Niente da fare, la riclassificazione della cannabis nelle tabelle internazionali subirà un ulteriore rinvio. Doveva essere la 63esima Commission on Narcotic Drugs a deliberare la rimozione della cannabis dalla tabella IV, quella delle sostanze più pericolose con nessuno o scarso valore terapeutico. Questa era la più importante fra le numerose raccomandazioni inviate dall’OMS alla CND nel gennaio 2019. Ma non è ancora il momento, almeno in questa sessione di marzo.
Infatti, la scorsa settimana si è giunti ad una mediazione fra le diverse posizioni presenti fra i paesi membri dell’organo deputato a gestire le convenzioni internazionali. Da una parte Russia, Cina, Giappone e molti stati africani, contrari alla declassificazione, dall’altra Canada, USA, Uruguay e l’Unione Europea che chiedevano almeno di procedere con il riconoscimento del valore terapeutico, rimuovendola dalla tabella IV. La decisione, che mentre scriviamo non è stata ancora resa pubblica, è quella di non votare in questa sessione la raccomandazione, ma al tempo stesso di fissare modalità di approfondimento e tempi certi affinché questa venga discussa e votata durante la riconvocazione di dicembre o al massimo alla prossima sessione di marzo 2021.
La Russia, che non si è spostata di un millimetro, ha sfruttato il metodo del “consensus” di Vienna per ingessare il processo decisionale. Lo ha fatto con motivazioni puramente ideologiche, ritenendo una eventuale decisione di accoglimento della raccomandazione dell’OMS come un “via libera” alle esperienze di regolazione legale dell’uso ricreativo che fermamente osteggia.
Non si tratta certo della migliore raccomandazione possibile, in particolare resta un mistero su quali basi scientifiche la cannabis venga mantenuta, a seguito della review dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella tabella I delle sostanze più pericolose. La stessa motivazione dell’OMS, ovvero il fatto che la cannabis è la sostanza più usata nel mondo fra quelle tabellate, sembra avere più a che fare con valutazioni politiche che con le evidenze scientifiche sulla pericolosità della sostanza in quanto tale e quindi sulla sua collocazione nelle tabelle.
In queste settimane il nuovo presidente dell’INCB, l’Agenzia ONU incaricata dell’applicazione delle convenzioni, Cornelis de Joncheere ha aperto alla revisione delle tabelle delle convenzioni dell’ONU “sulla base delle evidenze scientifiche proposte dall’OMS”. “Una situazione confusa” ha commentato Steve Rolles di Transform. In effetti molto confusa lo è davvero, se pensate che il predecessore di de Joncheere è stato il thailandese Viroj Sumyai, fermo oppositore delle politiche di riforma sulla cannabis. Nel rapporto del 2018 dell’INCB aveva dedicato un intero capitolo alla cannabis per concludere che ci sono “prove scientifiche scarse o assenti per supportare l’efficacia di molti presunti usi medici. Sumyai è oggi Presidente della Thai Cannabis Corp., azienda che si propone di guidare il mercato locale e asiatico “con formulazioni sicure, efficaci e convenienti di questa antica medicina tailandese”.