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Quale ricerca per innovare le politiche sulle droghe?
La voce delle associazioni della società civile, delle persone che usano sostanze e degli operatori del settore

a cura di Susanna Ronconi

Il progetto europeo Civil Society Forum on Drugs – CSFD (2018-2019) affianca e sostiene le attività del Forum (organismo consultivo presso la Commissione Europea di esperti provenienti da organizzazioni non governative) per lo sviluppo del  coinvolgimento delle associazioni della società civile (ASC) nei processi decisionali, valutativi e di innovazione delle politiche sulle droghe, a livello comunitario e nazionale.

Il progetto ha favorito e sostenuto alcune azioni nazionali mirate alla promozione della partecipazione e alla presa di parola delle ASC. In Italia, Forum Droghe, come membro del CSFD e partner del progetto, ha proposto una azione relativa alla ricerca per la valutazione delle politiche nazionali (Research challenges. Towards a new involvement of CSOs   in promoting comprehensive drug research and in evaluating drug policies). La proposta è partita dallo scenario difficile della ricerca in Italia, dove seri studi di valutazione di esitoe di impatto sono del tutto assenti, e anche la ricerca sui modelli di consumo e i loro trend assai limitata[1].

Il percorso del progetto ha preso il via con un panel di 22 ricercatori  indipendenti, che hanno messo a fuoco le aree della ricerca, sia sui modelli di consumo che sulla valutazione delle politiche pubbliche, che sono scarsamente esplorate e che  sarebbero, di contro, necessarie per sostenere una motivata e razionale politica sulle droghe. È stato poi effettuato un secondo panel che ha dato voce alle ASC attive nel campo, alla rete delle persone   che usano sostanze e ad alcuni operatori del settore pubblico e privato[2]. Questo secondo panel riflette, a livello nazionale,quanto sta  avvenendo a livello  europeo e globale: una crescente attenzione posta dalle ASC e un sempre maggiore coinvolgimento in azioni di advocacy che hanno come oggetto proprio la ricerca, soprattutto la ricerca per la valutazione: esiti ed impatto delle attuali politiche, infatti, sono aspetti cruciali per capire di quale riforma e di quali innovazioni vi sia bisogno per uscire dall’inefficacia, dai fallimenti e dagli effetti indesiderati a cui assistiamo da decenni[3]. Passo conclusivo, un seminario (7 ottobre 2019), in cui si farà il punto, una possibile “agenda per la ricerca” da sottoporre al dialogo con i decisori politici.

10 punti per la ricerca sulle droghe secondo le ASC

  1. Ristabilire un corretto rapporto ricerca-politica.

È stato osservato come troppo spesso la politica selezioni approcci e metodologie della ricerca funzionali allo status quo, che confermano descrizioni, percezioni e politiche correnti invece di interrogarle criticamente e in modo innovativo.

  • È il caso dell’approccio biomedico o della brain disease, o anche di alcune ricerche di tipo epidemiologico, che lasciano fuori molte variabili delle dimensioni del set e del setting, in questo descrivendo in modo univoco e rigido un fenomeno altrimenti complesso.
  • Penalizzata soprattutto è la ricerca qualitativa, che è utile per cogliere fenomeni in cambiamento, gettare luce su aspetti emergenti e centrare su ragioni, culture e comportamenti sociali. Questa ricerca è spesso considerata non degna di attenzione e di investimenti, in quanto non generalizzabile, senza coglierne il valore esplorativo e stimolante. La percezione è quella di una politica che cerca conferme ai propri assunti (e in questo caso si fa forte della ricerca che li avvalorano) invece di guardare alle domande che la ricerca può fare emergere (e in questo caso è “lontana” dalla ricerca).
  • Le ricerche per la valutazione delle politiche pubbliche sono sostanzialmente assenti, con attenzione specifica alle politiche penali, il cui impatto non viene misurato, e alle ricadute su consumatori e comunità locali in termini di diritti umani, civili, benessere, salute e  coesione sociale. La ricerca prevalente è limitata, quando esiste, per lo più a un monitoraggio e a una descrizione di processo, poco utile per i decisori politici, senza entrare nel merito degli esiti a livello degli individui e dei contesti sociali.
  • Il legame ricerca-politica appare dunque “blindato”, stretto e funzionale in senso conservatore e di inerzia politica. A questo concorre anche e non secondariamente l’assenza di dialogo con le ASC e la ricerca indipendente e innovativa.
  • Questo scenario è una sfida sia per le ASC e il movimento di riforma che per gli operatori. Un “movimento” plurale per la ricerca deve entrare a far parte dell’agenda delle ASC e del dialogo politico.
  1. Conoscere il fenomeno dei consumi per poterlo governare con efficacia

L’esigenza di base appare quella di una conoscenza aggiornata, plurale, indipendente dei fenomeni del consumo e delle loro evoluzioni come base per una valutazione su se e come le politiche attuali siano appropriate a gestire il fenomeno del consumo nella sua realtà.

