendo nel dovuto conto i c.d.  fattori confondenti e altre tecnicalità.  Su questa base, per esempio, alle misure già vigenti in Svezia – dove in condizioni ambientali mediamente peggiori delle nostre la mortalità stradale è già circa la metà di quella italiana, qualora calcolata usando come denominatore il numero di abitanti; un pò di più della metà se il  riferimento è ìl parametro automezzi x chilometri – a fini di prevenzione delle carambole in autostrade e superstrade si stanno aggiungendo dispositivi atti a identificare e sanzionare i conducenti che non tengono la corsia “più a destra possibile”, che sorpassano a destra  (favoriti dai precedenti) e/o fanno frequenti cambi di corsia oltre quelli strettamente indispensabili per i sorpassi.

Un secondo esempio riguarda la mortalità pedonale assai elevata in Italia (in particolare a Roma, il doppio rispetto a Parigi). In Austria abbiamo visto di recente come oltre alla segnalazione con lampeggiatore della stragrande parte delle zebre non semaforizzate – sempre visibilissime, mai cancellate o quasi come spesso da noi –  si stia introducendo un’altra misura mirata a ridurre ulteriormente il rischio di investimento dei pedoni. Quando le zebre sono troppo vicine a una curva, caso non raro nelle zone urbane, l’automobilista è anche preavvisato da un grande triangolo con la scritta “passaggio pedonale tra x metri”.

A fronte di tali strategie  che da noi non si praticano, o si praticano in modo erratico,  o si sostituiscono con azioni ad alto costo e di valore prevalentemente spettacolare/pubblicitario, prosegue ininterrotto il flusso di messaggi mediatici clamorosi riguardanti incidenti gravi nei quali si è rilevata una positività ad alcol e/o droghe. Qui la regola è di far d’ogni erba un fascio, senza tener conto delle differenze tra le varie droghe lecite e illecite, e soprattutto senza mai menzionare il fatto che proprio nei dati ufficiali l’assunzione di sostanze si riscontra in una minima parte del totale degli incidenti. Tra gli innumerevoli titoli di scatola dedicati ad alcol e droghe, comincia però ogni tanto a spuntare timidamente  qualche messaggio più ragionevolmente informativo sui reali  rapporti tra vari tipi di rischio , come quelli più sopra segnalati riguardanti l’uso dei cellulari e le visualizzazioni sul parabrezza. E addirittura ll Sole 24 ore il 19 luglio scorso ha dedicato una intera pagina ai morti causati dall’interazione con lo schermo, invocando misure drastiche,  sotto il vistoso titolo “Scrivi un sms e ti schianti”: una vistosità riservata dai media per decenni ai presunti “grandi colpevoli”; cioè non solo l’alcol, ma anche “a pari merito” tutte le droghe a partire dalla cannabis.

Omicidio Stradale

In questa situazione, ad amplificare i toni populisti e-giustizialisti si è concluso l’iter della legge per l’intorduzione del reato di omicidio stradale: approvata a stragrande maggioranza dal Senato, ha da poco incassato l’approvazione definitiva della Camera. Diverse voci si sono già levate per denunciare le criticità della legge, anche da quotidiani nazionali di grande diffusione come il Sole 24 ore (Maurizio Caprino, 5 gennaio) e La Stampa (Mattia Feltri, 8 gennaio[6]).

In primo luogo, sulla legge gravano fondati dubbi di incostituzionalità. Infatti la gravità delle pene (sino a 18 anni di carcere) previste per omicidio stradale supera di gran lunga quella prevista per reati colposi altrettanto gravi o più gravi. Caprino porta l’esempio degli infortuni sul lavoro, che come sappiamo sono per lo più la conseguenza di strategie speculative mirate ad economizzare sulle misure di sicurezza; cioè di comportamenti che sarebbe più logico definire dolosi piuttosto che colposi.

In secondo luogo la legge che introduce il reato di omicidio stradale non risolve una serie di problemi riguardanti la affidabilità degli accertamenti analitici (la Cassazione ha già dichiarato inutilizzabili a fini di giudizio penale quelli esclusivamente sintomatici e non solo[7]; ma come si vedrà più oltre, in molti casi gli accertamenti analitici possono valer ben poco in assenza di tempestivi accertamenti sintomatici eseguiti de operatori competenti). Nel caso della guida in stato di ebbrezza alcolica, se da un lato la sua pericolosità supera di gran lunga quella di tutte le altre sostanze psicoattive, lecite e illecite, dall’altro vari problemi riguardanti gli accertamenti restano irrisolti. Infatti la legge si basa sui tassi ematici sia per il limite legale sia per le successive soglie di crescente gravità dei reati. Ma l’affidabilità degli etilometri è variabile ai fini della stima del corrispondente tasso ematico (non di rado la tendenza è a una sovrastima del medesimo); e questo, in parte per le caratteristiche stesse dell’apparecchiatura, in parte poiché le condizioni dell’individuo e vari fattori ambientali possono influenzare il rapporto tra il dato letto sull’etilometro e il tasso ematico. L’unica soluzione scientificamente valida è il prelievo di sangue entro brevissimo tempo dall’incidente e la conservazione del campione a regola d’arte sino al momento dell’analisi: il che, considerando i problemi tecnici, logistici e giuridici, pare una prassi difficilmente attuabile oltre a una sparuta minoranza dei casi nell’attuale situazione italiana. Tra l’altro questo apre la strada a un’ennesima versione della “giustizia di classe”: cioè i soggetti in grado di arruolare principi del foro e luminari scientifici come periti di parte potrebbero più facilmente ottenere l’assoluzione in base a dotte argomentazioni su dubbi come quelli sopra accennati; o almeno una derubricazione della pena da quella prevista per i tassi alcolemici più elevati a quella per i tassi meno elevati.

Il caso dell’ebbrezza alcolica è comunque il più semplice, rispetto alla infinita varietà sia degli effetti delle diverse droghe e dei diversi farmaci psicoattivi, sia dei rispettivi metabolismi dopo il loro ingresso nei nostri “preziosi fluidi corporei”, per dirla col generale guerrafondaio matto del dottor Stranamore. Cioè droga per droga, onde evitare che ogni giudice faccia di testa sua, occorrerebbe stabilire non solo la correlazione tra tasso ematico e alterazioni psicofisiche, ma anche il tempo massimo entro il quale il prelievo per l’analisi del tasso ematico può considerarsi valido ai fini del giudizio penale: un tempo brevissimo, per esempio, nel caso della cocaina; mentre all’estremo opposto l’assunzione di cannabis lascia tracce per un tempo assai lungo dopo la cessazione di qualsiasi alterazione psicofisica. Caprino sul Sole così efficacemente sintetizza un altro aspetto dell’intricata questione: “Altro problema di accertamento legato alle droghe è la mancanza di protocolli seguiti universalmente. Ciò fa sì che, per esempio, i valori di “cut off” – in base ai quali si determina la positività o meno – non siano sempre quelli fissati dalle linee guida dei tossicologi forensi, ma talvolta siano quelli fissati dai costruttori degli apparecchi di misura”. Comunque appare irrinunciabile l’esigenza di un esame dello stato psicofisico del soggetto da parte di un operatore neuropsicologicamente competente, entro un tempo brevissimo dall’incidente, se si vuole prevenire un uso della legge come arma di caccia alle streghe; in particolare come strumento di persecuzione di soggetti che magari si son fatti un paio di spinelli nel week-end esono coinvolti in un incidente diversi giorni dopo.

E a questo proposito: a pensar male si fa peccato, ma… Rivediamo un po’ cosa scrive Mattia Feltri nel succitato articolo su La Stampa.

“L’ultimo reato inserito nei codici è l’omicidio stradale… Ci arricchiamo di legislatura in legislatura di nuove fattispecie, come si dice nei manuali: femminicidio, stalking, corruzione per induzione, associazione contro l’ambiente; è la risposta irrefrenabile del Parlamento all’emergenza e alle sensibilità di turno. Se l’estro legislativo è appannato, allora si invoca l’inasprimento delle pene… La sete di giustizia è implacabile… La presunzione d’innocenza in effetti è ormai una categoria del lusso… Dunque, ‘inasprire le pene’…” Etc. etc.

Per ogni tipo di reato, come l’omicidio o le lesioni, la moltiplicazione delle fattispecie è potenzialmente infinita quando occorre mascherare un estro legislativo appannato e stornare l’attenzione dai problemi reali.. Un estro legislativo trasparente, tenendo conto dei mutamenti sociali e quindi – senza cedere a spinte populiste e giustizialiste – della gravità relativa dell’una o dell’altra varietà di un dato reato, farebbe piuttosto ricorso a specifici ritocchi del Codice penale in fatto di attenuanti e aggravanti. Troppo chiaro e semplice per chi fa un certo tipo di politica sotto la copertura di fitte cortine fumogene.

Note

1. La Repubblica, 19.06.15, p.34
2. La Repubblica, inserto New York Times, 22.06.2015, p. IV; l’articolo originale del 29.05, corredato da pittoresche illustrazioni. è accessibile sul sito del NYT http://www.nytimes.com/2015/05/31/technology/windshield-devices-bring-distracted-driving-debate-to-eye-level.html?_r=0
5. Quest’ultimo dato si spiega tenendo conto che non solo gli psicofarmaci – ansiolitici, neurolettici, antidepressivi – e i  farmaci  neurologici  – antiepilettici e altri – possono incidere sull’equilibrio psicofisico, ma che ciò può avvenire anche sotto trattamento con altri farmaci: per esempio, tra gli antipertensivi, quelli con aziuone betabloccante
7. Niente “guida sotto l’effetto di cocaina” senza la prova di quando è stata assunta. Giampaolo Piagnerelli Il Sole 24 Ore, 2 marzo 2016 http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/niente-qguida-sotto-leffetto-di-cocainaq-senza-la-prova-di-quando-e-stata-assunt