  • Centrare la ricerca sui modelli di consumo secondo un approccio droghe-set-setting, in cui siano visibili e analizzati comportamenti, ragioni, strategie e culture, oltrepassando il dominio del solo approccio biomedico, che non lascia vedere tutte le variabili in campo. Le variabili socio culturali sono base e materia per  ripensare le politiche, offrendo maggiori opzioni di intervento e su diversi livelli (sociale, culturale, sanitario).
  • Uscire dalla spirale dello studio dei soli gruppi istituzionalizzati, ma fare ricerca su tutti i modelli di consumo – quelli ricreazionali, quelli socialmente compatibili, quelli regolati e controllati, quelli funzionali, quelli a basso rischio -per rispettare la complessità di un fenomeno che è ampiamente normalizzato e non può essere sovrapposto ai soli modelli problematici.
  • Tenere presenti la soggettività di chi consuma e l’influenza dei contesti sui modelli di uso, come cardini su cui fare leva per ripensare politiche più adeguate, capaci di adottare norme e rituali sociali come elementi regolatori. A tal fine acquista particolare rilievo la ricerca qualitativa e  community based.
  • Sviluppare, promuovere e finanziare ricerca qualitativa e etnografica, ricordando che non sono “scientifiche” (credibili?) solo le scienze “dure” ma anche quelle umanistiche, a loro volta dotate di solidi apparati metodologici adeguati a riconoscere, indagare e significare comportamenti umani (quale è il consumare una droga).
  1. Chiarire gli obiettivi delle politiche e le eventuali alternative

È stato osservato che la valutazione delle politiche ha (avrebbe, qualora sviluppata) tre  diversi obiettivi:

  • Valutare la dimensione quantitativa (consistenza, qualità e efficacia) dei cambiamenti avvenuti, dunque la coerenza tra obiettivi e strategie/ misure  adottate per raggiungerli (per esempio:  la riduzione delle overdose).
  • Valutare esiti e impatto sui destinatari in termini di benessere, salute, inclusione, modelli di uso più sicuri e funzionali vs dannosi e disfunzionali (per esempio gli effetti concreti della criminalizzazione sulla vita e sul consumo delle persone che usano droghe).
  • Ma anche valutare la coerenza degli obiettivi stessi: una valutazione degli esiti delle politiche può infatti gettare luce anche sulla eventuale non appropriatezza degli obiettivi e non solo sui limiti delle strategie adottate per raggiungere gli obiettivi stabiliti.
  • È necessario rivedere criticamente anche alcuni indicatori, associandoli a una lettura problematizzata degli obiettivi (per esempio la “ritenzione in trattamento” è indicatore di buone prassi dei servizi o di istituzionalizzazione disfunzionale?).
  • È necessario uno sforzo per avviare studi di valutazione delle politiche pubbliche nelle diverse dimensioni (penale, sanitario, sociale, dei diritti umani) a fronte della evidente urgenza di riformare politiche disegnate 30 anni fa.
  • È necessario considerare modelli alternativi per obiettivi alternativi (per esempio modelli di regolazione legale dei mercati, come quello della cannabis) basandosi su dati già prodotti dalla valutazione delle politiche innovative in questa direzione adottati in diversi paesi: l’evidenza e la comunità scientifica non sono dimensioni solo nazionali.
  1. Valorizzare, sostenere e mettere a sistema osservatori e approcci

La nostra società e il nostro sistema di servizi offrono potenzialmente numerosi osservatori che possono fornire un quadro sfaccettato e complesso del fenomeno, non limitato alla (minoritaria) popolazione del consumo problematico intercettata da servizi e carceri:

  • I servizi e in particolare quelli di RdD/LdR che operano nei setting naturali e in strada, osservano sia i trend di cambiamento nei consumi nel loro darsi, sia i bisogni emergenti sia, ancora, registrano limiti e nuove sfide  dei servizi. Molti interventi hanno un monitoraggio quotidiano e svolgono ricerche locali mirate. Si tratta di dare a questo patrimonio luoghi di dialogo istituzionale, regionale e nazionale,  ad oggi insoddisfacenti o assenti;  sostegno e coordinamento;  risorse; formazione.
  • Le prime fonti della conoscenza sia dei consumi sia della valutazione delle politiche di cui sono destinatarie sono le persone che usano sostanze. Vanno coinvolte – contro ogni stigma e svalorizzazione sociale -a diversi possibili livelli: in percorsi di ricerca partecipata; come ricercatori peer e consulenti; come utenti dei servizi (studi di client satisfaction e coinvolgimento nella progettazione e valutazione); come attori nella spendibilità degli esiti della ricerca (advocacy). Come approccio generale, la loro prospettiva va adottata e considerata sia nella ricerca sui consumi che nella valutazione delle politiche.
  • Alcuni interventi in specifico, come quelli di strada e il drug checking, raccolgono in maniera sistematica e capillare informazioni just in time sulle NPS e/o su nuove modalità di assunzione di vecchie sostanze. Queste conoscenze – messe in circolazione in maniera orizzontale tra operatori e consumatori- dovrebbero entrare anche nel monitoraggio istituzionale come fonte privilegiata, attutendo così almeno in parte la lentezza e la mancanza di circolarità del sistema nazionale di Early Warning.
  • Il bagaglio di sapere della ricerca indipendente e di quella accademica universitaria dovrebbero trovare maggiore considerazione e spazio in ambito istituzionale, andando a sviluppare la conoscenza complessiva su consumi e politiche. Attualmente il sistema appare ingessato e chiuso, privo di accesso a luoghi di scambio e confronto e di sostegno anche economico per la ricerca indipendente (per esempio l’Osservatorio del DPA non svolge oggi una funzione attiva in questa direzione[4] e sono pochi fondi e bandi ad hoc).
  1. Valutare i servizi e gli interventi.

Le politiche di intervento, i servizi, le loro stesse mission meritano una maggior valutazione.

  • Adeguatezza e appropriatezza sono un primo punto cruciale: i servizi, gli interventi sono adeguati ai modelli di consumo, alla traiettorie del consumo e ai bisogni espressi dalle diverse popolazioni di chi consuma? È opinione comune espressa con forza nel panel, e soprattutto dagli operatori, che il sistema basato sul binomio SerD-Comunità e orientato all’astinenza sia del tutto inappropriato, a fronte di una crescente popolazione di consumatori che porta   una domanda di consulenza e orientamento finalizzata all’uso funzionale e all’evitamento dei rischi. Il nodo accordo/disaccordo tra obiettivi del sistema e obiettivi dei consumatori non è adeguatamente indagato e valutato.
  • Il sistema di rilevazione e monitoraggio istituzionale (SIND) indaga su questi interventi soltanto e fornisce sostanzialmente dati di processo. È molto carente una ricerca di out come e di impatto sulle vite e sulle traiettorie di consumo ad opera del sistema di intervento.
  • Si percepisce netta la necessità di un nuovo sistema di indicatori, la cui messa a punto, però, non è meramente”tecnica”, perché non può prescindere da una analisi critica degli obiettivi dei percorsi di cura, trattamento e riduzione del danno alla luce della ricerca sui modelli di consumo.
  • Quando si parla di sistema di servizi non si allude solo a quelli per le dipendenze. È necessaria una valutazione della qualità dell’accesso ai servizi nel loro complesso (sanitari, sociali, dell’istruzione, del lavoro) e della loro efficacia nei confronti dei consumatori. L’approccio orientato all’astinenza ha forgiato la solida convinzione circa un accesso “premiale” ai servizi destinati ai cittadini tutti o ai cittadini fragili tutti, dove la premialità riguarda appunto la cessazione dell’uso. Questo contrariamente ai più avanzati orientamenti anche comunitari (per esempio l’approccio Housing first) secondo cui l’ accesso al welfare dei consumatori attivi facilita l’adozione di stili di consumo più funzionali e meno rischiosi.
  • Mancano in Italia – ad eccezione di rari lavori indipendenti – studi costi/benefici relativi al sistema di intervento nelle sue aree trattamento, cura, prevenzione e RdD/LdR, e nel rapporto tra ambito repressivo e ambito socio-sanitario. In fase di restringimento della spesa pubblica sarebbe molto opportuno sviluppare una analisi di questo tipo nella prospettiva di un più razionale bilanciamento negli investimenti (per esempio tra penale e sociale, o tra trattamento e RdD/LdR) basato sui risultati e sui costi delle rispettive aree.
  1. Riconoscere e mettere a sistema monitoraggio e valutazione della RdD

Quanto qui sopra esposto ha una sua specifica declinazione per quanto concerne la RdD/LdR.

  • La mancanza di una chiara direttiva politica in merito (assenza di Linee guida, di un Piano d’azione nazionale, mancanza di standard minimi ecc) ha lasciato nei decenni la RdD/LdR priva di un sistema di monitoraggio e valutazione, sia di processo[5] che di esito per non dire di impatto. Percorsi di monitoraggio sono stati implementati a livello regionale, non ovunque e in modi diversi, tanto da rendere difficile una comparazione. Il passaggio dunque a un sistema di valutazione ha bisogno di un passaggio politico propedeutico.
  • La recente introduzione (2017) della RdD/LdR nei LEA avrebbe potuto rappresentare un passo risolutivo in questo, essendo i LEA per legge da sottoporre a monitoraggio. L’inerzia governativa sotto questo profilo ha tuttavia ad oggi vanificato questa potenzialità. Va anche sottolineto che ogni decisione sotto questo profilo (quali LEA e con quali standard) ha bisogno di un percorso partecipato di confronto e elaborazione, basato sulla ricerca sui modelli di consumo e sulla valutazione internazionale sui diversi interventi.
  1. Focus sulle politiche penali e sugli esiti indesiderati delle attività di repressione

Un focus prioritario va posto sulla valutazione delle politiche penali, stante il ruolo che la criminalizzazione delle condotte correlate al consumo e allo spaccio (incluse le condotte minori) ha nelle politiche nazionali

  • Le attività repressive (fermi, denunce, sentenze, condanne, espiazione delle condanne) vengono monitorate dagli osservatori dei ministeri competenti con grandi lacune su indicatori e disaggregazione dei dati (per esempio in relazione alle diverse tipologie di reato), e così i dati sulle incarcerazioni e sulle carriere di chi è detenuto.
  • Questi dati già incompleti, inoltre,vengono letti come dati di processo, senza alcun indicatore utile a valutarne l’efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati (diminuzione del consumo e dello spaccio, sicurezza sociale) e tantomeno in termini di ricaduta sui destinatari (effetti della criminalizzazione sulle traiettorie di vita, l’inclusione, il benessere, la salute, i modelli di uso, l’accesso ai servizi). Solo pochi studi indipendenti cercano di colmare il vuoto. Il panel delle ASC ha definito questo ambito come di massima carenza  e di massima urgenza.
  • Un aspetto sottolineato con forza è stato anche quello dell’effetto stigmatizzante delle politiche penali: lo stigma da cui i consumatori sono afflitti a causa della criminalizzazione non è questione ancillare, perché incide sulla percezione sociale, sull’interiorizzazione dello stigma stesso, sulla stessa mission dei sistemi di intervento, a sfavore di un ruolo attivo e consapevole dei consumatori che è (potrebbe essere) uno dei fattori vincenti di una politica di governo del fenomeno.
  • Con riferimento alla gestione securitaria del fenomeno del consumo in ambito urbano e metropolitano, la valutazione dovrebbe analizzare gli effetti non voluti e paradossi delle azioni di dispersione delle scene aperte, con relativo dislocamento a volte anche più problematico e maggiore ingresso nel sommerso dei consumatori (esiti perversi sul piano della salute e del consumo sicuro); e valutare le politiche di controllo delle “movide”, analizzando  le ricadute  delle misure  restrittive e repressive, e, di contro,  di quelle regolative, negoziali e di mediazione.
  1. Focus sui diritti umani

A livello internazionale cresce l’attenzione alla valutazione delle politiche in generale (vedi Agenda SDG 2030 dell’ONU) e delle drug policies in particolare alla luce non solo delle evidenze scientifiche ma dei diritti umani (Human Right based Evaluation, vedi Linee guida ONU nel merito).

  • In Italia questo approccio per le politiche sulle droghe è pressoché sconosciuto. Le ASC ne sottolineano l’importanza, anche grazie alla partecipazione alle reti globali e europee che fornisce loro conoscenza e input metodologici altrimenti poco noti in Italia. Non vi è una sede istituzionale che ad oggi se ne sia fatta carico, nemmeno in prospettiva
  • Il rispetto dei diritti umani è un criterio di valutazione che riguarda non solo le politiche penali (per esempio la proporzionalità delle pene) o penitenziarie (accesso e continuità delle cure, accesso alle pene alternative, rispetto e assenza di trattamenti degradanti ecc) o relative al trattamento dei fermati, ma anche molti altri diritti, quali quelli alla salute, alla non discriminazione (pensiamo alle politiche attive del lavoro) e alla mobilità (DASPO urbano e altre misure securitarie).
  1. Il ruolo delle persone che usano droghe nella ricerca e nella valutazione di servizi e politiche

Come già rilevato in alcuni dei punti precedenti, il ruolo delle persone che usano sostanze come cittadini destinatari di politiche e interventi deve essere rispettato e attivamente promosso, includendole  nei percorsi di ricerca e di valutazione e nei tavoli decisionali. A questo proposito

  • Vanno promosse politiche attive di inclusione in questi percorsi, di formazione e sostegno concreto alla partecipazione attiva, smettendo  di prendere la scarsa autorganizzazione dei consumatori italiani a motivo della loro esclusione e imparando a valorizzare le modalità anche inedite del loro prendere parola (per esempio grazie al web)
  • I servizi devono fare da sponda proattiva, per esempio promuovendo corsi di peer support che includano competenze di advocacy, valutazione inclusa, e assumendosi la responsabilità di riconoscere per primi reti e organizzazioni di consumatori,  appoggiandone la domanda partecipativa, anche cominciando da una valutazione dei propri servizi
  • Va rimossa la resistenza istituzionale diffusa a questa partecipazione e al riconoscimento del ruolo di attore sociale nei confronti dei consumatori, resistenza ancorata a una visione patologizzata se non criminalizzata delle persone che usano sostanze attivamente.
  1. Una ricerca volta all’azione e alla partecipazione

Nella ricerca sulle droghe in generale e in particolare in quella volta alla valutazione delle politiche pubbliche va privilegiata una ricerca volta all’azione.

  • Vanno curati linguaggi e approcci che facilitano la comprensione delle ricadute operative dei risultati della ricerca, con una attenzione duplice: ai decisori politici e agli attori  sociali coinvolti, il cui orientamento  sia decisivo per  una innovazione delle politiche stesse
  • Va curata la spendibilità dei risultati in termini di buon utilizzo per la collettività locale, al fine di fare della valutazione una opportunità di conoscenza non ideologica o emotiva dei fenomeni, e mettere la cittadinanza nella condizione di elaborare una scelta razionale e informata e, ove opportuno, negoziata, rispettosa comunque dei bisogni e dei diritti di tutti gli attori
  • Va curata la comunicazione, mediatica e sociale, attorno alla ricerca e alla valutazione, evitando i noti cortocircuiti fatti di allarmismo e uso improprio delle informazioni e favorendo una lettura il più chiara possibile  ma non banalizzante la complessità degli risultati.

Note

[1] Per una analisi delle carenze nel merito vedi Società della Ragione, Forum Droghe e altri, Libro Bianco 2018 e 2019.

[2] Il panel si è svolto in due sessioni, ha coinvolto14 persone provenienti da 5 regioni italiane, appartenenti a associazioni, cooperative, reti e  sindacato di operatori, reti regionali e nazionali della RdD, rete delle persone  che usano sostanze.

[3] IDPC  (2019), Taking stock of a decade of drug policy, https://idpc.net/publications/2018/10/taking-stock-a-decade-of-drug-policy-a-civil-society-shadow-report

[4] Progetto CSI-DP (Civil Society Involvement in Drug Policies, 2018)  Lettera delle associazioni al DPA, https://rdd.fuoriluogo.it/wp-content/uploads/csi-dp-ricerca-DPA.pdf

[5] I dati sulla RdD riportati nell’ultima Relazione al Parlamento, anche per ottemperare alle richieste da parte EMCDDA, denunciano la mancanza di un sistema coerente di rilevazione  tra le Regioni.

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    Aggiunto in data: 16 Ottobre 2019 14:19 Dimensione del file: 463 KB Download: 508